In un contesto sanitario in cui è fondamentale ottimizzare le risorse, cloud e AI sono perfetti alleati per supportare il percorso di trasformazione della sanità.
Un tema caro a Dario Arfelli, Business Marketing Leader Radiology Informatics Philips, che nel contesto dell’evento Philips Healthcare Informatics Connect alza l’attenzione sulla partnership stretta con Aws e sul ruolo dell’intelligenza artificiale nel futuro dell’imaging sanitario, ma non solo.
Cloud come prerequisito
Come può l’approccio cloud migliorare l’efficienza operativa delle strutture sanitari e locali?
“I sistemi sanitari si trovano ad affrontare una serie di sfide tra loro connesse. Perché non solo mancano risorse cliniche indispensabili per la diagnosi e la cura, ma anche risorse informatiche a supporto dell’innovazione di enti privati e ospedali. Sempre a beneficio del paziente – esordisce Arfelli –. In radiologia, ad esempio, che è parte centrale dell’imaging diagnostico con una lunga storia digitale alle spalle, si sono formate negli anni figure sempre più specializzate in vari ambiti come neuroradiologia e radiologia interventistica”. Specializzazioni molto diverse tra loro come anche i macchinari di diagnosi utilizzati che non sempre sono disponibili in tutte le strutture. “Per questo dovrebbero esserci sempre più sinergie negli ospedali per semplificare la condivisione dei dati, che permetterebbe ai medici di confrontarsi con altri professionisti rendendo la diagnosi sempre più precisa”.
“Oggi questo scenario di trasformazione è abilitato dal cloud che si sta rilevando particolarmente efficace e flessibile in sanità – precisa Arfelli –. Permette di rendere disponibili dati da un ospedale all’altro in modo estremamente sicuro consentendo a grandi gruppi ospedalieri sia privati che pubblici di condividere referti e informazioni per definire meglio e più rapidamente diagnosi e cure. Senza contare che il cloud ha portato una forte innovazione positiva anche nel modo di lavorare, soprattutto in radiologia dove dare un secondo parere da casa non è più un tabù”.
Ma cloud pubblico o cloud privato?
“Quando parliamo di cloud dobbiamo pensare al public cloud che offre sicurezza del dato ma anche la scalabilità per far fronte alle esigenze delle strutture sanitarie che cambiano nel tempo – precisa Arfelli -. Philips non è nuova al mondo del cloud, è stata innovatrice anche su questo aspetto. Abbiamo oltre 1000 clienti nel mondo sul nostro cloud privato, ma oggi abbiamo deciso di percorrere una strada profondamente diversa: Abbiamo creato una partnership con AWS perché garantisce un livello di sicurezza e scalabilità molto alto, sviluppando le nostre nuove soluzioni direttamente con loro ed utilizzando nativamente i loro servizi innovativi. Riteniamo che sia la soluzione ideale sia per la struttura sanitaria privata che apre nuove cliniche sia per l’ospedale pubblico, per esempio, specializzato in neuroradiologia che deve scambiarsi dati e consulti medici con altri ospedali”.
Il valore della partnership con AWS
Come la partnership strategica tra Philips e AWS può contribuire a garantire resilienza, scalabilità e sicurezza nei progetti di imaging medicale?
Arfelli: “AWS è disponibile in tutte le nazioni dove noi operiamo con una presenza globale 3 volte superiore aglii altri principali fornitori di cloud pubblico. E’ un partner scalabile non solo da un punto di vista logistico ma anche infrastrutturale con un uptime elevatissimo, tra i più alti tra i vari hyperscaler. Questo aspetto è fondamentale per noi che facciamo condivisioni di dati clinici e diagnostichi per decisioni realtime e per garantire continuità di servizio. Ma la partnership con AWS è ancora più ampia. Sviluppiamo in modo congiunto i nostri prodotti per poter offrire un servizio SaaS al cliente, liberandolo da tutti i problemi di aggiornamento negli anni. Inoltre, con l’utilizzo sempre più massivo dell’AI, la scelta di un cloud pubblico si è fatta obbligata. L’AI è sul cloud per definizione e AWS mette a disposizione elevata capacità di calcolo e storage di dati, in crescita esponenziale, in una curva che tende all’infinito. Per questo non ha senso tenere i dati in locale”.
AI, automazione e responsabilità
L’intelligenza artificiale viene ormai integrata nei flussi di refertazione per ridurre errori e velocizzare i tempi. Quali criteri utilizza Philips per la selezione e l’implementazione degli algoritmi e come viene gestito il bilanciamento tra automazione e responsabilità clinica?
“Ad oggi esistono centinaia di applicazioni di AI in ambito clinico, molte sviluppate da startup, che un domani potrebbero non esistere più o essere acquistate da aziende più grandi. Tutti i clienti ci chiedono aiuto per gestire la miriade di applicazioni AI cliniche a cui sono esposti, perché non riescono semplicemente a gestire contratti, integrazioni e controlli di qualità. Philips ha deciso di offrire un unico punto di contatto offrendo un AI Manager che unisce oltre 120 applicazioni AI in un unico contratto consentendo una esperienza unica di workflow senza la necessità di imparare nuove interfacce grafiche”. In quest’ ottica, Philips svolge il ruolo di partner con obiettivo, da un lato, di integrare l’AI nei flussi clinici per permettere al personale sanitario di lavorare al meglio, riducendo complessità e possibilità di errore, perché se l’intelligenza artificiale è usata male il rischio è di lavorare di più, di non guadagnare in efficienza. Dall’altro di garantire al nostro cliente continuità, di fare .da tramite tra aziende, startup e cliente, per offrirgli un unico punto di contatto nelle decisioni da prendere”.
Rispetto ai sistemi Pacs in chiave AI-driven, e in che modo Philips pensa di estendere l’integrazione ad ambiti clinici diversi?
“Grazie a Philips AI Manager tutti gli algoritmi di AI distribuiti da diverse aziende sono resi disponibili nei flussi di lavoro”, puntualizza Arfelli. Si tratta di una soluzione di integrazione, vendor neutral, una sorta di market place dove i radiologi possono trovare più di 120 applicazioni di AI, sviluppate da oltre 35 partner convenzionati con Philips, da utilizzare in diversi ambiti a seconda delle proprie esigenze. Il vantaggio è che queste applicazioni, si integrano con le infrastrutture IT e le soluzioni Pacs già esistenti all’interno di uno stesso ambiente di lavoro, utilizzando la stessa interfaccia.
Quale futuro per l’AI in sanità
Qual è la visione di Philips rispetto alla generative AI e alla sua evoluzione?
“Sono diversi gli impatti che l’AI generativa sta portando nel mondo della sanità.
Uno dei cambiamenti più profondi riguarda il confronto interdisciplinare (integrated diagnostics) cioè la capacità di mettere in relazione dati provenienti da discipline diverse – come radiologia, anatomia patologica, medicina nucleare, cardiologia – per arrivare più rapidamente e con maggiore accuratezza alla diagnosi e alla cura”.
Facciamo un esempio concreto: oggi, per indagare un sospetto tumore polmonare, il paziente si trova ad affrontare un iter lungo e frammentato. Si inizia con una TAC, si prosegue con una PET, si effettua una biopsia, magari si torna per un’altra TAC o altri accertamenti. Tutto questo può richiedere settimane o persino mesi, un tempo prezioso in ambito oncologico, dove la velocità è spesso cruciale per la sopravvivenza.
“L’intelligenza artificiale generativa può agire da “ponte” tra queste fasi, analizzando nel dettaglio immagini e dati clinici suggerendo percorsi alternativi. Questo non solo accelera il processo, ma può anche attivare automaticamente una seconda opinione specialistica, coinvolgendo il professionista giusto al momento giusto. In altre parole, il flusso diagnostico diventa continuo, orchestrato e orientato alla tempestività”.
Continua Arfelli: “Un secondo impatto significativo dell’AI è la capacità di automatizzare le attività ripetitive, che oggi assorbono gran parte del tempo del personale medico, liberando tempo clinico prezioso”.
Pensiamo, ad esempio, al lavoro di un radiologo che deve refertare un controllo per un paziente oncologico in cura da anni: ricostruire l’evoluzione del quadro clinico, leggere decine di referti e immagini per capire l’andamento della malattia è un compito estremamente dispendioso in termini di tempo. “Oggi, grazie all’AI, è possibile riassumere automaticamente l’intera storia clinica rilevante in una sola pagina, eliminando tutto ciò che non è significativo. Questo può ridurre drasticamente il tempo normalmente impiegato per il follow-up, lasciando ai medici più tempo per le attività cliniche complesse e il confronto interdisciplinare.”
Infine, siamo vicini a una nuova fase evolutiva. “L’AI generativa che si allena da sola sarà presto in grado di auto-generare immagini radiologiche sintetiche su cui addestrarsi, migliorando continuamente la propria accuratezza diagnostica. Questo approccio, noto come self-supervised learning, riduce la dipendenza da dataset etichettati manualmente e consente una scalabilità senza precedenti. Perché questo funzioni, però, è essenziale avere un’infrastruttura hyperscaler robusta, capace di gestire centinaia di algoritmi in parallelo. In questo scenario, non è più il medico a dover scegliere l’algoritmo corretto: sarà l’AI stessa, in base ai dati specifici del paziente, a selezionare in tempo reale la soluzione più adatta”.
Ospedali di Reggio Emilia e di San Paolo
In che modo pensate di estendere l’integrazione delle soluzioni ad ambiti clinici diversi e qual è il ruolo strategico di Philips?
“Philips è in una posizione unica per favorire questa transizione. Essendo leader globale nei settori della radiologia e della cardiologia, il nostro obiettivo è supportare l‘integrazione dell’immagine in ambiti chiave come anatomia patologica, imaging cardiovascolare, gastroenterologia e radiologia di precisione”. Un esempio concreto è l’esperienza dell’Ospedale di Reggio Emilia, che ha creato un repository centralizzato raccogliendo immagini e dati provenienti da oltre 50 reparti clinici. Questo consente una gestione coerente e trasversale delle informazioni, con evidenti vantaggi in termini di accessibilità, interoperabilità e tempestività.
“Attualmente, l’intelligenza artificiale è vista come un sistema di supporto alle decisioni cliniche ma il vero cambiamento arriverà quando l’AI sarà perfettamente integrata nel flusso operativo ospedaliero”. Un esempio viene da un prestigioso Ospedale di San Paolo, in Brasile, dove ogni sabato sera il pronto soccorso è travolto da pazienti con traumi da incidente stradale. I radiologi in servizio, spesso pochi, non riescono a refertare tutto in tempo reale. E’ stato per questo sperimentato un sistema in cui l’AI analizza automaticamente le fratture ossee e aiuta il clinico a scegliere una delle tre soluzioni: la dimissione del paziente se l’AI non rileva anomalie, l’invio del paziente a un controllo il giorno seguente oppure, solo nei casi più gravi, l’invio dei referti subito al radiologo. “Questo sistema permette una gestione più efficiente delle risorse, senza sacrificare la qualità clinica. È un approccio oggi non ancora possibile in Italia, a causa della normativa vigente, ma già in discussione a livello internazionale”.
Precisa Arfelli: “Il vero obiettivo di queste soluzioni è ottimizzare il flusso del lavoro sanitario, ridefinirlo, non solo introdurre nuovi algoritmi. Ma troppe soluzioni tecnologiche mal integrate rischiano di generare confusione: Quale algoritmo utilizzo? A quale esame assegno la priorità? La chiave è focalizzarsi sulle micro-efficienze: piccoli miglioramenti operativi che, messi insieme, generano un impatto clinico significativo. Migliorare anche solo del 5% la refertazione di esami standard o l’accesso ai dati clinici può significare diagnosi più rapide, meno errori, più tempo per i casi complessi”.
La strategia di Philips, i tre pillar della radiologia futura
In radiologia tre sono i pilastri su cui costruire il futuro: qualità, efficienza, collaborazione. Dove per qualità si intende che l’’output atteso da un radiologo non è un’immagine, ma un referto interpretativo. ”L’intelligenza artificiale ha dimostrato di poter migliorare significativamente l’accuratezza diagnostica. Dove un buon radiologo raggiunge il 70% di correttezza, l’AI può superare il 95%, diventando un partner clinico affidabile”. Per efficienza si intende la riduzione dei tempi morti tra i diversi passaggi (diagnostica per immagini, biopsie, controlli successivi) perché l’AI può ridurre questi intervalli, velocizzando la refertazione, l’analisi dei dati, l’attivazione di specialisti.
Infine l’AI accelera la collaborazione, perché con la crescente specializzazione, non esistono più “radiologi generalisti” e l’AI può fungere da assistente radiologico digitale, smistando i casi ai giusti specialisti, attivando una seconda opinione automatica, alleggerendo il carico cognitivo del medico e facilitando il lavoro di squadra.
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