L’emergenza sanitaria attuale, che da più punti di vista mette a dura prova le capacità del Paese, rappresenta anche uno stimolo a fare meglio e sta accelerando, come mai accaduto fino ad ora, cambiamenti strutturali che meritano di essere incoraggiati.Per questo motivo il sito del Dipartimento della Funzione pubblica raccoglie e aggiorna documenti, norme di riferimento, dati, strumenti e indicazioni sulle modalità migliori – tecniche ed organizzative – per consentire l’adozione e il reale utilizzo dello smart working nelle pubbliche amministrazioni.
Questo rappresenta una significativa accelerazione verso scelte che in tempi “normali” avrebbero richiesto tempi lunghi di discussione che ora non sono più concessi, ma che potranno servire già subito alla ripresa a recuperare il tempo perduto. Il Ministero della Pubblica Amministrazione non ha dubbi: “Il lavoro agile migliora la produttività e consente di conciliare in modo più armonico i tempi professionali con quelli di vita, senza dimenticare le positive ricadute ambientali. L’obiettivo di questo nuovo strumento offerto dalla Funzione pubblica è accompagnare una rivoluzione che non si fa con un annuncio, ma si costruisce con costanza, giorno dopo giorno, passo dopo passo”.
Ai fini della prevenzione e del contenimento della diffusione dell’infezione da coronavirus (Covid-19), il Ministero della PA invita a potenziare il ricorso al lavoro agile anche per la PA, individuando modalità semplificate e temporanee di accesso alla misura – per tutto il personale senza distinzione di categoria di inquadramento e di tipologia di rapporto di lavoro – e con una Direttiva del Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 4 marzo 2020, che rimane in vigore fino al 31 luglio 2020, prevede modalità temporanee e semplificate per l’accesso al lavoro agile.
La PA contempla per questo scopo anche l’acquisto di strumenti informatici tramite Consip (Circolare n.1/2020), nonché l’adozione di tecnologie cloud e l’impiego più frequente della conference call. E autorizza infine l’uso del pc personale da parte del dipendente per poter svolgere le prestazioni lavorative a distanza.
La direttiva fa seguito al Dpcm n.9 del 2 marzo 2020 che ha superato il l regime sperimentale dell’obbligo per le amministrazioni di adottare misure organizzative per il ricorso a nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa. Un segnale chiaro dell’accelerazione con la misura già oggi opera a regime.
Nella Direttiva per la PA si fa esplicito riferimento all’attività lavorativa in modalità agile con la raccomandazione per le figure apicali di compilazione dei format da inviare ai dipendenti relativi all’informativa sui rischi generali e specifici in materia di salute e sicurezza, e le regole per l’accesso e l’uso dei servizi informatici, contenute nel Protocollo e agli obblighi di custodia e riservatezza, invitando poi i responsabili apicali alla comunicazione alla segreteria tecnica del lavoro agile, dei nominativi dei dipendenti che fruiscono dell’opportunità di lavoro agile e il relativo numero di giornate autorizzate.
In giornata è arrivato l’aggiornamento dal Ministero per la Pubblica Amministrazione con la Direttiva 2/2020 e gli aggiornamenti principali seguenti che riportiamo:
- le attività dovranno essere assicurate tramite una rotazione dei dipendenti per garantire il giusto distanziamento;
- il lavoro agile dovrà diventare la modalità ordinaria ed essere esteso anche ad attività escluse in precedenza. Inoltre, non sono più previste soglie minime o massime (annullato quindi il limite massimo previsto dalla precedente);
- le riunioni in via telematica devono diventare la norma;
- deve essere garantito il massimo accesso ai servizi per via informatica;
- le presenze di persona del pubblico vanno scaglionate e organizzate per evitare assembramenti.
Il passo in avanti, compiuto in emergenza, non è comunque privo di rischi. In questa fase infatti è evidente come sembrino del tutto non regolamentate le problematiche relative alla sicurezza informatica, tanto più proprio per l’utilizzo di terminali propri in un’infrastruttura di rete, quella domestica, che potrebbe anche non essere del tutto protetta. Con procedure che di fatto bypassano anche la regolamentazione Gdpr.
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