Per anni abbiamo dovuto gestire la sanità praticamente senza investimenti e la forte tensione sulla riduzione della spesa corrente. Parliamo di circa dieci anni fa, degli anni che vanno dal 2012, anno delle azioni forti di spending review, fino all’altro ieri, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità, a fine gennaio 2020, ha dichiarato lo stato di emergenza mondiale dovuto alla pandemia da Sars-Cov-2.

Anche in risposta alle questioni poste dalla pandemia, l’Unione Europea ha varato il programma Next Generation EU nell’ambito del quale si è sviluppato il nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza definitivamente approvato dal parlamento e dall’UE nel mese di luglio del 2021. La struttura del Piano è ampiamente conosciuta con la sua articolazione in missioni e riforme.

Sanità digitale, missione 6

La missione 6 è quella dedicata alla sanità digitale e si articola in due componenti principali:

  • la prima intende potenziare l’assistenza territoriale tramite la creazione di nuove strutture (Case della Comunità e Ospedali di Comunità), il rafforzamento dell’assistenza domiciliare e lo sviluppo della telemedicina e superare la frammentazione e la mancanza di omogeneità dei servizi sanitari offerti sul territorio;
  • la seconda intende rinnovare e ammodernare le strutture tecnologiche e digitali del servizio sanitario nazionale a livello Centrale e Regionale al fine di migliorare la qualità e la tempestività delle cure, rafforzare il capitale umano del Ssn attraverso il potenziamento della ricerca e della formazione in ambito biomedico e sanitario, valorizzare il ruolo del paziente come parte attiva del processo clinico-assistenziale e garantire una maggiore capacità di governance e programmazione sanitaria guidata dalla analisi dei dati, nel pieno rispetto della sicurezza e della tutela dei dati e delle informazioni.
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - Missione 6 - Salute
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Missione 6 – Salute

E’ molto interessante notare come la componente due, si concentri, per una parte molto importante, sul fascicolo sanitario elettronico (Fse), riconoscendo la sua unicità e strategicità.

In particolare, l’investimento 1.3.1 della Missione 6 Componente 2 del Pnrr stanzia 1,38 miliardi di euro per il potenziamento dell’Fse al fine di garantirne la diffusione, l’omogeneità e l’accessibilità su tutto il territorio nazionale da parte degli assistiti e operatori sanitari.

Per l’erogazione dei fondi da parte della Commissione Europea associati a tale investimento, sono stati definiti due obiettivi:

  • Q4-2025 – l’85% dei medici di base alimentano il fascicolo sanitario elettronico
  • Q2-2026 – tutte le Regioni e Province Autonome hanno adottato e utilizzano il Fse.

Possiamo definirli obiettivi sfidanti?

Forse è il caso di ricordare la storia del fascicolo sanitario elettronico in Italia.

Ci posizioniamo alla fine degli anni ’90 nel mega investimento nazionale e, talvolta, regionale, sul progetto: tessera sanitaria elettronica. Di fascicolo sanitario in Italia si parla da oltre venti anni e tutte le regioni ad oggi lo hanno adottato; diverso è il grado di utilizzo frale regioni e all’interno delle stesse rispetto agli utilizzatori, siano essi gli operatori sanitari oppure i cittadini.

Altro tema cruciale è la compilazione del patient summary che, non essendo “autoalimentato” da campi strutturati, è poco utilizzato.

Un altro aspetto strategico, o meglio di mancata strategia, è il non aver previsto, costruito, implementato e manutenuto una anagrafica centralizzata degli assistiti. Con il fatto che la sanità è una materia a legislazione concorrente si è indugiato a lungo sulla centralizzazione delle anagrafiche e ogni regione si è attrezzata con il risultato che non siamo in grado di recuperare le informazioni da una regione all’altra.

Lo scorso 8 aprile è stato inviato da parte del Ministero della salute, alla presidenza del Cdm e alla segreteria della conferenza Stato-Regioni il documento recante le linee guida per l’attuazione del fascicolo sanitari elettronico.

Da precisare che la redazione di queste linee guida era prevista fin dal 2012! [1]

La prima riflessione quindi è che ci sia stato bisogno della pandemia e del Pnrr per mettersi effettivamente al lavoro!

In tale contesto emerge con tutta la sua prepotenza e, se vogliamo, drammaticità, il tema della regionalizzazione del servizio sanitario.

Quanto al Fse si ritiene che esso possa essere definito la pietra angolare di tutto il sistema informativo sanitario. Un Fse adeguatamente costruito e implementato consentirebbe di attuare i tre principi fondanti del nostro sistema sanitario: l’universalità, l’uguaglianza e l’equità“.

Perché pietra angolare: perché è il presupposto e il requisito minimo per organizzare le numerose informazioni in una logica patient centered ma anche di elaborazione di dati in modo anonimo ai fini della ricerca e delle analisi di predittività, necessarie per una buona programmazione dei servizi.

[1] Il comma 15-bis del citato articolo 12 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, prevede l’adozione di apposite linee guida per il potenziamento del fascicolo sanitario elettronico, che dettano le regole tecniche per l’attuazione  dei decreti di cui al comma 7 dello stesso articolo 12, ivi comprese quelle relative al sistema di codifica dei dati e quelle necessarie a garantire l’interoperabilità del Fse a livello regionale, nazionale ed europeo, nel rispetto delle regole tecniche del sistema pubblico di  connettività.

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