Il nuovo ciclo di “Incontri con ……” avviato dal CDTI di Roma è iniziato il 21 febbraio con l’intervento dell’onorevole Enza Bruno Bossio che riassume, nel suo intervento, quanto fatto dai governi in tema digitale

Nel 2013 l’Italia versava in una situazione a dir poco drammatica, sotto il profilo delle infrastrutture e dello sviluppo digitale della pubblica amministrazione.

Per affrontare questo enorme “buco nero”, sono stati predisposti, nel marzo 2015 due Piani strategici da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi: il Piano della banda ultra larga e quello della crescita digitale.

Nel 2016 è stato varato il Piano Industria 4.0, mentre nel 2017, il Presidente Gentiloni ha firmato il Piano triennale per l’informatica.

E’ stato così possibile avviare un Piano complessivo in grado di far recuperare posizioni al nostro Paese.

Se è vero, che nell’indice digitale (Desi) del 2018 l’Italia conferma una non lusinghiera venticinquesima posizione in Europa (su 28) è altrettanto vero, come dimostrano i report della Commissione europea che, per l’indicatore relativo alla copertura in fibra ottica, siamo passati dal ventitreesimo posto del 2013 al tredicesimo del 2017.

In questi cinque anni è stato dato un forte impulso e nuova mission all’Agid, e con l’istituzione del Team digitale e del Commissario straordinario, sono stati affrontati, in termini innovativi, questioni annose e non risolte come (tra le altre) l’anagrafe unica dei comuni, la nuova riforma del codice dell’amministrazione digitale, il rafforzamento del ruolo del responsabile della transizione digitale, e sono state realizzate piattaforme abilitanti quali lo Spid e Pagoda.

Le iniziative di governo hanno trovato confronto e migliorie dagli organi parlamentari come la  Commissione d’inchiesta sul digitale della PA (strumento che abbiamo riproposto anche in questa legislatura ma ancora giacente), oltre che dal ruolo svolto dall’intergruppo sul digitale, che ha visto un lavoro comune di tutti i gruppi parlamentari.

Quello del digitale non è più dunque un segmento produttivo ma rappresenta l’elemento fondante  dello sviluppo del Paese! 

Siamo, oggi, di fronte ad una quarta rivoluzione industriale legata all’impiego massivo delle tecnologie digitali nei processi manifatturieri, collegata, alla pervasività dei dati, che, grazie alle accresciute capacità computazionali, sono sempre più in grado di trasformarsi in informazione, fino a diventare motore di innovazione e fonte di crescita per le economie e le società.  

Dentro questo quadro si colloca anche lo sviluppo dell’Agenda Digitale Europea e di quella italiana.

All’interno dell’Agenda Digitale Europea un altro impegno importante l’Italia lo ha preso il 6 ottobre 2017, quando ha sottoscritto, insieme agli altri 31 Paesi UE, la Dichiarazione di Tallinn sull’eGovernment.

Da qui è scaturita la pre-notifica dell’Italia alla Commissione Europea del Sistema Pubblico di Identità Digitale (Spid).

Una volta completato il processo di notifica, i cittadini italiani (e le imprese) avranno la possibilità di utilizzare le proprie credenziali Spid per accedere online a servizi forniti da PA in qualsiasi paese della UE.

Una nuova industria del futuro – l’analitica dei Big Data – sta trasformando non solo la manifattura, ma i più svariati settori di attività dall’agricoltura al turismo, dalla mobilità alla sanità. I confini fra manifattura, servizi e settori si fanno sempre più labili verso un’unica industria interconnessa, nella quale il digitale diventa fattore trasversale abilitante dell’economia e allo stesso tempo una economia di per sè.

La raccolta e l’analisi dei dati rappresenta, dunque, il centro di questa quarta rivoluzione, in quanto rende i processi più veloci, più flessibili e più efficienti per produrre beni di qualità superiore a costi ridotti. Ciò, a sua volta, consente il miglioramento dell’economia, favorendo la crescita industriale, modificando il profilo della forza lavoro e cambiando la competitività delle imprese.

Occorre adesso continuare sulla strada degli investimenti previsti dal piano Impresa 4.0 del 2016, concentrando le risorse sulle misure che non rinnovino solo il parco macchine ma che incidano sul cambio di modello di business, indirizzando gli strumenti di incentivazione sempre più verso ricerca e sviluppo, verso il credito d’imposta sulla formazione digitale, verso le tecnologie abilitanti, in particolare blockchain e intelligenza artificiale.

Le Pmi italiane sono confuse perché non hanno ancora ben chiaro cosa sia l’intelligenza artificiale né quali ne siano i vantaggi. Indietro perché solo il 12% delle aziende ha portato a regime un progetto di intelligenza artificiale, una su due sta per farlo e il 31% ha in corso progetti pilota.

Nel prossimo futuro mancheranno ben 5 milioni di posti di lavoro. “Attualmente l’Italia è intrappolata in un basso livello di competenze generalizzato: la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una debole domanda da parte delle imprese”. È questa l’amara conclusione del rapporto Ocse Strategia per le competenze sull’Italia. Un circolo vizioso in cui la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una debole domanda.

Solo il 2,5% del personale complessivamente impiegato in Italia è rappresentato da specialisti nel settore ICT (un terzo in meno della media europea) e solo lo 0,16% da data specialist – figura chiave per questo lo sviluppo dell’Industria 4.0.

Affrontare il tema delle competenze è dunque strategico sia per la PA che per le imprese anche in vista dei futuri scenari legati alla connettività 5G che renderanno ancora più fondamentali la tematica della cybersecurity e della tutela della Privacy (con l’introduzione del Gdpr).

Parola ai partecipanti del primo appuntamento “Incontri con…”

Fabrizio Giacomelli, considerando la grande rilevanza della ricerca per il Paese e per le imprese, chiede cosa CDTI e imprenditori possano fare per aiutare la politica a rafforzare e prorogare oltre il 2020 l’importante legge sul credito di imposta per ricerca e sviluppo.

Alfonso Molina sollecita la creazione di un approccio di “sistema”, capace di svolgere un ruolo più attivo a livello europeo per sostenere con maggior forza le candidature di progetti di innovazione di enti di ricerca e di imprese italiane.

Gianni Orlandi, premesse le assolute valenze assicurate da banda larga, intelligenza artificiale, 5G e e-health, evidenzia una serie di preoccupazioni: circa i possibili esuberi di personale TIM derivanti dall’ eventuale condivisione con Open Fiber di un’unica rete; circa il rischio di esagerazioni sulle potenzialità attuali dell’intelligenza artificiale; circa, i possibili problemi legati con il 5G alla installazione delle numerose antenne nelle microcellule e circa i gravi ritardi italiani sull’e-health.

Enrico Luciani chiede se il governo prenderà finalmente atto delle osservazione di Bruxelles sulla legge degli appalti e adeguerà il codice (limite del 30%, subappalto di subappalto, impossibilità di subappaltare se perdi la gara cui hai partecipato….).

Gilberto Avenali ricorda poi come le PMI soffrano questo codice degli appalti, citando, quale esempio, l’azienda che per un ritardo di alcuni giorni nello svolgere una procedura amministrativa presso il Centro per l’Impiego ha pagato, come sanzione, 40 euro al giorno per ciascun giorno di ritardo, venendo contemporaneamente esclusa dalla Consip da una gara di 5 milioni di euro, con una contraddizione clamorosa tra la modesta sanzione giuslavoristica da un lato e quella sancita dal codice degli appalti dall’altro. Fatti simili non capitano alle grandi multinazionali, ma solo alle PMI, le quali ne vengono conseguentemente danneggiate. Sostiene inoltre che è stata una scelta politica l’aver indirizzato Consip verso gare enormi, “grandi contenitori” (SPC; SGI; AQ applicativi, AQ sistemistico, etc..), riservate a poche grandissime aziende, testimonianza evidente di una domanda pubblica dannosa per le PMI.

Elisabetta Zuanelli chiede se sulla base delle constatazioni ripetute da più fonti della sottoacculturazione digitale della classe politica responsabile negli ambiti parlamentari specifici di norme nazionali ed europee; del management pubblico, in particolare, in considerazione dell’assenza di politiche centrali di alta formazione manageriale per la trasformazione digitale in atto, nei recenti governi (con la chiusura dal 2014 delle scuole di formazione delle diverse amministrazioni e la SSPA trasformata in SNA); considerato che le proposte di gara delle amministrazioni e i relativi capitolati vengono da queste redatte con un tasso di visione digitale corrispondente alla competenza e inoltrate così a Consip, quale sia una soluzione adeguata a creare un sistema complessivo di competenze digitali efficace per la definizione di un’economia digitale nazionale produttiva.
La professoressa chiede poi se in considerazione della pressione europea su tematiche di sviluppo digitale quali, ad esempio, la blockchain e l’intelligenza artificiale, ambiti che non corrispondono a tecnologie diffuse ma a tool tecnologici specifici o affatto realizzati, comunque oggetto di pressioni di un mercato totalmente gestito dalle Over the top, come ritiene si debba promuovere un mercato anche nazionale di R&D e di soluzioni digitali innovative nelle gare pubbliche, occupate dalle multinazionali in maniera totalizzante. Forse stabilendo un rapporto di accesso 60 a 40 a favore delle Pmi?

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