McKinsey Global Institute ha simulato il potenziale impatto economico dell’intelligenza artificiale sull’economia mondiale, e le implicazioni per paesi, aziende e lavoratori nel Report “Notes from the frontier: Modeling the impact of AI on the world economy”, che oltre ad indagare il grado di adozione e assorbimento delle tecnologie di Intelligenza Artificiale da parte di aziende e settori, esplora le possibili dinamiche di diffusione dell’IA nelle economie avanzate e in quelle in via di sviluppo.
Quello che è emerso a livello globale è che entro 2030, l’IA potrebbe contribuire a una crescita del PIL pari a 13.000 miliardi di dollari, una media di circa l’1,2% di crescita annua nel periodo indicato. Anche se l’adozione dell’IA da parte delle imprese potrebbe inizialmente essere lenta a causa dei costi di transizione e implementazione, dovrebbe poi accelerare dopo il 2025. Nel 2030, infatti, il contributo dell’IA alla crescita potrebbe essere più di tre volte superiore rispetto a quello degli anni precedenti al 2025.
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Spaccato aziendale e per paese
I paesi che si affermano come leader dell’IA (per lo più le economie avanzate) potrebbero ottenere una crescita economica aggiuntiva pari al 20-25 percento rispetto a oggi, mentre le economie emergenti potrebbero catturarne solo la metà. “Tuttavia, i paesi leader devono mantenere già ora un approccio aperto verso tali tecnologie se vogliono ottenere i benefici pronosticati. Mentre i paesi in via di sviluppo possono comunque coglierne il potenziale economico se si impegnano fin da subito nell’adozione dei fattori abilitanti l’IA come investimenti in digitale, innovazione, capitale umano e connessione” recita il report.
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Le aziende che assorbiranno completamente le tecnologie IA entro i prossimi 5-7 anni (definite front-runner) che si caratterizzano per una forte conoscenza digitale, una maggiore propensione a investire in AI potrebbero raddoppiare il proprio flusso di cassa entro il 2030. Al contrario, le aziende che non adotteranno tecnologie IA o che non le avranno completamente assorbite nelle loro imprese entro il 2030 potrebbero subire un calo del 20% circa del loro flusso di cassa rispetto ai livelli attuali.
Dal punto di vista dei lavoratori, entro il 2030, alcune professioni saranno meno richieste e altre nasceranno, con un bilancio tra i lavori pressoché neutro.
La sfida principale sarà gestire la mancanza competenze: la quota dei lavori non ripetitivi e che richiedono competenze digitali elevate potrebbe passare dal 40 a oltre il 50 percento del totale degli impieghi del mercato. I lavori caratterizzati da ripetitività e attività che richiedono competenze digitali ridotte, invece, potrebbero diminuire dal 40 al 30 percento. “Circa il 13% della massa salariale totale potrebbe passare a coloro che svolgono compiti che richiedono abilità digitali non ripetitive e di alto livello, mentre i lavoratori che svolgono attività ripetitive e a bassa digitalizzazione potrebbero sperimentare una stagnazione delle retribuzioni” conclude McKinsey.
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