Ogni anno, circa 229mila tonnellate di plastica finiscono nel Mar Mediterraneo, con tutti i rischi immaginabili per l’ecosistema marino, le biodiversità e la sopravvivenza degli animali. A livello globale si stima che la quantità di materiale plastico che “affolla” gli oceani sia addirittura di otto milioni di tonnellate.

Il contesto

Si tratta di un problema annoso, di non facile soluzione, che di fatto deve prevedere, a monte, la riduzione dell’utilizzo di questi materiali in tutti quegli ambiti in cui non sono strettamente indispensabili. A valle, però, sarebbe ancora più importante vigilare sull’effettivo corretto smaltimento delle plastiche una volta che si è proceduto alla raccolta differenziata. Se infatti con la Direttiva UE 2019/904 sulla plastica monouso si è compiuto di sicuro un passo avanti nel limitarne l’utilizzo – dal 14 gennaio anche in Italia non possono più essere immessi sul mercato una serie di oggetti monouso di ampia diffusione e già dal 2018 la Commissione Europea ha espresso la sua visione strategica per l’utilizzo della plastica all’interno dei sistemi di economia circolare – è vero anche che si fa molto meno per risolvere il problema di un’incapacità diffusa, proprio nei Paesi Emea, di gestire i rifiuti di plastica. Questo, come spiega il Wwf, “si traduce in livelli record di inquinamento nel Mar Mediterraneo provocando costi enormi all’economia regionale, dell’ordine di centinaia di milioni di euro”.
Gli anni di lockdown hanno contribuito alla diminuzione dell’inquinamento e dell’immissione nei mari di materiali plastici, ma già per quest’anno si prevede che, con la ripresa di viaggi e flussi turistici, aumenterà di oltre il 50% la plastica recuperata solo dai litorali. 

Il problema e la soluzione

E’ in questo contesto che l’organizzazione non governativa internazionale Keep Sea Blue,  no-profit con sede ad Atene, si impegna a proteggere il bacino del Mediterraneo dall’inquinamento e per farlo avvia un progetto per il riciclo della plastica all’interno di un’idea ancora più ampia di inserimento dei materiali in un sistema di economia circolareL’organizzazione raccoglie circa 150 tonnellate di plastica al mese, l’equivalente di circa 5 milioni di bottiglie di plastica, e si pone l’obiettivo di promuovere l’immissione in un processo di circular economy della plastica che inquina le coste. In particolare l’organizzazione è attrezzata per raccogliere i rifiuti in plastica dalle zone costiere a rischio e trasformarli in Recovered Seaside Plastic, un’alternativa sostenibile alla plastica vergine per la creazione di nuovi prodotti. 

Per farlo vengono scelte le soluzioni Oracle Cloud, in particolare le tecnologie Oracle Cloud Infrastructure e Oracle Blockchain per permettere la tracciabilità del materiale che viene quindi certificato, appunto, come Recovered Seaside Plastica e quindi reimmesso sul mercato, a garanzia per i consumatori della sua origine. Un aspetto tanto più importante quanto più cresce nel tempo l’attenzione verso il tema della sostenibilità. Attraverso il suo programma di certificazione e a una piattaforma blockchain online basata sulla tecnologia blockchain di Oracle, Keep Sea Blue connette quindi le persone che raccolgono i rifiuti e li riciclano, aziende manifatturiere e brand. Oltre a questo monitora e certifica il percorso circolare della plastica e garantisce trasparenza e tracciabilità attraverso tutta la sua filiera.

Una fase della raccolta
Una fase della raccolta delle plastiche organizzata da Keep Sea Blue

Il metodo

In ogni passaggio del progetto centrali sono le persone. Keep Sea Blue lavora quindi a stretto contatto con i volontari, con le organizzazioni no profit, ma anche con aziende private e autorità locali per fare in modo che la raccolta dei rifiuti di plastica dalle spiagge –  per esempio materiali come bottiglie, nylon e reti da pesca – sia efficace e svolta in modo corretto. I rifiuti vengono quindi sottoposti ad un processo di cernita accurata per poterli effettivamente trasformare in Recovered Seaside Plastic, ovvero materia prima riciclata e certificata e quindi riutilizzabile dalle aziende per la fabbricazione di nuovi imballaggi o anche nuovi prodotti.

La tecnologia Oracle con l’offerta di una suite di applicazioni integrate, e dell’infrastruttura in Oracle Cloud per la blockchain, interviene nel permettere ai partner certificati di registrare le informazioni necessarie per tracciare la plastica proprio dal punto di raccolta di origine – la specifica zona costiera in cui è avvenuta la raccolta – fino al punto di “ri-utilizzo” finale, secondo i dettami dei principi dell’economia circolare, così che le aziende che utilizzano imballaggi generati attraverso questi passaggi possano aggiungere il logo Recovered Seaside Plastic fornendo ai clienti finali la prova del percorso circolare del prodotto e le relative credenziali di sostenibilità.

I vantaggi

La cosa positiva riguardo al progetto – spiega Lefteris Bastakis, fondatore di Keep Sea Blue – è che ora ciascuno può monitorare e vedere cosa succede con i rifiuti che ha raccolto. Se un team di volontari o una comunità locale raccoglie 200 chili di plastica, possono controllare dove va a finire e come è stata utilizzata per creare un nuovo prodotto ]…[“.

Founder Keep Sea Blue
Lefteris Bastakis, founder Keep Sea Blue

Non solo, le soluzioni adottate possono essere facilmente integrate con le principali attività di qualsiasi organizzazione. Tra le aziende, partner di Keep Sea Blue in questi percorsi, vi è per esempio Klöckner Pentaplast, realtà diffusa a livello globale che produce imballaggi sostenibili e che utilizzerà il materiale riciclato dalla plastica raccolta da Keep Sea Blue per creare imballaggi per prodotti alimentari freschi in Italia, UK, Portogallo, Germania e Turchia.

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