“In questi anni il concetto di piattaforma è diventato centrale per l’IT e Pure Storage ha il vantaggio di aver anticipato i tempi in questo senso, per quello che riguarda la gestione, il management la conservazione e la fruizione del vero patrimonio dell’aziende oggi, e cioè i dati”, così esordisce Mauro Solimene – alla guida di Pure da maggio 2020 con la nomina a country manager ufficializzata nell’autunno 2020 e alle spalle una lunga esperienza nell’IT con Oracle, Bea Systems, CA, ServiceNow – nel tentare un bilancio degli ultimi mesi di attività dell’azienda. Lo fa in un contesto, quello attuale, decisamente sfidante ma anche promettente. “I dati portano conoscenza, vantaggio competitivo e rappresentano oggi la materia prima per ogni realtà” e per questo Pure travalica il concetto di storage e preferisce parlare di “modern data experience a sottolineare come detenere, proteggere e mettere al lavoro il patrimonio dei dati debba essere un compito agile per le aziende”.
L’azienda nel 2009 è stata tra i pionieri nel portare sul mercato le memorie flash, ha quindi aperto i primi uffici in Europa e nel 2014 ha introdotto un “nuovo modello disruptive per il consumo dei dati, offrendo ai clienti l’evoluzione della tecnologia, all’interno di un contratto specificatamente concepito – così da sollevare il cliente della preoccupazione dei refresh tecnologici, con l’evoluzione delle macchine, che resta a carico di Pure”. Poi nel 2015 l’azienda ha proposto la gestione da remoto dell’infrastruttura IT come ulteriore passaggio per semplificare la vita dei clienti, con la proposta Pure1 Cloud-Based Management, e nel 2016 sono state introdotte le prime tecnologie per la movimentazione di grandi masse di dati sfruttando AI e data analytics con FlashBlade.
Nel 2018, con l’introduzione della piattaforma As a Service, Pure ha innalzato ulteriormente il livello della proposizione: dopo la stima con il cliente su consumi e prestazioni attese, di fatto ha iniziato ad offrire un vero servizio cloud ma permettendo ai clienti di avere a disposizione l’infrastruttura storage on-premise e, con l’ultima acquisizione nel 2020 di Portworx, è arrivata la possibilità di programmare il meccanismo di gestione dei dati (la data experience platform) per avvicinare ulteriormente il mondo degli sviluppatori di microservizi (per le applicazioni cloud ready) e soddisfare le loro esigenze.
E’ cresciuto nel tempo anche l’apprezzamento della proposizione. Con l’anno fiscale in chiusura a gennaio 2020 (ora Pure è in quiet period), l’azienda ha maturato 1,64 miliardi di dollari di fatturato, conta circa 8mila clienti (la metà circa composta da aziende enterprise) con una fruizione dei servizi in abbonamento in crescita del 29% anno su anno.
Pure di fatto negli ultimi 5 anni di analisi ha accresciuto il suo fatturato del 56% e ha continuato a crescere in market share. Gartner oggi la posiziona in alto a destra nel Magic Quadrant for Primary Storage Arrays.
Per quanto riguarda l’Italia invece, Solimene – che non può concedere riferimenti numerici e percentuali proprio in relazione al quiet period – spiega: “Il rapporto con i clienti in questo anno impegnativo si è rivelato la prima arma a nostro vantaggio, ed il passaparola tra di essi quasi uno “strumento di marketing“”. L’ecosistema Ict, in un anno come questo, si può comunque considerare un settore fortunato, “la reazione delle aziende si è vista ma certo si sono rivelati più forti, robusti e resilienti i clienti enterprise che hanno continuato il roll-out dei piani quasi senza interruzione, da remoto, procedendo comunque nei loro progetti di trasformazione. Il nostro mercato in Italia ha visto quindi una crescita ‘imponente’ del business”.
I passi avanti nella strategia Pure
La visione strategica di Pure si conferma basata quindi su una “modern data experience” condivisa dai clienti e costruita sul loro feedback, con Pure oggi posizionata all’intersezione dei temi tecnologici più caldi di questi anni. Multicloud e Storage as Code, tra i più rilevanti, per rendere l’esperienza sui dati effettivamente “appesa” ai workflow ed alle applicazioni, e coerente nel modello di business con lo spostamento in corso verso la “subscription economy”. Per questo oggi la piattaforma Pure è “malleabile”, più vicina agli sviluppatori e fruibile, in modo da consentire ai clienti di focalizzarsi sui risultati e non sulla gestione della tecnologia. La nomina come Cpo di Ajay Singh, esperto sviluppatore di piattaforme, strappato a Vmware e prima in HP, è un segnale importante in relazione agli sviluppi futuri.
Entra allora nei dettagli della proposta tecnologica, Umberto Galtarossa, channel technical manager di Pure: “Indubbiamente si va verso la richiesta di un consumo sempre più flessibile dell’infrastruttura, ed i tempi di incertezza hanno accentuato questo trend (dati Idc rivelano come entro il 2021 crescerà di 3 volte la domanda riguardo il consumo as a service delle risorse con il 50% dell’infrastruttura DC consumata as a service da qui al 2024). Pure offre oggi piattaforme storage software only parcheggiabili sui public cloud provider per la massima flessibilità nella gestione dell’infrastruttura con un modello a consumo in grado di abbracciare sia il mondo on-premise che quello cloud, e nel tempo ha continuato ad introdurre nuovi servizi”.
Quest’anno per esempio è stato annunciato Pure As a Service 2.0 con estensioni importanti sulle componenti Block storage, File and Object e sull’infrastruttura FlashStack, la “converged infrastructure” frutto della partnership con Cisco, per una proposta di infrastruttura a tutto tondo, ma a consumo.
Alla base del modello “l’idea di un contatore per poter consumare a seconda della sottoscrizione dei servizi uno storage “su misura” anche nei diversi contesti cloud, “rinfrescato” quando serve senza preoccupazioni per il cliente, sulla base degli Sla concordati”. Con Pure1 come motore per gli analytics, basato su algoritmi e AI per essere proattivi nel supporto e permettere ai clienti stessi di gestire il proprio storage ovunque essi si trovino ed una esperienza d’uso “cloud like”.
L’estensione del modello As A Service è funzionale a sua volta a servire un numero sempre maggiore di use case. Pure ha abbattuto l’entry point per cui l’offerta è oggi sottoscrivibile nella componente blocco a partire da 50 TB (circa 3.850 dollari al mese, per una proposta che si avvicina ulteriormente alle esigenze del mercato italiano) con un anno di sottoscrizione, e può includere la componente computing e network.
Ma è la proposta di una Unified Fast File and Object Platform a rappresentare l’indirizzo più innovativo.
Oggi le aziende sono impegnate nell’analisi del sentiment sui social o sui propri canali di relazione con i clienti e chiedono di poter applicare, in seguito all’analisi real-time, azioni immediate di correzione. Si tratta di relazioni che si basano sull’utilizzo di software come Kafka, per esempio, molto demanding dal punto di vista delle risorse. Unified Fast File and Object Platform si pone proprio alle fondamenta per l’utilizzo di questo nuovo tipo di applicazioni. E Pure propone quindi FlashBlade come riferimento relativamente alla componente Unified Fast File and Object.
Per quanto riguarda invece i trend relativi ai container che ospitano i microservizi, alla base del modello DevOps, è oggi fondamentale disporre di un’infrastruttura in grado di adattarsi a questi ambienti. “Pure – prosegue Galtarossa – ha sempre privilegiato l’accesso tramite Api al suo storage e quindi naturalmente è in grado di abbracciare anche queste esigenze”.
Ora l’acquisizione di Portworx estende ulteriormente il concetto oltre la componente infrastrutturale, perché Portworx aggiunge valore alle piattaforme Kubernetes. “Esse nativamente non sono in grado di fornire tutte le funzionalità enterprise richieste. Portworx veste quindi il DC di tutti quelle che sono le funzioni necessarie alla gestione dei dati nei nuovi ambienti: backup, disaster recovery, migrazione online dei container, applicazione di policy di sicurezza, proponendosi quindi come storage and data management solution a tutto tondo per i progetti con Kubernetes“.
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