Gli effetti della pandemia e di un anno economicamente complesso per le imprese si ripercuotono con forza anche nel settore dell’M&A italiano. L’emergenza globale rallenta le operazioni finanziarie determinando una forte contrazione soprattutto nella fase iniziale della crisi, con investimenti a livelli preoccupanti. Non mancano tuttavia segnali di ripresa che incoraggiano il mercato e preannunciano una ripartenza.
È quanto emerge dall’ultima ricerca di EY sui trend di investimento in Italia nel 2020, e in prospettiva sul 2021, che analizza sia le operazioni di merger & acquisition nelle aziende sia gli investimenti istituzionali nel settore immobiliare, il commercial real estate.
M&A, ferme nel 2020 ma pronte a ripartire
Le imprese italiane, impegnate ad affrontare l’emergenza sanitaria, si concentrano inizialmente sul controllo della liquidità, sulla gestione dei rapporti di fornitura e sulle procedure per la gestione dello smart working, posticipando le operazioni più strategiche di M&A. Lo stesso vale per i fondi di private equity che, focalizzati sulle portfolio companies per renderle più resilienti nel periodo di transizione, rimandano i piani di acquisizione e interrompono negoziazioni e processi di cessione in corso nei primi mesi del 2020.
Nel corso del primo lockdown, l’attività di M&A subisce dunque nel nostro Paese un’immediata battuta d’arresto, registrando nel primo semestre del 2020 il valore aggregato delle acquisizioni più basso dalla crisi del 2008, pari a circa 16,6 miliardi di euro per 219 deal. Da luglio in poi si assiste però ad una progressiva e significativa ripresa, con operazioni anche di grandi dimensioni. Nella seconda metà del 2020 si registrano infatti ben 300 transazioni con target italiane, per un valore aggregato di circa 22,4 miliardi di euro. Trend che porta gli investimenti dell’intero anno a circa 48 miliardi di euro, valore in linea con il 2019, sempre comprese le operazioni di M&A che di commercial real estate.
Per la componente M&A, EY stima il volume investito in Italia in 39 miliardi di euro, in crescita del 6% rispetto al 2019, trainato da poche grandi operazioni di valore superiore al miliardo di euro. Se si considera invece il solo mid market, la riduzione dell’ammontare transato nel 2020 è del -24,8% anno su anno. Nel commercial real estate, la riduzione di investimento è decisa, con un -25% sul 2019 – anno che registrava però cifre record nel nostro Paese – e più in linea invece con l’andamento degli anni precedenti.
Settori, penalizzati e favoriti
Il calo delle transazioni nel 2020 è trasversale a tutti i mercati ma impatta soprattutto i settori tipici del made in Italy, più penalizzati dall’effetto delle restrizioni anti-Covid e dal clima di sfiducia di consumatori e imprese. Tra questi, il retail, i beni di consumo non alimentari, i prodotti e macchinari industriali. Altrettanto impattati i comparti trasporti, outdoor, tempo libero e costruzioni, per cui le imprese risultano meno appetibili per investitori strategici e finanziari.
Il settore più performante risulta invece quello dei servizi finanziari, che registra un valore aggregato di acquisizioni pari a 13,7 miliardi di euro, trainato dalla fusione di Ubi Banca in Intesa Sanpaolo, che diventa così il settimo gruppo bancario dell’Eurozona per fatturato e il terzo per capitalizzazione di Borsa.
Il private equity si conferma un attore fondamentale per l’M&A in Italia, avendo realizzato circa il 35% delle transazioni nell’anno. I fondi, soprattutto esteri, concludono nel 2020 circa 117 operazioni di buy-out su target italiane per un valore aggregato di 10 miliardi di euro, cifra che nonostante l’impatto del Covid-19 si conferma in linea con la media del periodo 2015-2019. Gli investimenti si concentrano nei settori più difensivi e resilienti alla crisi, quali infrastrutture digitali e fisiche, energia, farmaceutico, healthcare, agroalimentare, packaging.
In particolare, il settore food & beverage rimane uno dei comparti più attrattivi per gli investimenti nazionali e internazionali, nonostante il periodo di lockdown. Grazie ad una crescita dei consumi, sia a volume sia a valore, degli alimentari e dei servizi di food delivery, anche a doppia cifra, gli investimenti continuato e i player più attivi rimangono quelli nazionali. Il mondo Horeca, come evidente, è al contrario un segmento negativamente impattato dal lockdown e dallo sviluppo di nuovi modelli comportamentali dei consumatori, destinati a persistere anche nel medio termine.
Un altro nuova asset class di investimento, nel mirino dei fondi di private equity per le sue potenzialità, sono le squadre professionistiche di calcio. Un mondo che, seppure fortemente impattato dalle misure di contenimento e da tensioni finanziarie nel sistema dovute al raffreddamento del trading player e della riduzione di incassi da ticket, vede crescere l’interesse dell’attività di M&A.
2021, leve per la ripartenza
Guardando al futuro, EY stima per l’Italia una modesta ripresa del pil (5%-5,5%), trainata dal recupero dei consumi domestici ma penalizzata dalla dipendenza dai flussi di commercio internazionale e dal peso del debito pubblico.
L’emergenza sanitaria impatta sulla patrimonializzazione delle imprese e determina una scarsità di asset in vendita sul mercato, che lasciano le società di molti settori prudenti anche nel 2021. Tuttavia, le esigenze di ricapitalizzazione e finanziamento offrono nuove opportunità per i fondi di private equity, anche tramite soluzioni di investimento più complesse rispetto al passato. Molti gruppi guardano infatti con interesse all’attività M&A come strumento per ridefinire i business model, anche in termini di strategia digitale, capacità produttiva e supply chain.
I principali driver dell’attività M&A per il 2021 sono rappresentati da un’ampia liquidità disponibile nel sistema che bisogna rimettere in circolo. In questo contesto, sottolinea EY, è necessaria un’azione di supporto diretta e indiretta da parte del Governo, con strumenti finalizzati a rafforzare la liquidità delle aziende. Il patrimonio Rilancio promosso dal Mes e il Fondo nuove competenze possono rappresentare un’opportunità e la disponibilità di risorse dal Recovery Fund agevolare il processo di trasformazione e modernizzazione del Sistema Italia.
“Nel 2021 il mercato sarà caratterizzato da spinte contrapposte, tra acquirenti e venditori, con molti punti interrogativi sulla solidità della pipeline di nuove operazioni – spiega Marco Daviddi, Mediterranean leader dell’area strategy and transactions di EY -. L’effetto combinato di riduzione di ricavi e di crescente indebitamento pone in maniera forte il tema della solidità patrimoniale delle imprese, già caratterizzate storicamente nel nostro Paese da dimensione contenuta e limitata disponibilità di capitale. Tutto questo in un contesto che rende ancora più urgenti interventi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, specie per quanto riguarda canali di vendita, supply chain e processi di re-skilling del personale. I fondi potranno avere un ruolo determinante se saranno in grado di strutturare operazioni più complesse rispetto al passato e ci aspettiamo anche una sensibile ripresa della raccolta di capitali sui mercati regolamentati”, conclude.
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