Il rapporto sullo Stato di Digitalizzazione dei comuni Italiani con la Mappa dei comuni digitali 2025 è realizzato dal dipartimento per la Trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in collaborazione con Anci, e costituisce la prima analisi sistemica e documentata dello stato della digitalizzazione nei comuni italiani. E’ frutto di un doppio livello di osservazione che integra i dati sulla partecipazione agli Avvisi del Pnrr tramite la piattaforma PA digitale 2026. con i risultati di un questionario somministrato a circa la metà dei comuni italiani. Il documento si propone non solo di fotografare l’attuale livello di maturità digitale della pubblica amministrazione locale, ma anche di indicare le linee di sviluppo future su cui concentrare investimenti e formazione.

Come spiega Alessio Butti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’innovazione, in occasione della presentazione, il rapporto testimonia i risultati raggiunti dal sistema pubblico locale nel rispondere agli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: “Sono stati centrati tutti gli obiettivi Pnrr sul digitale, e questo sta portando effetti concreti per migliorare l’efficienza amministrativa e la qualità dei servizi verso i cittadini”, mentre Gaetano Manfredi, presidente di Anci e sindaco di Napoli rimarca che “la digitalizzazione è un potente motore di innovazione, che permette di avere una pubblica amministrazione più efficiente, trasparente e vicina alle esigenze di tutti i cittadini”. La pubblicazione del report si inserisce nel quadro dell’accordo istituzionale Dtd-Anci, siglato nel 2023, che ha portato tra l’altro alla nascita dell’Accademia dei comuni digitali. La rilevazione condotta tramite il questionario ha coinvolto 3.855 enti, pari al 49% dei comuni italiani e al 75% della popolazione, con una copertura pressoché totale dei grandi centri urbani.
I numeri su infrastrutture, connettività, sicurezza
Uno dei dati più rilevanti riguarda la migrazione al cloud. Il 96% dei comuni ha aderito agli Avvisi Pnrr per la migrazione in cloud, e il 70% ha già avviato la dismissione dei server locali. Un processo che però solo nel 23% dei casi, è già del tutto concluso. Il 68% dei comuni coinvolti ha invece completato la migrazione al cloud prevista e il 50% ha completato la fase di controlli tecnici e formali. Nello specifico si tratta di 3.577 progetti, per un valore totale di 270 milioni di euro. Dal punto di vista della sicurezza, il 50% dei comuni dispone di un sistema di disaster recovery e il 18% lo sta sviluppando. I backup sono effettuati in cloud o con soluzioni miste nell’82% dei casi.

Più dell’80% dei comuni afferma di non aver subito attacchi informatici dal 2023, mentre il phishing rimane la minaccia più diffusa (15%). Rilevante, perché merita una serie di riflessioni sullo “stato dell’arte” riguardo la consapevolezza, decisamente lontano come obiettivo, il fatto che il 10% del campione ha dichiarato di non essere in grado di indicare se siano avvenuti incidenti informatici con disservizi. Le disparità infrastrutturali si evidenziano soprattutto nella connettività: oltre il 50% dei comuni con più di 20mila abitanti dispone di connessioni con velocità maggiore o uguale a 100 Mbps, mentre nei comuni sotto i 5mila abitanti la percentuale si riduce drasticamente. Le linee di backup poi sono presenti in oltre l’80% dei comuni maggiori, ma solo nel 43% di quelli più piccoli.

Digitalizzazione dell’attività amministrativa
Sul fronte dei processi interni, il 75% dei comuni ha digitalizzato integralmente le determinazioni e le delibere. Tuttavia, la fascicolazione digitale sistematica è presente solo nel 25% degli enti, mentre il 30% non la utilizza affatto. Il 90% dei comuni ha integrato il sistema delle determinazioni con altri servizi (documentale, ragioneria, protocollo), mentre solo il 37% lo ha fatto con l’anagrafe, evidenziando un gap importante in termini di interoperabilità intersettoriale. L’adozione della firma digitale varia a seconda delle dimensioni: il 67% applica due firme per le delibere, ma nei piccoli comuni il 7% non utilizza alcuna firma digitale. Questo dato si accompagna a una gestione ancora parzialmente analogica nei contesti meno strutturati.

Anche nelle fasce demografiche superiori restano pratiche ridondanti: alcuni enti dichiarano l’apposizione di tre o più firme, rallentando potenzialmente i flussi decisionali.
Il 91% del campione scambia documenti con altri enti tramite Pec o protocollo informatico, mentre solo il 29% ha abbandonato del tutto la documentazione cartacea. La comunicazione amministrativa, sebbene in gran parte digitalizzata, resta dunque ancorata a modalità ibride in una larga parte del Paese. La consultazione condivisa del fascicolo tramite sistemi gestionali è ancora poco diffusa: solo il 9,9% dei comuni vi fa ricorso sistematico.
La Piattaforma Digitale Nazionale Dati (Pdnd) è stata adottata dal 90% dei comuni, con l’85% dei progetti già completati. L’integrazione con l’Archivio Nazionale dei registri di Stato Civile (Ansc) ha coinvolto il 92% degli enti. Questi due strumenti costituiscono i principali abilitatoti per l’interoperabilità tra enti e per la semplificazione amministrativa di medio periodo. Tuttavia, restano ampi margini di miglioramento nell’integrazione con basi dati esterne come Inps, utilizzata solo dal 7% per i servizi scolastici e dal 21% per quelli sociali. Per questo è ancora legittimo parlare di una PA locale non ancora in grado di dialogare in modo efficace, in digitale, con le realtà centrali dislocate sul territorio.

I dati confermano che il potenziale della Pdnd è ancora largamente inespresso sul versante della “fruizione” dei dati, a differenza di quanto avvenuto sul lato dell’erogazione. Ulteriori criticità emergono anche sulla riconciliazione automatica dei pagamenti tramite PagoPA: se il 67% dei comuni l’ha attivata per i tributi e il 61% per i servizi scolastici, solo il 28% la utilizza per i servizi sociali. Un ulteriore 16% dichiara di non aver attivato il processo per alcun servizio, segnale di un uso ancora incompleto di strumenti abilitanti già disponibili e finanziati.
Digitalizzazione dei servizi al cittadino
Per quanto riguarda i servizi digitali rivolti ai cittadini, oltre il 70% dei Comuni ha implementato Spid/Cie, PagoPA e AppIO. L’avviso Send per le notifiche digitali ha registrato l’adesione dell’88% dei comuni, mentre 6.579 enti hanno avviato la riprogettazione del sito istituzionale. La percentuale di completamento dei progetti Send è ancora in evoluzione, ma oltre 4.500 enti risultano già pronti per l’invio di notifiche digitali a valore legale. Nonostante questo, la digitalizzazione del back-office rimane lacunosa: solo un terzo dei comuni ha digitalizzato integralmente front e back office per servizi demografici, edilizi e scolastici. Il restante 40% ha digitalizzato solo il front-office, mentre tra il 21% e il 25% non ha ancora digitalizzato alcun aspetto dei servizi citati. Situazione ancora più critica per i servizi legati al patrimonio e al welfare, per i quali oltre la metà dei comuni dichiara l’assenza totale di digitalizzazione.
Il 73% dei pagamenti verso i comuni avviene online, dato che riflette l’efficacia della diffusione di PagoPA, ma altre tipologie di servizi mostrano tassi di utilizzo molto più bassi. In particolare, le prenotazioni online non sono previste nel 30% dei comuni e, laddove presenti, vengono utilizzate in modo limitato nel 45% dei casi. È quindi evidente una disomogeneità nell’accesso digitale ai servizi, spesso correlata alla mancanza di automazione nei processi amministrativi sottostanti.

Il 60% dei comuni ha attivato punti di supporto fisico per i cittadini, azione in linea con la misura 1.7.2 del Pnrr, ma solo il 12% ha promosso attività di formazione digitale e un ulteriore 19% le ha pianificate. Rimane quindi un 69% del campione che non ha ancora intrapreso iniziative formative, aspetto che rischia di ampliare il divario digitale tra cittadini. Si osserva inoltre che nei comuni dove tali attività sono presenti, il tasso di utilizzo dei servizi digitali è il doppio rispetto a quelli privi di azioni di accompagnamento.
La possibilità di consultare online lo stato dei procedimenti è disponibile nel 41% dei comuni, con una forte correlazione positiva rispetto alla dimensione demografica: si arriva all’84% nei comuni tra 100mila e 250mila abitanti. Sul piano delle comunicazioni istituzionali, il 10% dei comuni continua a utilizzare solo canali cartacei, mentre il 28% ha effettuato la transizione completa al digitale. Infine, l’Indice Nazionale dei Domicili Digitali (Inad), strumento introdotto nel 2023 per migliorare le comunicazioni con cittadini e imprese, è attualmente utilizzato dal 57% dei Comuni. Un ulteriore 23% ha dichiarato l’intenzione di adottarlo a breve, a conferma di una progressiva convergenza verso modelli di comunicazione più efficienti e certificabili
Governance e innovazione, le criticità
La governance Ict nei comuni del nostro Paese si basa prevalentemente su fornitori esterni (75%), mentre solo il 25% ha una gestione interna. Nei piccoli comuni la figura del Responsabile dei Sistemi Informativi (Rsi) ha spesso un profilo amministrativo (66%) e non tecnico. Solo l’8,5% dei comuni ha un Rtd (responsabile della transizione digitale) dedicato esclusivamente alla transizione digitale. E le risorse Ict risultano in molti casi insufficienti: nei grandi comuni poi, che in teoria potrebbero essere più “attrezzati” in competenze, circa un terzo delle posizioni previste è vacante. Dal punto di vista strategico, il 49% dei comuni considera la sicurezza informatica una priorità, mentre blockchain, smart room e intelligenza artificiale sono considerate ad oggi ancora poco rilevanti nella programmazione, anche in considerazione di bisogni di base digitali essenziali ancora non soddisfatti. In ogni caso, le principali barriere alla trasformazione digitale restano la carenza di risorse economiche e competenze interne, nonché la difficoltà a trattenere personale qualificato.

Il rapporto offre quindi complessivamente una fotografia nitida ma in divenire del sistema comunale italiano alle prese con la transizione digitale. I numeri confermano un impegno capillare da parte degli enti locali, rafforzato dagli strumenti del Pnrr e dalle piattaforme condivise offerte da PA digitale 2026. Tuttavia, emergono non poche criticità che richiedono ulteriori investimenti: la necessità di una piena digitalizzazione dei processi interni, una maggiore interoperabilità tra enti, e soprattutto la costruzione di una cultura organizzativa orientata all’innovazione.
La riuscita della transizione digitale nella PA, quella locale ma anche nel dialogo con quella centrale dipende non solo da infrastrutture e piattaforme ma dalla capacità di accompagnare il cambiamento attraverso formazione, governance e visione strategica. In questa direzione va letta la nascita dell’Accademia dei comuni digitali e la volontà del Dtd e di Anci di attivare un monitoraggio permanente che permetta di misurare con continuità l’evoluzione digitale del territorio nazionale.
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