A distanza di poco più di un anno, nuovo cambio alla guida di Pure Storage in Italia, con l’arrivo di Paolo Fontana, che raccoglie il testimone come country manager della realtà italiana da Mauro Solimene, ma lo fa sulla scorta di una lunga esperienza già maturata anche all’interno dell’azienda. E potrà contare sul “dinamismo” dell’azienda che, a livello globale, nel terzo trimestre fiscale (chiuso il 31 ottobre 2021) ha maturato ricavi in crescita del 37% anno su anno, per quasi 563 milioni di dollari di revenue solo nel terzo trimestre 2021, con previsioni di revisione al rialzo anche per gli obiettivi del 2022.
“Si tratta di una nuova sfida, è vero – esordisce Fontana – nonostante l’esperienza pregressa in Pure che davvero è un’azienda che si caratterizza per il suo dinamismo, in grado di dare soddisfazioni anche a chi ci lavora, condivise con la catena di business partner, e con i clienti finali che beneficiano di una serie di vantaggi oltre a quelli del tema squisitamente tecnologico”. Che non sono pochi. Gartner posiziona Pure nel suo magic quadrant tra i leader dello storage primario, da otto anni, e per il secondo anno consecutivo l’azienda si distingue in termini di capacità di esecuzione e per la completezza di visione. Mentre per quanto riguarda i file system distribuiti e lo storage a oggetti, Gartner osserva la rapida maturazione delle proposizione e colloca il vendor già tra i leader nel mercato dello storage per i dati non strutturati.
Tra gli “altri” vantaggi, però, Fontana sottolinea la possibilità per le aziende di “guardare alla tecnologia in modo molto più aperto e inclusivo”. Pure Storage negli ultimi mesi ha beneficiato, soprattutto negli Usa, degli elevati turnover nelle aziende ed è riuscita ad acquisire nuove competenze e nuovi talenti, anche “per il concreto orientamento verso i temi di inclusione e diversità e a non considerare lo smart working una forma di saving ma anzi una possibilità di re-investire proprio a vantaggio dei dipendenti, anche – ma non solo – in termini di formazione per la crescita delle competenze“.
Pure Storage, come evolve il mercato
La mission per l’azienda resta “aiutare i responsabili dei sistemi informativi ad approcciare le tecnologie più vantaggiose per apprezzare i vantaggi del cloud“ e soddisfare il bisogno delle organizzazioni oggi di “sviluppare le applicazioni native per il cloud, quindi sfruttando gli ambienti containerizzati (Kubernetes)”. A questo proposito, “l’anno scorso l’azienda ha acquisito Portworx“, ricorda Fontana. Si tratta di una proposta “data service” Kubernetes con prestazioni, disponibilità, funzionalità di data protection e sicurezza necessarie per le applicazioni operative negli ambienti multicloud, “idonea ai moderni criteri di sviluppo e testing DevOps, con la certezza però di poter anche contare su una piattaforma sottostante in grado di garantire il ciclo di vita end-to-end”
Oggi, anche in Italia, non vi è azienda che al proprio interno non abbia un team di persone che lavori su container e sviluppo nativo cloud, “magari anche solo su progetti specifici, non business-critical”, ma di certo “sempre di più le aziende stanno rigenerando in prospettiva cloud le applicazioni o le cercano nel cloud pubblico già pronte”. Manca ancora però una diffusa competenza e Portworx, così come lo storage-as-code, in questo facilitano l’approccio, favoriscono l’automazione, in un percorso che “oggi magari riguarda le risorse on-prem utilizzate come sistemi primari, mentre un domani on-prem è pensabile vi siano i servizi secondari, oppure quelli di disaster recovery, con la possibilità per il personale competente di lavorare non solo sulla manutenzione dell’esistente ma su nuovi progetti”.
Pure inoltre si preoccupa dell’effettiva “predicibilità dei costi”. Per i Cfo è fondamentale per indirizzare nel modo corretto gli investimenti e decidere come “abbracciare il tema della trasformazione digitale”. Un punto su cui l’offerta As a Service, anche quando si parla di “fruire” delle risorse infrastrutturali, rappresenta un elemento fondamentale, proprio “nell’ottica di far diventare i costi predicibili per valutazioni concrete, e per ridurre gli asset che pesano in modo importante sui bilanci aziendali”.
La strategia per l’Italia
Anche il mercato italiano sembra apprezzare la strategia di Pure, pure in Italia sono stati superati gli obiettivi di inizio anno, “grazie a una crescita strutturata su tutti i comparti, ma in particolare nel mercato finance, delle telecomunicazioni e nel mercato delle utility (non ancora esplorato completamente), così come in quello healthcare che pure non ha lesinato soddisfazioni”. Di fatto gli stessi verticali su cui cresce la corporate. “Di certo i risultati positivi sono da collegare all’efficacia del canale. Partner affidabili e capaci supportano Pure da diversi anni e sono fidelizzati ma riconoscono anche in Pure un partner tecnologico in grado di portare valore ai clienti”.
La strategia di Pure in Italia comprende ora un impegno verso una “crescita ancora più orizzontale” per portare verso Pure più clienti, con il canale, ma anche in modo diretto. “Lo sforzo compiuto in questi anni di far crescere la rete di canale è riuscito. Molti partner si sono trasformati in una logica di system integration e sono in grado di supportare i clienti con le tecnologie abilitanti di Pure”.
Con il dato – riconosciuto come elemento centrale per operare sul mercato – che deve essere di facile accesso ma protetto, i partner hanno raccolto la sfida di “entrare in una dimensione ancora più consulenziale e Pure ha deciso di stringere partnership strette con loro e con i cloud provider“. Un meccanismo che è stato comunque correttamente interpretato come del tutto estraneo “all’idea di creare “un canale” alternativo””. Il vantaggio offerto da Pure è proprio quello di “non differenziare la vendita di un tipo rispetto ad un’altra (certo il meccanismo degli incentivi per spingere in una direzione è sempre utilizzabile), ma oggi se il cliente dovesse scegliere una soluzione on-prem, as-a-service, o in cloud, il partner vedrebbe comunque riconosciuti i propri sforzi, con il cloud provider ad approvvigionare la soluzione in licenza attraverso il canale tradizionale Pure”.
Anche i managed service provider contribuiscono in modo importante allo sviluppo del mercato Pure, perché trovano nelle formule as-a-service e back-to-back il vantaggio di un costo fisso riconosciuto dall’inizio potendo però declinare la propria proposizione con un meccanismo uplift, certi che anticipo del costo dell’asset, installazione e gestione sarebbero comunque a carico di Pure. In un contesto in cui le aziende oggi sono premiate dai mercati anche in base a quanto le soluzioni vengono offerte in modalità as-a-service, Pure Storage vanta ricavi per i servizi in abbonamento (Arr) per 788 milioni, in aumento del 30% anno su anno, che solo nell’ultimo trimestre hanno pesato per 187,8 milioni, in crescita del 38% anno su anno.
E la proposta tecnologica – scelta proprio dalle realtà finance e telecomunicazioni che presentano richieste stringenti in termini di efficienza e possibilità di disaster recovery – ha anticipato, a partire dall’approccio all-flash, quelli che poi sono stati reali bisogni del mercato. Per indirizzare i quali, in Italia, Pure è in espansione. “In Italia – spiega Fontana – abbiamo assunto da settembre quattro persone, per essere più vicini ai clienti con figure di strategic account manager, personale di prevendita e vendita. Stiamo per assumere anche un rinforzo per il canale (partner account manager), perché le opportunità del mercato richiedono una risposta adeguata da parte di un’azienda riconosciuta da partner e clienti come agile e reattiva con buona capacità di “engagement”. Un aspetto ben valutato anche dagli Isv “con cui troviamo in modo rapido soluzioni che portino valore oggettivo per il cliente finale” che può sfruttare una proposta di storage virtuale Pure con tutti i suoi benefici, non ultimo – chiude Fontana – “la protezione assicurata nel tempo degli investimenti già compiuti”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA