La GenAI è entrata nelle abitudini quotidiane dei consumatori e sta trasformando il modo in cui le persone si relazionano con i brand. A fotografare sulla rapida evoluzione dei comportamenti è la sesta edizione della Consumer Pulse Survey di Accenture che, non a caso, viene proposta quest’anno con un claim esplicativo – Me, My Brand and AI: the New World of Consumer Engagement, a voler documentare l’evoluzione della relazione tra aziende e consumatori nell’era dell’AI.
La ricerca si basa su un campione di 18.214 partecipanti in 14 Paesi, tra cui l’Italia, ed è integrata con una componente qualitativa, condotta tra gennaio e febbraio 2025, in cui 300 consumatori sono stati intervistati utilizzando modelli di intelligenza artificiale conversazionale.
Lo scenario italiano
Quello che emerge è uno scenario in cui l’AI non è più percepita solo come uno strumento tecnico o un assistente marginale, ma si configura come una vera e propria entità partecipativa della vita quotidiana dei consumatori, fino a diventare – nelle intenzioni e nelle pratiche – una figura di supporto, di fiducia e talvolta perfino sostitutiva nel processo decisionale. I dati non lasciano dubbi: in Italia, il 73% degli intervistati ha già fatto uso di strumenti di AI generativa, e il 25% dichiara di farlo abitualmente. È un salto di paradigma che si riflette su ogni aspetto del ciclo di acquisto, ma anche nella percezione emotiva che le persone nutrono verso l’AI. Nel nostro Paese, più di un terzo dei rispondenti descrive l’intelligenza artificiale come un’assistente personale, un altro quarto come un buon consigliere, mentre il 24% arriva a definirla un “buon amico”. Questa personificazione suggerisce un’integrazione profonda dell’AI nelle dinamiche esperienziali, ben oltre la funzione informativa. Non sorprende, quindi, che il 47% degli italiani abbia già utilizzato questi strumenti per orientare le proprie scelte d’acquisto, con un ulteriore 37% che dichiara di volerlo fare prossimamente.
La digitalizzazione del customer journey
l fenomeni considerati si inseriscono in un contesto di progressiva digitalizzazione del customer journey, che vede il 40% degli italiani svolgere interamente online tutte le fasi, dalla ricerca iniziale alla finalizzazione dell’acquisto. Il 26% preferisce informarsi online per poi concludere in negozio, mentre soltanto il 23% opta per un’esperienza completamente tradizionale e fisica. A testimonianza della rilevanza assunta dagli strumenti AI nella relazione con i brand, il 69% degli utenti abituali afferma di utilizzarli per supportare le proprie decisioni d’acquisto, ma anche per obiettivi di sviluppo personale, per la gestione del lavoro, per suggerimenti su investimenti, relazioni sociali e salute.
Il cuore dell’indagine di Accenture, abbiamo detto, ruota attorno al paradigma Me, My Brand and AI, che individua tre ruoli chiave attraverso cui l’intelligenza artificiale sta ridefinendo la relazione tra brand e cliente. Il primo è quello della guida di fiducia (1), una figura che assiste i consumatori in tempo reale nella ricerca di informazioni affidabili. Sebbene il negozio fisico rimanga la fonte principale di raccomandazioni, la GenAI si colloca già al secondo posto tra gli utenti abituali, superando amici, familiari e persino i tradizionali canali digitali. La fiducia nelle informazioni ottenute tramite AI si attesta al 24% per il campione generale, ma sale al 37% tra gli utilizzatori abituali, un dato che evidenzia come l’esperienza diretta con la tecnologia contribuisca ad aumentarne la credibilità.

L’AI come compagno affidabile e “secondo Io”
Il secondo ruolo individuato è quello del compagno affidabile (2), capace di costruire relazioni personalizzate e coinvolgenti sul piano emotivo. L’AI diventa in questo caso uno strumento abilitante per offrire esperienze che siano rilevanti, coerenti con i valori dell’utente e memorabili. Per le aziende, questo implica la necessità di integrare l’intelligenza artificiale nei flussi di dati lungo tutta la catena del valore, dalla produzione fino alla comunicazione, con l’obiettivo di generare un’interazione autentica e riconoscibile. Il 38% degli italiani dichiara che cambierebbe marca se un altro brand fosse in grado di offrirgli un’esperienza più personalizzata e significativa, un indicatore del peso crescente assunto dalla dimensione esperienziale.
Il terzo e più avanzato ruolo è quello dell’AI come un vero e proprio “secondo Io”, cioè come entità capace di sostituirsi al consumatore in parte o nella totalità del processo decisionale. Questa figura emerge grazie alla capacità degli agenti intelligenti di apprendere dalle abitudini dell’utente, formulare proposte su misura, gestire acquisti, checkout e persino supporto post-vendita. In Italia, il 70% degli intervistati si dice disponibile ad affidarsi a un agente AI personale per la risoluzione dei propri problemi. Tra gli utenti abituali, il 34% affida all’AI la gestione della maggior parte delle attività legate all’acquisto, mentre l’8% dichiara di lasciare all’AI l’intera responsabilità della decisione finale, senza alcuna supervisione umana.
Le direzioni di impegno per i brand
Tuttavia, perché questa fiducia si concretizzi in una delega piena e consapevole, è necessario che i brand investano in trasparenza, controllo e rispetto dei valori individuali. Lo sottolinea Andrea Ruzzi, responsabile Consumer and Manufacturing di Accenture Italia: “L’intelligenza artificiale sta rapidamente evolvendo da semplice strumento a vero e proprio partner strategico nella relazione tra brand e consumatori. Per i brand, questo significa ripensare a fondo la customer experience: costruire fiducia, personalizzare le interazioni e offrire esperienze memorabili grazie a tecnologie sempre più empatiche e autonome, perfettamente integrate con il personale di vendita”.
Uno degli ambiti in cui si gioca una parte rilevante di questa trasformazione riguarda i programmi fedeltà. La ricerca rileva che il 48% degli italiani aderisce ai programmi dei propri brand preferiti, mentre un ulteriore 26% partecipa anche a quelli di marchi concorrenti. Tuttavia, permangono delle barriere significative. Il 73% degli intervistati non è disposto a pagare per aderire a un programma fedeltà, mentre il 70% teme un sovraccarico di comunicazioni promozionali.

Il 60% esprime timore di essere vincolato e il 41% manifesta una riluttanza a condividere i propri dati personali. In generale, quasi la metà degli italiani, ben il 45%, dubita del valore reale che può derivare dall’adesione. In questo contesto, l’AI si configura come un “possibile” abilitatore del cambiamento. Se utilizzata correttamente, può contribuire a rafforzare la fiducia nei programmi, offrendo maggiore personalizzazione, trasparenza e rilevanza nei contenuti proposti. L’elemento chiave diventa la capacità di costruire una relazione basata sull’empatia, grazie alla comprensione dei sentimenti e dei bisogni individuali, e sull’autonomia, attraverso l’anticipazione delle esigenze e l’intervento proattivo.
La ricerca di Accenture invita quindi le aziende a considerare l’intelligenza artificiale non solo come un mezzo per aumentare l’efficienza operativa o il tasso di conversione, ma come leva strategica per ripensare il valore stesso della relazione con il consumatore. Un cambio di prospettiva che implica investimenti non solo tecnologici, ma anche culturali e formativi, con l’obiettivo di costruire modelli di interazione capaci di adattarsi dinamicamente alle aspettative dei clienti, generare esperienze su misura e rafforzare, nel tempo, la fiducia come asset competitivo centrale.
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