“La scarsa conoscenza delle discipline Stem e delle opportunità educative e professionali in questo ambito continuano a determinare una scarsa affluenza verso percorsi tecnico-scientifici nel nostro Paese”, è il primo rilievo di Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Central-Mediterranean, a fronte dei numeri del position paper R-Evolution Stem, le Competenze Tecnico-scientifiche per il Futuro del Lavoro realizzato nell’ambito dell’Osservatorio Stem e promosso da Fondazione Deloitte e dal Programma di Politiche Pubbliche della stessa azienda.
Lo studio fa emergere la persistenza di barriere di genere e socioeconomiche che precludono gli studi o le carriere in questo ambito, in particolare delle donne, con la relativa perdita di un’opportunità per il progresso sociale e per la crescita economica di tutto il sistema Paese. Il contesto dello studio è conosciuto. Le competenze Stem sono sempre più importanti per affrontare le grandi sfide globali ma in Italia il numero di iscritti a corsi di laurea scientifico-tecnologici (in inglese Science, Technology, Engineering and Maths, Stem appunto) non cresce: in dieci anni la percentuale di immatricolati Stem è salita solo di un punto percentuale. Non solo: sul totale degli iscritti a percorsi d’istruzione terziaria (università, istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e Its) le donne Stem sono appena il 10%.
Lo studio da una parte evidenza che la “consapevolezza” sull’importanza degli studi Stem è diffusa, ma… Solo quella. Sei giovani su dieci riconoscono che le conoscenze Stem rappresenteranno una risorsa cruciale per far avanzare il progresso scientifico e tecnologico. In particolare, uno studente su tre sottolinea l’importanza nel campo della scienza, salute e medicina (33%). Il 24% degli studenti ed il 23% fra i giovani occupati ne riconosce l’importanza per la decarbonizzazione e la transizione verde. Il 28% degli studenti e il 26% dei giovani occupati per l’economia circolare, la riduzione nell’utilizzo delle risorse e ottimizzazione dei cicli di consumo.
A fronte di queste consapevolezze però in Italia la percentuale di iscritti a corsi universitari Stem resta stazionaria: in dieci anni appena +1%, dal 26% al 27%. E rimane forte il gender gap: sul totale degli studenti solo il 10% delle donne si dedica a un percorso di istruzione terziaria Stem. Sei studenti su dieci provengono dai licei scientifici, e solo una quota minoritaria, il 13%, proviene da una formazione umanistica, ma è da notare anche che gli iscritti a percorsi di istruzione terziaria in informatica e tecnologie Ict, per esempio, provengono per il 47% da istituti tecnici.
Tra i freni alle scelte Stem c’è la difficoltà di questi studi (ben il 25% quando si intervistano gli universitari non-Stem), ma anche l’importanza della passione e dell’interesse soggettivo per la materia come criterio di scelta del percorso scolastico, sia per gli studenti (48%) sia per i giovani lavoratori (41%). Tra chi però si indirizza verso gli studi di questo tipo il 52% ed il 46% dei giovani occupati si ritiene molto o abbastanza soddisfatto del principale corso di studi intrapreso ma emerge la percezione di arretratezza dell’offerta formativa e dei percorsi erogati in Italia rispetto ad altri Paesi (24%). Una volta approdati nel mondo del lavoro prevalgono però anche i giudizi positivi: uno su due si ritiene molto o abbastanza soddisfatto. Anche se per quanto riguarda le opportunità lavorative in Italia, solamente il 34% degli occupati le ritiene molto o abbastanza competitive rispetto alla media europea. Se Stem è un semplice diploma poi il grado di fiducia si ferma al 26%.
Soddisfazione e flessibilità caratterizza i lavoratori Stem, perché i numeri evidenziano anche come un’educazione più avanzata produca una maggiore versatilità e discrezionalità nelle scelte lavorative. Restringendo l’orizzonte temporale, prevede cambiamenti professionali entro 12 mesi più della metà degli occupati con laurea Stem (53%) – rispetto al 47% proveniente da altre facoltà. Estendendo l’orizzonte temporale al medio periodo (3-5 anni), la quota di chi prevede cambiamenti professionali sale ulteriormente al 63%, mentre è al 56% per i laureati non Stem.
La ricerca infine evidenzia il gender gap negli studi Stem.
In Italia analizzando i dati dell’anno accademico 2021-2022 le donne rappresentano la maggioranza della popolazione universitaria (56%), ma nell’ambito Stem sono solo il 37% dato rimasto sostanzialmente invariato negli ultimi 10 anni.
Ad oggi le donne costituiscono il 58% del totale degli studenti in ambito scientifico e il 46% in architettura e ingegneria civile, mentre sono ancora una minoranza in ingegneria industriale e dell’informazione (23%), in informatica e tecnologie Ict (15%), un ambito che a sua volta è ancora più di “nicchia” (8% dei laureati Stem).
La componente femminile ottiene anche voti di laurea più alti – 104,2 su 110, rispetto al 102,3 degli uomini – ed è più regolare negli studi. Infine, secondo il 71% degli studenti rimangono stereotipi di genere che ostacolano la partecipazione delle donne ed un lavoratore su due afferma di aver assistito a discriminazioni di genere sul proprio luogo di lavoro. Tre le leve d’azione su cui sarebbe importante intervenire secondo Guido Borsani, presidente Fondazione Deloitte: “Universalizzare le Stem, favorendo un avvicinamento a queste discipline fin dall’infanzia; intervenire sulle barriere di genere e socio-economiche per garantire un equo accesso all’educazione e alle professioni; educare e aggiornare le competenze della forza lavoro attraverso la formazione continua”.
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