Il concetto di greenhushing emerge occi come una tendenza sempre più diffusa tra le aziende, specialmente tra le grandi imprese che operano a livello internazionale.
Si tratta di un fenomeno per cui le aziende scelgono intenzionalmente di non comunicare in modo trasparente i propri obiettivi e progressi in ambito Esg (Environmental, Social, Governance), per evitare accuse di greenwashing e i relativi possibili danni reputazionali. Un atteggiamento questo che se da una parte permette di “proteggere” il brand da un punto di vista, dall’altro comporta conseguenze importanti, tra cui la perdita di fiducia da parte degli stakeholder, minori opportunità di investimento e un freno al progresso della sostenibilità aziendale. Di fatto fare greenhushing è una forma per “chiamarsi fuori” dalle sfide green che, quando correttamente indirizzate, non espongono le aziende se non al riscontro oggettivo delle verifiche e portano invece ulteriori opportunità di business
Il silenzio sugli sforzi per gli obiettivi Esg
Secondo il Transparency Index 2024, realizzato da Connected Impact in collaborazione con Ringer Sciences, il greenhushing è in forte crescita tra le principali aziende pubbliche e private. Il 58% delle imprese campione (scelto tra aziende UK e Usa) decide di non promuovere attivamente i propri obiettivi Esg, riducendo la trasparenza sulle proprie politiche ambientali e sociali. A muovere i board in questa direzione vi sarebbe da una parte il contesto normativo sempre più rigido, per cui le aziende temono che una comunicazione errata o esagerata possa esporle a critiche o sanzioni, ma anche l’attenzione crescente dei consumatori verso l’autenticità e la coerenza delle strategie Esg, che spinge le imprese a evitare dichiarazioni pubbliche che potrebbero essere messe in discussione ed infine la severità stessa delle regolamentazioni.
La Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd) e altre normative europee richiedono una rendicontazione più accurata e verificabile delle azioni di sostenibilità, rendendo più rischioso esagerare o fornire informazioni imprecise. A livello globale, anche la Green Claims Directive stabilisce nuove regole per evitare dichiarazioni ambientali vaghe o infondate. Tutti controlli che spingono le aziende a ridurre al minimo la comunicazione sui propri progressi Esg, per paura di non soddisfare i criteri richiesti e incorrere in sanzioni. Mentre per quanto riguarda la sensibilità dei clienti, ecco che se un’azienda enfatizza il proprio impegno senza risultati misurabili, rischia di perdere credibilità e fiducia e le imprese preferiscono optare per la discrezione, evitando di esporsi a critiche e polemiche sui social media e nei media tradizionali.
Ma c’è un ulteriore problema, quello relativo alle competenze. A fronte della carenza di conoscenze specifiche in materia Esg all’interno delle aziende, molte imprese evitano di comunicare i loro progressi in ambito sostenibilità perché non disporrebbero internamente delle competenze adeguate per farlo in modo chiaro, coerente e basato su dati scientificamente validi. A eventuali contestazioni, quindi, non ci sarebbe internamente alle organizzazioni qualcuno in grado di ribattere.
Greenhushing, il rischio di perdere opportunità di business
Approfondire solo di un po’ i numeri porta ad altre riflessioni. Oltre al 58% delle aziende che sceglie di non comunicare gli impegni Esg, bisogna fare i conti anche con il 64% dei consumatori però che preferisce acquistare da aziende percepite come trasparenti – per cui la mancanza di comunicazione Esg potrebbe tradursi in una perdita di clienti – e con l’85% degli investitori che ritiene che le aziende con forti politiche Esg garantiscano rendimenti migliori – per cui le imprese che scelgono di rimanere in silenzio rischiano quindi di perdere importanti opportunità di finanziamento.
Evitare di comunicare i progressi in ambito Esg può sembrare una strategia di riduzione del rischio, ma in realtà danneggia la competitività aziendale. Secondo le stime di Bloomberg, gli asset Esg supereranno i 40mila miliardi di dollari entro il 2030. Inoltre, uno studio Sustainability Perceptions Index di Brand Finance rimarca come i grandi brand stiano perdendo miliardi di dollari di valore perché non comunicano in modo efficace i loro sforzi di sostenibilità. La mancata condivisione delle iniziative Esg può portare i consumatori a percepire l’azienda come meno affidabile o meno impegnata rispetto ai competitor che invece adottano una comunicazione più chiara e trasparente.
Uno degli effetti più problematici del greenhushing è la limitazione della condivisione di best practice tra aziende. L’assenza di trasparenza impedisce lo sviluppo di un dialogo costruttivo tra imprese, enti regolatori e consumatori, rallentando il progresso della sostenibilità in tutto il settore. “Il greenhushing soffoca la diffusione della conoscenza e impedisce alle aziende di imparare dai successi e dalle sfide affrontate dai competitor” – commenta Ada Rosa Balzan, Ceo di Arb Sb –. E se la sostenibilità è davvero in continua evoluzione, la collaborazione tra imprese è fondamentale per identificare soluzioni innovative e migliorare l’impatto ambientale e sociale delle attività.
Sul tema Arb Sb propone un decalogo alle aziende, una sorta di framework di “10 C” da tenere presente per indirizzare l’azione. Lo riprendiamo: comunicare solo azioni realmente intraprese dall’azienda (concretezza); assicurarsi che il comportamento aziendale rispecchi i principi di sostenibilità dichiarati (coerenza); utilizzare basi scientifiche solide per supportare le dichiarazioni Esg (consapevolezza); affidarsi a certificazioni di enti terzi per garantire credibilità (certificazioni); usare un linguaggio semplice e accessibile per tutti gli stakeholder (chiarezza); promuovere la cultura della sostenibilità a livello aziendale e verso l’esterno (cultura); diffondere le best practice e i risultati con trasparenza (condivisione); garantire che il team abbia le conoscenze necessarie in materia Esg (competenze); creare un organo interno dedicato alle strategie Esg (comitato); prima fare, poi comunicare, per evitare il rischio di greenwashing (comunicare).
Un nuovo equilibrio
Il Transparency Index 2024 evidenzia in ultimo un dato interessante: le aziende più trasparenti ottengono maggior fiducia da parte di investitori e consumatori. Alcune grandi imprese, come Pfizer e Lloyds Banking Group, si distinguono per la chiarezza con cui comunicano le proprie strategie Esg. Pfizer, ad esempio, pubblica il 76,9% delle informazioni relative alle emissioni, permettendo agli stakeholder di valutare con precisione i progressi e le sfide aziendali in ambito ambientale. Al contrario, le imprese che praticano il greenhushing rischiano di essere percepite come opache e poco affidabili, con un impatto negativo sulla reputazione e sulle opportunità di business. La trasparenza non solo aiuta a costruire fiducia, ma permette anche alle aziende di differenziarsi positivamente in un mercato sempre più attento alla sostenibilità.
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