Analizzare il modo in cui le organizzazioni utilizzano i dati ed identificare sfide e preferenze in materia di gestione dei dati stessi, sono questi i due obiettivi della ricerca voluta da Denodo che si basa su un’indagine condotta tra 500 professionisti dei dati, di grandi aziende appartenenti a diversi verticali in Italia, Spagna, Regno Unito, Francia e Germania. L’azienda, la cui offerta in ambito AI/ML è legata alle caratteristiche innovative della Denodo Platform (anche Istat si affida a Denodo per le soluzioni di data virtualization, Ndr.), tra i numeri di The Denodo Data Gap Report 2023 legge come le principali sfide che le aziende devono affrontare nella gestione dei dati siano da ritrovare nell’automazione in ambienti complessi, nel rispetto della conformità normativa e nella mancanza di personale interno qualificato nell’ambito del data management.
In particolare, in Italia le organizzazioni devono anche confrontarsi con la mancanza di accesso tempestivo ai dati e con i rischi legati alla privacy e alla sicurezza. Anche a fronte di queste difficoltà il 70% delle realtà italiane ha in programma di aumentare l’adozione di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale per offrire a utenti ed esperti maggiore facilità di utilizzo dei dati, fondamentale in un contesto di democratizzazione dei dati. A livello europeo la maggioranza delle grandi aziende europee (71%) concorda sul fatto che i dati acquistano valore solo quando sono di facile accesso a tutte le risorse, mentre il 69%, una percentuale comunque omogenea, afferma che le architetture tradizionali stanno iniziando a perdere rilevanza in un mondo che produce dati ad una velocità crescente.
Proseguendo nella disanima dei dati del report per quanto riguarda il nostro Paese, emerge come in Italia ben il 76% del campione ritenga che le data platform più efficaci siano quelle che comprendono catalogo, menu o guida di riferimento e che consentano a chiunque di comprendere quali dati sono disponibili e cosa rappresentano. Inoltre, proprio la data governance cresce per importanza nelle aziende, questo dato vale ovunque, ma in particolare vale per ben 6 aziende italiane su 10 (60%) che ritengono come poter integrare le informazioni provenienti da fonti multiple in modo più agile – oltre a migliorare la collaborazione tra i team (40%) – rappresenti che un importante vantaggio.
“Facilitare l’evoluzione da una data fabric fisico a uno logico – entra allora nei dettagli della proposta Denodo, Gabriele Obino, Regional VP e GM, Southern Europe and Middle East dell’azienda – è alla base della mission. Siamo convinti che non sia più sostenibile perdere tempo a cercare di scoprire dove si trovano i dati, cosa rappresentano e come accedervi]…[“, mentre quello che serve davvero alle organizzazioni è avere a disposizione facilmente e subito tutti i dati di cui hanno bisogno, “indipendentemente dalla loro ubicazione, dal formato e da altre complessità tecnologiche, sintattiche e semantiche”.
Se la trasformazione è possibile quando è data driven, tanto più democratizzare l’accesso ai dati dovrebbe consentire alle aziende di prendere decisioni accurate e tempestive anche se questo ‘approdo’ è in verità a valle dell’elaborazione di processi complessi articolati che riguardano tutte le dimensioni dell’organizzazione e che, pertanto, devono essere pianificati e articolati in modo coerente.
Tra le innovazioni più apprezzate dalle aziende europee vi sono l’intelligenza artificiale e il machine learning; il 79% ne sta già sfruttando il potenziale per supportare la gestione dei dati. Inoltre, il 43% ha intenzione di aumentarne ulteriormente l’utilizzo, mentre il 16% non le usa ancora ma prevede di implementarle da qui ai prossimi 6 mesi. L’apprezzamento per le architetture ibride e multicloud, da un lato coniuga efficienza e flessibilità, dall’altro però il problema di quale sia il modo migliore per migrare dati e applicazioni su piattaforme diverse: ed è evidente come ridurre al minimo l’impatto di tali migrazioni, sia un elemento chiave per fare in modo che i cambiamenti sottostanti non vengano nemmeno percepiti.
Lo spaccato italiano non si discosta dal resto dell’Europa. Il 51% delle aziende fotografate si affida già a AI e ML, e prevede di sfruttarle ancora di più in futuro, quasi una su cinque delle rimanenti che ancora non utilizza tali tecnologie prevede però di integrarle nei prossimi mesi. Inoltre, durante le migrazioni, il 49% delle aziende italiane sfrutta un ambiente ibrido (on-premise, cloud pubblico e privato) per archiviare i dati, mentre il 28% sfrutta un ambiente multicloud. “A fronte della velocità con cui il mondo si muove e i dati vengono generati, le aziende hanno bisogno di un modo nuovo di gestirli, che permetta loro di semplificare le crescenti complessità – prosegue Obino –. Si pensi all’enorme variabilità dei dati, alla loro ubiquità su Internet, ai diversi modi in cui possono essere utilizzati o all’ampliamento della platea di utenti tipico di uno scenario di democratizzazione”. Per questo non è più possibile rimandare l’adozione di un nuovo approccio moderno alla gestione dei dati.
Diversa nei Paesi europei è invece la preoccupazione quando si tratta di replicare i silos di dati esistenti in un ambiente cloud. Le realtà francesi sono le più preoccupate, con quasi otto intervistati su dieci timorosi al riguardo, poco meno di sette su dieci sono le organizzazioni tedesche. Regno Unito e Spagna esprimono livelli di preoccupazione leggermente inferiori, rispettivamente 60% e 56%. Meno della metà (45%) delle aziende italiane invece si dichiara preoccupata dalla replica dei dati sul cloud.
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