Formula originale quella scelta per l’evento virtuale Red Hat Forum Emea con 14 percorsi diversi, ognuno per ogni Paese, in dieci lingue diverse, oltre ai consueti momenti “comuni” scanditi dal keynote di Werner Knoblich Svp e GM Red Hat Emea. Il momento di incontro tra partner, clienti (oltre 40 gli ospiti con le loro specifiche case) e addetti ai lavori, cade in un momento particolare che vede le aziende accelerare i propri percorsi di trasformazione digitale, consapevoli dell’urgenza di mettere a terra progetti pensati con roadmap molto più dilatate.
Red Hat individua tre driver principali che guidano i progetti di DT in atto oggi, anche in relazione alle priorità dettate dall’emergenza: l’attenzione verso il “digital customer“, la costituzione della “digital enterprise” e il bisogno di assicurare l’efficienza alla “forza lavoro digitale“, cui corrispondono altrettante sfide per l’IT. Tra queste l’ottimizzazione dell’infrastruttura e dei costi possibile attraverso la scelta di ambienti hybrid cloud, la capacità di erogare in velocità nuovi servizi per i clienti accelerando lo sviluppo di applicazioni cloud native ed infine la possibilità di assicurarsi elevata efficienza e sicurezza automatizzando i sistemi di gestione infrastrutturale e delle applicazioni.
Red Hat opera in questi ambiti con oltre un milione di progetti a livello globale, come enterprise software company, con un modello di sviluppo applicativo puramente open source, facendo leva sulle competenze di oltre 16mila dipendenti, in 40 Paesi, e serve oggi il 90% delle aziende Fortune 500…“in un percorso che nel tempo ci ha portato prima ad esplorare le opportunità offerte dal digitale, poi ad utilizzarlo, ma ora ci porta a far diventare digitali i processi per far diventare “digitali” le aziende” – esordisce Knoblich – Red Hat resta convinta che “la modalità più virtuosa per approcciare le sfide sia attraverso l’approccio “open” che contraddistingue la strategia, permea l’azienda, e permette effettivamente di sbloccare in tempi rapidi il potenziale innovativo”.
L’acquisizione da parte di Ibm, oramai circa un anno e mezzo fa (chiusa a luglio 2019) ha portato Red Hat che poggia il suo modello di business sull’open source, da 3 miliardi di dollari di fatturato, a continuare a crescere ma “senza rinunciare alla propria vision e operando in modo neutrale ed indipendente all’interno di un ampio ecosistema anche con aziende competitor di Ibm nel cloud come Microsoft, Amazon, Google, Hpe, Dell technologies“. La neutralità rimane quindi un elemento fondativo della proposizione, così come resta un elemento strategico di Red Hat da preservare, anche per Ibm, proprio per indirizzare le tre sfide IT individuate (ottimizzazione infrastrutturale, sviluppo rapido di servizi e applicazioni ed efficienza grazie all’automazione).
“Nello scenario di cloud ibrido che, pur sulla base delle diverse scelte che ogni azienda è chiamata a compiere, resta per Red Hat il modello ideale – prosegue Knoblich – spetta ai Cio trovare la formula adeguata alla propria realtà, con la consapevolezza che nello sviluppo, alla base delle applicazioni native per il cloud, dei microservizi e delle architetture containerizzate, Linux resta elemento cardine centrale e abilitante su cui Red Hat lavora da oltre 25 anni. Lo è anche di più con l’estensione della digitalizzazione all’edge.
Semplificare il multicloud
Le preferenze riguardo un approccio al cloud ibrido in Emea sono documentate (vedi immagine sotto) ed evidenziano che se già oggi il cloud non è escludibile nelle scelte di digitalizzazione, una scelta multicloud su più piattaforme cloud contraddistinguerà le preferenze di oltre il 64% delle aziende da qui ai prossimi mesi. La proposta di Red Hat OpenShift come livello di astrazione dell’infrastruttura sottostante è quindi da considerare il cardine per abilitare l’efficienza delle infrastrutture cloud, eliminando le frizioni nell’utilizzo dei servizi da parte dei diversi fornitori.
Di fatto Red Hat OpenShift si qualifica come piattaforma PaaS per applicazioni cloud in grado di automatizzare hosting, configurazione, implementazione e amministrazione degli stack di applicazioni in un ambiente cloud flessibile; più concretamente si propone come piattaforma container, basata su Kubernetes, in grado di offrire operazioni automatizzate in tutto lo stack per gestire deployment di cloud ibridi e multicloud e ottimizzato per incrementare così la produttività degli sviluppatori.
Per quanto riguarda invece le sfide legato allo sviluppo di nuove applicazioni e servizi, Red Hat cerca di interpretare l’accelerazione verso lo sviluppo di applicazioni native in cloud containerizzate. Si prevede che da qui a 12 mesi per il 63% delle aziende che operano in cloud oltre il 40% delle loro applicazioni sarà containerizzato, mentre oggi la percentuale di aziende già in questa fase è appena il 30%. In questo ambito OpenShift offre quella continuità operativa necessaria alle realtà che prevedono l’utilizzo di applicazioni basate su VM come containerizzate.
Il bilancio di una serie di scommesse compiute per tempo – tra cui indubbiamente gli investimenti per quanto riguarda lo sviluppo delle piattaforme per la gestione delle applicazioni containerizzati – ha portato a Red Hat vantaggi che ora il mercato effettivamente riconosce. Per esempio, tra le ultime funzionalità di rilievo la possibilità di eseguire macchine virtuali e container fianco a fianco, sulla stessa piattaforma gestita con la stessa tecnologia dallo stesso team.
Diversi i casi d’uso in cui questo approccio si rivela differenziante, per esempio per i progetti all’edge, con il 5G in cui le piattaforme a container mostrano i vantaggi di un’agilità non indirizzabile semplicemente con una struttura virtualizzata.
In questi casi, quando cioè la container platform è chiamata a lavorare con risorse bare metal ma sono presenti applicazioni che possono essere eseguite solo nelle macchine virtuali, è possibile operare sfruttando OpenShift e disporre di una distribuzione bare metal su edge, con applicazioni in una VM o nei container in esecuzione fianco a fianco. Forrester stessa riconosce il valore della proposizione e l’approccio Red Hat sulle tecnologie cloud native funzionali a creare nuove esperienze software e modernizzare quelle esistenti su larga scala e nel cloud.
Ultimo ma non meno importante resta la sfida relativa al bisogno di automatizzare la gestione di infrastrutture la cui complessità va senza dubbio crescendo, è un ambito questo in cui si sono rivelate particolarmente vantaggiose le sinergie con Ibm, da cui Red Hat ha attinto le competenze di oltre 100 ingegneri che già lavoravano su questi progetti e ora operano come dipendenti Red Hat.
Red Hat, gli annunci recenti
Si inseriscono in questo scenario gli ultimi annunci Red Hat. Nel corso del mese l’azienda ha annunciato Red Hat Advanced Cluster Management per Kubernetes, tra le tecnologie di gestione IT progettate per il cloud ibrido. Serve per aiutare le organizzazioni ad estendere e scalare ulteriormente l’utilizzo di Red Hat OpenShift in ambienti ibridi e multicloud, consentendo loro di gestire più cluster Kubernetes e distribuire applicazioni multi-cluster su cloud ibridi, garantendo al contempo policy e governance.
Questo qualifica ulteriormente i benefici Red Hat OpenShift come piattaforma scalabile basata su Kubernetes. Red Hat Advanced Cluster Management per Kubernetes infatti amplia ulteriormente ciò che le organizzazioni possono fare con Red Hat OpenShift grazie all’aggiunta di innovative funzionalità di gestione realizzate appositamente per le realtà native del cloud.
In pratica la soluzione aiuta ad eliminare le barriere alla gestione nativa del cloud in ambiente ibrido, proponendosi come un’unica console per amministrare i cluster di Kubernetes – da Red Hat OpenShift distribuito on-prem e nel public cloud, fino ai cluster di fornitori di cloud pubblici come Amazon Web Services, Google Cloud, Ibm e Microsoft Azure. E dal datacenter all’edge la soluzione consente di scalare le applicazioni native del cloud dallo sviluppo alla produzione attraverso il cloud ibrido, mantenendo un unico punto di controllo per la gestione.
Di recente il vendor ha inoltre annunciato l’ultima versione della piattaforma di automazione Red Hat Ansible Automation Platform con Red Hat Certified Ansible Content Collections, un catalogo di servizi, e Private Automation Hub. Ansible Automation Hub è un servizio gestito in cloud che fornisce un facile accesso ai contenuti Ansible certificati. Private Automation Hub offre ai team che lavorano all’automazione nelle aziende la possibilità di gestire i loro contenuti Ansible in autonomia, in un contesto in cui i responsabili IT chiedono sempre di più la capacità di garantire la sicurezza e la gestibilità dei contenuti.
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