Si è dibattuto a Trento a fine febbraio di innovazione e trasformazione digitale dell’Italia, in una due giorni organizzata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) dedicata alle tecnologie emergenti che spronano ricerca, istituzioni, aziende a valutare nuove opportunità di crescita. Con un’attenzione particolare proprio alle piccole e medie imprese che, in questo contesto di mercato complicato, possono appoggiarsi a diverse strutture finanziate dal Mimit – dagli ecosistemi territoriali di innovazione, alle Case delle Tecnologie Emergenti (Cte) e ai Centri di competenza – che svolgono un ruolo di technology transfer per promuover ricerca, sperimentazione e trasferimento tecnologico sul territorio.
A Trento – l’evento ospitato dalla Fondazione Bruno Kessler, nell’ambito del Roadshow Pnrr – ha messo sotto i riflettori due tecnologie tra loro correlate: quantum computing e cloud computing.
Vediamo la prima.
Il settore delle tecnologie quantistiche si conferma ad oggi una delle aree più sfidanti e promettenti per il futuro, ma il suo sviluppo richiede un approccio strutturato e collaborativo tra università, grandi aziende e Pmi. Oltre al rafforzamento della collaborazione tra centri di ricerca per un trasferimento tecnologico che porti a realizzare soluzioni concrete. E, seppur il quantum computing sembri lontano dalle esigenze immediate delle Pmi, l’esperienza con l’intelligenza artificiale ha dimostrato che tecnologie che inizialmente sembravano lontane possano in seguito diventare fondamentali per le imprese (un concetto che trova riscontro anche nell’articolo dedicato al 2025 Anno Unesco della Scienza e delle Tecnologie Quantistiche su Inno3).
Il settore in Italia è “emergente ma in crescita, in fase embrionale”, trainato innanzitutto dagli investimenti pubblici nell’ambito del Pnrr pari 140 milioni di euro 2023-2025, anche se molto inferiori ai 2.020 milioni in Germania o 1.800 milioni in Francia (fonte Report Mimit, redatto in collaborazione con l’Osservatorio Quantum Computing & Communication del Politecnico di Milano).

Ma la necessità di accelerare sulla creazione di un “ecosistema quantum” nel nostro paese si ritrova anche nella prima bozza della Strategia nazionale per le tecnologie quantistiche, sottoposta a consultazione pubblica da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che ha individuato 7 aree prioritarie di intervento e 18 possibili politiche per favorire lo sviluppo industriale italiano delle tecnologie quantistiche.
La strategia prevede interventi per sanare punti di debolezza (tra cui mancanza di coordinamento e infrastrutture, scarsa consapevolezza delle potenzialità, assenza di linee guida governative su quantum e post-quantum security). Ma partendo dai punti di forza ancorati alla presenza di istituti, centri di ricerca, università che oltre alla ricerca favoriscono l’industrializzazione, lavorando con grandi aziende che stanno già investendo su tecnologie quantistiche.
La strategia.
1. Favorire un confronto permanente e coordinato tra istituzioni, decisori politici, esperti, rappresentanti accademici e industriali.
2. Finanziare la creazione di un ecosistema pubblico-privato strutturato e maturo attraverso una strategia di medio-lungo termine di 5-7 anni.
3. Promuovere l’industrializzazione e l’imprenditorialità sulle tecnologie quantistiche a livello nazionale creando una filiera nazionale delle tecnologie quantistiche e occasioni di match making tra fondi e startup, la cui nascita deve essere incentivata anche all’interno della ricerca accademica.
4. Garantire l’accesso diretto a tecnologie e infrastrutture quantistiche critiche al sistema Paese.
5. Sviluppare una forza lavoro qualificata e creare un mercato del lavoro più attrattivo per talenti nazionali ed esteri.
6. Definire programmi di disseminazione di conoscenza e aumento della consapevolezza su benefici e rischi nelle imprese utilizzatrici.
7. Promuovere la cooperazione internazionale nell’ambito delle politiche industriali e di ricerca applicata sulle tecnologie quantistiche per garantire la competitività europea.
Passiamo al secondo tema dibattuto a Trento.
Il cloud computing continua a rappresentare una leva strategica per accelerare la digitalizzazione di settori chiave del tessuto economico, della manifattura alle Pmi che, in cloud, possono accedere a tecnologie avanzate (come AI e big data) per essere competitive anche livello europeo, delegando la gestione di servizi, dati e infrastrutture. Una strategia legata a doppio filo con la transizione energetica, dal momento che l’AI richiede infrastrutture cloud avanzate e scalabili per gestire enormi quantità di dati (la scorsa settimana abbiamo lanciato la collana InnoCloud per la centralità del tema).
Rimane strategico governare il cloud anche a livello di edge computing, per ridurre i rischi geopolitici e aumentare la sicurezza dei dati, valutando anche progetti basati su nodi edge per ottimizzare la gestione e l’elaborazione dei dati, riducendo i costi operativi e migliorando la reattività delle infrastrutture digitali. Ma le aziende vanno guidate e, anche per il cloud, i Cte (fondamentali per il quantum computing) si confermano strumenti vitali per la diffusione di competenze e tecnologie emergenti portando avanti esempi pratici e use case concreti.
“Ci troviamo in un momento storico in cui la convergenza tra quantum e cloud computing sta aprendo scenari inediti, ridefinendo i paradigmi dell’innovazione tecnologica e questo evento rappresenta un ulteriore passo nella collaborazione tra industria e ricerca, un’opportunità unica per fare sistema e discutere delle potenzialità di queste tecnologie e del loro impatto sul nostro tessuto economico e produttivo” precisa Andrea Simoni, segretario generale di Fondazione Bruno Kessler e partner del National Quantum Science and Technology Institute.
Ribadita anche sul cloud la direzione di una maggiore collaborazione fra Paesi dell’Unione Europea, come promessa dai Ipcei Cloud (Important Project of Common European Interest Cloud) con ambienti di test condivisi, che favoriscano l’interoperabilità e l’integrazione delle offerte cloud in Europa. Dare vita a un ecosistema europeo di cloud computing per competere su scala globale, in un confronto difficile con i grandi cloud provider d’oltreoceano, rimane sempre più stategico. Soprattutto nello scenario attuale che vede investimenti e divergenze importanti sulle nuove tecnologie.
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