“Dalle disuguaglienze di reddito fino ai cambiamenti climatici, le tecnologie svolgeranno un ruolo fondamentale nella ricerca di soluzioni a tutte le sfide che il mondo oggi affronta”, così Jeremy Jurgens, Cto del World Economic Forum, introduce il tema dei trend emergenti più in evidenza per il 2019 e prosegue: “Si tratta di tecnologie che mostrano un ritmo di crescita molto rapido ed in accelerazione”.

Soprattutto il report Top 10 Emerging Technologies 2019 snocciola una lista di soluzioni che non deve semplicemente portare dei benefici, invece deve essere in grado di cambiare l’ordine esistente e risultare attraenti, a questo fine, per investitori e ricercatori in un arco temporale da qui ai prossimi cinque anni.

Jeremy Jurgens, Cto del World Economic Forum
Jeremy Jurgens, Cto del World Economic Forum

Partecipano alla sua stesura oltre 5.000 persone che fanno parte del network di esperti selezionati dal Wef su candidatura volontaria tra le eccellenze nelle varie discipline.   

Le bioplastiche

Nonostante le tante campagne di sensibilizzazione sul tema, oggi viene riciclato meno del 15% della plastica prodotta e consumata; il resto viene bruciato, abbandonato o semplicemente inviato in discarica.

Si iniziano tuttavia a intravvedere delle soluzioni alternative. Tra queste la plastica biodegradabile, già utilizzata per esempio nei supermercati (i nuovi sacchetti per frutta e verdura ne sono un esempio), ma che tuttavia manca di una resistenza equiparabile a quella della plastica tradizionale.

Il Wef evidenzia un’applicazione, basata sul modello dell’economia circolare, per cui utilizzando cellulosa e lignina dai rifiuti vegetali sarebbe possibile aumentare la resistenza del materiale senza utilizzare nuove colture.

I robot “sociali”

Già in funzione, ma utilizzati ancora solo per una minima parte delle proprie potenzialità, i robot oggi sono in grado di riconoscere volti, emozioni e voci, così come di interpretare i gesti e pattern vocali. Poco alla volta i cosiddetti droidi (da non confondere con i semplici chat robot) entrano a far parte della vita quotidiana e in futuro saranno sempre più utilizzati per prendersi cura degli anziani, come per educare i bambini.

I robot “sociali” utilizzano l’AI per decidere le proprie azioni sulla scorta delle informazioni ricevute tramite sensori e telecamere e sulla base di accurati approfondimenti neuroscientifici. Il mercato dei robot “consumer” valeva nel 2018 5,6 miliardi di dollari, saranno 19 miliardi entro la fine del 2025 quando saranno venduti 65 milioni di robot ogni anno.   

Le metalenti

Tra gli obiettivi di sempre nello sviluppo tecnologico, l’uomo ha dedicato una cura particolare alla miniaturizzazione dei componenti. Le Cpu stesse sono il più fulgido degli esempi. In questo caso però si parla delle lenti utilizzate per i dispositivi elettronici, sempre più evolute, grazie alle capacità di taglio e curvatura delle stesse sempre più sofisticate.

La prima sfida è rappresentata dalle metalenti: lenti minuscole, sottili, piatte, ma effettivamente in grado di sostituire quelle di vetro più ingombranti e di maggior spessore, un beneficio che si rifletterebbe immediatamente sulla possibilità di miniaturizzare anche i sensori di qualsiasi apparecchiatura ma soprattutto i dispositivi di imaging medicale. Sembra infatti finalmente in via di soluzione il problema dell’aberrazione cromatica. 

Le proteine IDP, target farmacologico

L’acronimo Idp significa Intrinsically Disordered Proteins. Alla sigla, spiegata in italiano, corrispondono le proteine intrinsecamente disordinate caratterizzate dal fatto che manca loro una struttura terziaria  – fissa od ordinata – ed hanno invece la capacità di legarsi a differenti molecole nel tempo trasformandosi. A volte da queste modifiche possono generarsi malattie degenerative incurabili.
Un target farmacologico invece è una molecola nel corpo, di solito appunto una proteina, intrinsecamente associata a un particolare processo patologico e che potrebbe essere indirizzata da un farmaco per produrre l’effetto terapeutico desiderato.

Con la massima semplificazione, queste proteine senza una struttura rigida (Idp) sono in grado di modificarsi e questo le rende difficili da trattare. La ricerca però ha trovato il modo di impedire che il ciclo dei cambiamenti siano così rapidi da rendere inefficaci le terapie.

I fertilizzanti intelligenti

Spesso con effetti positivi per la crescita delle piante – e quasi mai con effetti positivi sull’ecosistema – la ricerca sui fertilizzanti non si è fermata e oggi si concentra in modo particolare sulla capacità di rilasciare i principi nutrienti solo quando è effettivamente necessario, quindi con un rilascio graduale e comunque controllato, e sulla possibilità di farlo inquinando meno. E’ risaputo quanto l’utilizzo di ammoniaca, urea e potassio abbiano danneggiato l’ambiente, a causa anche del rilascio di gas (come l’azoto) in grado di aggravare l’effetto serra.

Oggi le nuove composizioni utilizzano fonti di azoto più ecologiche e specifici microrganismi in grado di migliorare la coltivazione delle piante. Per farlo i nuovi fertilizzanti combinano sofisticate analisi dei dati, all’AI e all’utilizzo dei sensori. La distribuzione controllata e mirata dei fertilizzanti è costosa, invece questi sistemi di analisi su larga scala si rivelano sostenibili da ogni punto di vista.  

World Economic Forum 2019 - Le 10 tecnologie di tendenza nei prossimi anni
World Economic Forum 2019 – Le 10 tecnologie di tendenza nei prossimi anni

La telepresenza collaborativa

Se ne parla da diversi anni: sarebbe bello poter organizzare incontri di videoconferenza con un livello di interattività molto più elevato rispetto a quello attuale. Parliamo della possibilità di condividere non solo video e audio, ma anche l’ambiente in cui  si opera fino all’interazione tattile.

E’ evidente come questa possibilità sia data solo dalle tecnologie di realtà aumentata e virtuale, dalle reti 5G (per abbattere la latenza) e dall’utilizzo di sensori avanzati che insieme potranno permettere ai partecipanti ad una riunione di scambiare anche le sensazioni offerte, per esempio, da una stretta di mano, così come aiutare i medici nei casi in cui è inevitabile o preferibile un consulto a distanza.  

Blockchain per monitorare la food chain

Ne abbiamo parlato in diversi contributi. Le tecnologie blockchain possono rappresentare uno strumento valido per il controllo completo della supply chain nell’ambito food. L’Organizzazione Mondiale della Sanità evidenzia che ogni anno circa 600 milioni di persone si nutrono con cibo contaminato ed è praticamente impossibile individuare la fonte del focolaio.

Blockchain offre la possibilità di tracciare in pochi minuti dati e lotti per i quali in precedenza occorrevano giorni o settimane. Tra le possibilità da sviluppare in futuro possiamo citare i sensori sulle (o nelle) confezioni, in grado di indicare quando il cibo sta per deteriorarsi e il grado di deterioramento, riducendo così lo spreco dei lotti, soprattutto in prossimità e dopo la data di scadenza segnalata.

Non solo, è possibile anche tracciare attraverso tag che cambiano colore, quando e se un prodotto è stato esposto a temperature non raccomandate, oppure se è stato aperto e ancora sono già disponibili sensori che segnalano eventuali gas prodotti dai cibi.

Un esempio su tutti: pensiamo alle bottiglie di acqua minerale spesso stoccate in luoghi particolarmente illuminati o ad alte temperature, con i sensori adeguati, da applicare per legge, il consumatore finale potrebbe verificare se l’acqua che beve è stata correttamente conservata prima dell’acquisto.   

Reattori nucleari sicuri

Per quanto lontano dal dibattito attuale sulle fonti energetiche – almeno così è in Italia – è inevitabile continuare a valutare l’energia nucleare come possibile opzione per il futuro.

A differenza delle risorse carbon/fossili il nucleare non emette anidride carbonica, ma sono vivissimi nell’immaginario collettivo (Chernobyl, 1986 ma ripreso dai media di recente e Fukushima 2011) i rischi per la sicurezza rappresentanti dalle barre di combustibile dei reattori, che possono surriscaldarsi e, se miscelate con acqua, produrre idrogeno, che può esplodere. Emerge oggi la possibilità di utilizzare nuovi “carburanti” con minori probabilità di surriscaldarsi e in ogni caso di produrre meno idrogeno o addirittura non produrne. Queste nuove configurazioni possono sostituire le barre del carburante esistenti con poche modifiche.

Archiviazione dei dati basata sul Dna

Arriviamo a uno dei trend più affascinanti legato alla possibilità in futuro di utilizzare il Dna come sistema di storage dei dati. L’acido desossiribonucleico è la sostanza che trasporta le informazioni genetiche nelle cellule degli esseri viventi e secondo i ricercatori potrebbe rappresentare un sistema utilissimo anche per l’archiviazione dei dati, per la sua alta densità.

I sistemi Dna potrebbero immagazzinare un miliardo di volte la quantità di dati contenuti nei tradizionali dispositivi elettronici e soprattutto potrebbero farlo con un dispendio energetico molto più basso rispetto a quanto consentito con i dischi di qualsiasi tecnologia si voglia parlare. Una possibilità più che interessante considerato che nel 2018 sono stati prodotti 33 ZB (33mila miliardi di Gigabyte), saranno 175 gli Zettabyte già nel 2025 (fonte: Idc). Un ritmo di crescita non sostenibile con le tecnologie disponibili oggi. 

Si userebbe il linguaggio in codice basato su quattro lettere del Dna (A,T,C,G che sono poi le iniziali delle basi azotate che possono essere utilizzate nella formazione dei nucleotidi da incorporare nella molecola di Dna – adenina, guanina, citosina e timina), quindi con un codice potenzialmente più efficiente rispetto a quello binario. Tra chi già lavora a questa ipotesi suggestiva c’è Microsoft che all’inizio dell’anno ha annunciato il primo sistema di “stoccaggio” basato su Dna con uno studio articolato documentato su Nature Scientific Report.

Lo stoccaggio dell’energia rinnovabile

L’energia eolica e l’energia solare, così come in generale i benefici per l’ambiente nell’utilizzo delle energie rinnovabili sono, queste sì, al centro dell’attenzione. E tuttavia pongono sfide importanti, tra le tante quella della possibilità di immagazzinare l’energia quando non è immediatamente utilizzabile e, soprattutto, dove non è possibile attingere direttamente alla fonte.

Nel prossimo decennio ci si attende tantissimo dalle batterie agli ioni di litio ma si confida in un’evoluzione tecnologica ulteriore per arrivare a poter immagazzinare fino a otto ore di energia sufficiente per permettere di soddisfare il picco della domanda serale, quando non è più disponibile quella corrispettiva solare diretta. Per esempio si parla delle batterie a flusso, che pompano elettroliti liquidi, così come di celle a combustibile a idrogeno.

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