L’appuntamento annuale con la Cio Survey, da 16 anni condotta da NetConsulting cube su un panel di circa 100 Cio delle più importanti aziende italiane, rimane un momento cardine per definire le progettualità future dei Cio, alla luce di quanto fatto nell’ultimo anno. E bene rende l’idea Giancarlo Capitani, presidente di NetConsulting cube, definendo la Cio Survey “un grande selfie che 100 grandi Cio Italiani scattano annualmente a se stessi”. Fa sorridere ma calza a pennello.
Se il primo obiettivo della ricerca condotta la scorsa primavera è monitorare attraverso la voce dei Cio il percorso di trasformazione digitale in atto, i progetti innovativi che ne derivano, il posizionamento e il cambiamento di ruolo dei Cio (“con luci e ombre che ne caratterizzano l’attività”), il secondo è trarre linee guida per gli anni a venire. Si parte dall’analisi della situazione post pandemica per capire quanto le strategie si siano ridisegnate nella fase post emergenziale e quanto il digitale (“inteso come categoria onnicomprensiva di tutte le tecnologie Ict e digitali”) stia oggi supportando ancora il cambiamento.
“L’accelerazione risulta evidente: il 77% degli intervistati ha registrato un incremento nell’utilizzo di strumenti digitali nell’ultimo biennio – precisa Capitani -, strumenti dapprima utilizzati in modo reattivo in ottica emergenziale ma sempre più oggi a supporto della revisione di processi aziendali core, in primis dell’organizzazione del lavoro, seguita dai modelli di business e di go-to-market, dalle relazioni con partner e clienti, dalla partecipazione a nuove filiere settoriali e inter-settoriali. L’indicazione che ne emerge è che le aziende stiano passando da una digitalizzazione emergenziale ad una vera e propria trasformazione digitale strutturata e pianificata nella sua realizzazione”.
Quali le aree di attenzione dei Cio
La trasformazione digitale sta indirizzando un’elevata varietà di progetti che risultano in forte accelerazione tra il 2021 e il 2022, particolarmente in alcune aree progettuali: nella quasi totalità dei casi i principali investimenti sono legati alla cybersecurity, seguono i servizi cloud Saas, la business intelligence, gli advanced analytics e le soluzioni per il digital customer, a cui si aggiungono con una evidente accelerazione le soluzioni per lo smart working, il digital workspace. Ma rientrano anche progetti legati agli obiettivi di sostenibilità già oggi al centro dell’attenzione della maggior parte delle aziende intervistate, anche se solo il 43,8% è impegnata in modo significativo in percorsi Esg. “Il raggiungimento di questi obiettivi dovrà essere supportato dal digitale – continua Capitani -. In altri termini sostenibilità e digitalizzazione dovranno essere sempre più progetti convergenti tra loro”.
Rimangono centrali due questioni per definire le mosse future dei Cio: l’ammontare del budget IT a disposizione e l’impatto che potrebbe avere il Pnrr sui progetti innovativi all’interno della loro azienda, in termini di disponibilità di risorse e di uso di tecnologie innovative. “Le aree di investimento previste per il prossimo biennio rimangono quelle già al centro oggi e l’impatto sui budget IT disponibili è previsto essere importante, determinando un aumento anche maggiore del 10%”, analizza Capitani. Complessivamente la percentuale dei Cio che dichiara un aumento del budget IT è del 53% nel 2022, e del 48% circa nel 2023, a riprova che è in atto un’accelerazione digitale nelle grandi imprese italiane (“ben oltre la semplice resilienza”) e un consolidamento della convergenza tra IT e business, accelerata in modo forzoso durante il lockdown, che vede il Cio nella funzione di advisor tecnologico proattivo, direttamente coinvolto nella definizione delle innovazioni di business. Per il 62% delle aziende.
Le funzioni business che hanno una maggiore collaborazione con l’IT risultano quelle delle vendite, della produzione, del marketing e della comunicazione mentre le aree tecnologiche sulle quali questa convergenza agisce, oltre a quella trasversale della sicurezza, sono legate alla customer experience dei sistemi per l’analisi dei dati e al supporto dato al marketing e alle vendite.
“Un ulteriore segnale di questa funzionalizzazione diretta delle tecnologie al business è dato dagli indicatori che vengono utilizzati nella pianificazione degli investimenti e verosimilmente nella misurazione dei loro risultati, dove gli indicatori di efficacia sembrano prevalere su quelli di efficienza espressi tipicamente dalla riduzione dei costi e dove addirittura vengono utilizzati indicatori di impatto degli investimenti IT sui risultati economici aziendali” precisa Capitani.
La questione delle risorse umane
Una parte importante della survey riguarda il tema delle risorse umane e delle competenze, strategico per la riuscita dei processi di trasformazione digitale ma allo stesso tempo critico, per la carenza di skill. “Una questione che sta diventando strutturale e su cui sono in corso profonde riflessioni in tutti i settori e nei maggiori Paesi, che è confermata anche nella survey dall’importanza attribuita ai diversi e nuovi fattori che rendono attrattiva un’azienda agli occhi dei talenti dove andare a lavorare”. Pur nella prevalenza dell’importanza del brand, acquisisce una rilevanza anche superiore al livello di stipendio la possibilità di lavorare in smart working o in modalità innovative, dove il valore centrale non è solo quello dello Yolo (You Only Live Once) ma il rifiuto di schemi e procedure.
Nella gestione delle risorse umane ci sono da osservare due fenomeni: da una parte la tendenza alla re-internalizzazione delle risorse soprattutto delle competenze a più alto valore precedentemente esternalizzate (1) e d’altro canto una maggiore propensione a utilizzare risorse disponibili entro i confini nazionali con una minore propensione a utilizzare risorse in near-shore o in off-shoring (2). “Un fenomeno laterale da segnalare e sul quale porre una grande attenzione riguarda il fatto che in una situazione in cui lo skill shortage e la mancanza di competenze sono generalizzati in tutta Europa, l’Italia sta diventando un’area di near-shoring per i Paesi europei più ricchi, che offrono condizioni salariali più favorevoli e in grado di attrarre talenti e tecnici competenti” aggiunge Capitani.
Come cambia il profilo del Cio
La questione di fondo è come in questo scenario di grande trasformazione cambi il posizionamento e il compito del Cio. Perché il suo maggiore coinvolgimento (il 77% partecipa attualmente a comitati operativi a supporto delle strategie aziendali contro il 71% del 2021) riguarda anche i contenuti sui quali è chiamato ad esprimersi, in una relazione a doppio senso. Da una parte prendendo posizione sui contenuti digitali che aiutano il business, dall’altra muovendosi in direzione contraria, guardando alle innovazioni del business che stimolano una risposta digitale.
“Questa circolarità e questo interscambio di ruoli nei processi di innovazione la dice lunga sul livello di maturità digitale acquisito dalle aziende nell’emergenza – commenta Capitani -. Durante l’emergenza il Cio è stato un leader involontario, ora il suo obiettivo è quello di acquisire una leadership attiva e proattiva in un contesto di trasformazione digitale strutturata e pianificata”.
Fondamentale rimale per il Cio l’assunzione del ruolo di evangelizzatore e diffusore di una cultura digitale funzionale al business su tutto il tessuto aziendale e la sua capacità di rendere disponibili soluzioni che portino risultati aziendali evidenti e misurabili nel breve.
Volendo guardare al prossimi mesi, il Cio dovrà assolvere a tre condizioni necessarie per cavalcare le incertezze e fare in modo che i progetti in cantiere si possano realizzare: dovrà accelerare gli investimenti in innovazione digitale basati su tecnologie emergenti che impattano le 6 missioni del Pnrr che ad oggi vede ancora poche aziende seriamente impegnate su Pnrr (1). Dovrà portare avanti un impegno digitale più marcato per il raggiungimento degli obiettivi Esg, facilitando una maggiore convergenza tra sostenibilità e digitale (2). Dovrà tenere conto del processo accelerato di trasformazione digitale che la pubblica amministrazione italiana sta perseguendo che avrà un impatto forte sull’intero sistema Paese e sul sistema delle imprese in particolare nei prossimi tre anni (3). “Occorre da questo punto di vista che le imprese armonizzino sempre di più i loro progetti di trasformazione digitale con quelli della pubblica amministrazione sia centrale che locale – auspica Capitani -. Non si tratta di compliance ma di convenienza. Il Pnrr può rappresentare il grande abilitatore, non solo finanziario di questo percorso virtuoso ma emerge come solo il 24% degli intervistati stia sviluppando progetti finanziabili attraverso il Pnrr. E di tutte le condizioni questa è la più necessaria e urgente perché il Pnrr non è un progetto pubblico come viene percepito, ma richiede un ruolo da protagonista da parte delle imprese perché venga realizzato”.
Oltre la Cio Survey
Il quadro in cui i Cio continueranno ad operare il prossimo anno sarà ancora marcato dall’imprevedibilità e dal peso degli avvenimenti mondiali che impatteranno sulle strategie aziendali e sulla loro capacità di adattamento. Un adattamento non solo verso il contesto politico-economico mondiale, ma legato anche al passaggio della propria azienda e della pubblica amministrazione da una fase di digitalizzazione a una vera trasformazione digitale, da un modello fisico a un modello ibrido all’interno dei vari ecosistemi e nelle catene del valore interconnesse fra grandi e piccole aziende, piccole aziende fra di loro, imprese e PA, o pubbliche amministrazione con altre PA. “In questo scenario complicato si assisterà al consolidamento del ruolo del Cio da ‘salvatore dell’azienda’ nella fase emergenziale a innovatore digitale in grado di razionalizzare i processi aziendali promuovendo una inclusione crescente nelle aree di innovazione di obiettivi Esg supportati dal digitale. I paradigmi dominanti saranno l’economia della scarsità e la crescita soggetta ad andamenti ciclici non più lineari, dove si assisterà al ruolo crescente delle politiche pubbliche sull’economia”, afferma Capitani.
Per questo il Cio non potrà mai perdere di vista il contesto economico e globale in cui si muove, continuando ad ascoltare i campanelli di allarme che stanno risuonando nell’economia e nelle big tech americane. “Se il lockdown ha generato in tutto il mondo un’impennata di domanda di digitale che si è tradotta in crescite patologiche di fatturato, marginalità e occupazione nelle big tech e nel loro indotto, oggi siamo in una fase di ritorno, se pur parziale, al fisico e le stesse big tech si stanno liberando delle ridondanze accumulate nel biennio 2020-2021, rendendosi conto che quel periodo sarà irripetibile”, commenta Capitani. “La digitalizzazione accelerata che si è realizzata in tutti i maggiori Paesi si è configurata come ‘indigestione di tecnologie‘ a supporto della resistenza all’emergenza e allo smart working determinando una saturazione del mercato e questo spiega l’attuale grave crisi delle vendite di pc. Siamo inoltre in presenza di una ‘inflazione di settore’ dove molti grandi vendor stanno imponendo ai loro clienti forti aumenti nei contratti di servizi e di subscription che vengono spesso rifiutati e che rallentano o paralizzano i normali flussi di domanda e altri fenomeni, sperabilmente congiunturali, rallentano la crescita del mercato digitale: la scarsità di microchip e il forte rallentamento della domanda in Cina dovuta al severo lockdown in atto”.
Da ultimo va considerato il fattore sotterraneo, di natura strutturale, molto più impattante del mix pandemia-recessione-guerra, che esploderà nei prossimi anni. “Stiamo abbandonando il modello di sviluppo che ha dominato e guidato l’economia mondiale negli ultimi 30 anni e stiamo transitando verso un modello, oggi nebuloso, trainato da una ri-globalizzazione che porterà ad una dimensione più regionale del sistema produttivo e dei mercati, ad un accorciamento delle catene globali, ad una conseguente riduzione delle economie di scala ed aumento dei prezzi”. In altri termini, questo passaggio da una economia dell’abbondanza di fattori di produzione a basso costo, che ha caratterizzato l’era della globalizzazione, a quella dell’economia della scarsità degli stessi fattori verso cui stiamo transitando avrà un grande impatto sul settore Ict e digitale. I Cio dovranno tenerne conto.
Leggi tutti gli approfondimenti dello Speciale CIO Survey 2022
© RIPRODUZIONE RISERVATA