La resilienza è oggi indispensabile per permettere al business di crescere ed in futuro lo sarà sempre di più per consentire alle organizzazioni la prosecuzione delle attività. E l’accelerazione verso il digitale è un trend destinato ad essere confermato anche al termine del periodo di criticità attuale.

La digitalizzazione in corso non riguarda ovviamente solo l’utilizzo delle tecnologie e dei processi per abilitare il lavoro remoto, ma anche e soprattutto l’adozione di piattaforme sempre più pervasive per sostenere le attività di e-commerce, per la dematerializzazione dei processi funzionali, e l’adozione di tecnologie IoT direttamente sulle linee di produzione. E’ su questa macroanalisi di contesto che si inserisce il confronto sui temi con Michele Porcu, Senior Director, Strategy and Transformation – Europe South & CIS, Oracle. “La digitalizzazione – esordisce Porcuè l’elemento cardine, fondamentale, per rendere flessibili i modelli di business e fare in modo che siano riconfigurabili all’occorrenza, al cambiamento del contesto. Con un primo rilievo fondamentale: il business digital oltre ad avere un ‘prezzo’ più competitivo è di sicuro più resiliente”.

Gli ostacoli alla resilienza

Tra i temi che possono ostacolare la transizione digitale, la mancanza di resilienza è forse il più evidente e critico. “Parliamo di un combinato disposto di technology gap (di elementi tecnologici intrinsecamente “vecchi” e legacy) inquadrabili in tre macroaree: in primis l’obsolescenza dei sistemi, siano essi asset fisici o software (1). Proprio riguardo ai software riscontriamo come nelle aziende e nelle PA siano ancora operative applicazioni non più supportate, non aggiornate, per le quali non sono più disponibili patch o non sono applicati i necessari update e proprio per questo sono vulnerabili esponendo le aziende che le utilizzano ad elevati rischi per la sicurezza”. Il livello di modernizzazione dei datacenter della maggior parte delle realtà aziendali italiane è poi molto basso (2). “Questi datacenter mancano spesso nell’adozione delle nuove feature, e dei nuovi paradigmi tecnologici e la gestione nell’evoluzione del ciclo di vita del software è del tutto tradizionale ed inibisce l’introduzione di nuove funzioni e patch”. Il livello di automazione delle operation e nei software a supporto dei processi di business resta quindi basso, mentre proprio l’automazione è invece un pilastro alla base della transizione digitale, a fronte di processi manuali costosi e tipicamente fallaci. “Ultimo, ma non per questo meno importante il debito tecnologico è rappresentato anche dall’assenza di feature di protezione e sicurezza nella gestione delle basi di dati, e da una scarsa presenza di capability per quanto riguarda la business continuity e l’effettiva capacità di disaster recovery” (3). Le procedure magari esistono, sulla carta, ma spesso non funzionano. Ecco, in queste aree è pesante il debito tecnologico delle aziende e rappresenta la barriera alla resilienza dei sistemi che nell’ambito della digital transformation è invece un elemento fondamentale. “Il tema è parte integrante del rischio operativo, strategico e funzionale delle aziende, travalica quindi le responsabilità del dipartimento IT e richiede un’assunzione di responsabilità di chi in azienda si occupa di governance, tout court”. 

Oracle, il cloud modello di resilienza

Oracle come strategia per migliorare la resilienza dei sistemi informativi vede adottate dalle aziende diverse linee di approccio. Spiega Porcu: “Alcune aziende scelgono semplicemente una strategia “fix the basics”, quindi lavorano all’allineamento dei software adottando le release più aggiornate, aggiornano gli asset più obsoleti e problematici e si dotano delle feature base di sicurezza, protezione, encryption per rendere le basi dati sicure (1)”. Una linea più corposa di interventi può prevedere invece “l’introduzione di elementi di business continuity e disaster recovery più efficaci (2)”. Avere basi dati sicure, ma non altamente disponibili rallenta comunque il processo di digitalizzazione. “Il modo più efficace per indirizzare le esigenze di resilienza e il debito tecnologico è in verità una progressiva “cloudificazione” dei sistemi informatici aziendali (3).

Michele Porcu, Senior Director, Strategy and Transformation - Europe South & CIS, Oracle
Michele Porcu, Senior Director, Strategy and Transformation – Europe South & CIS, Oracle

Il cloud, quindi per Oracle è modello di elezione “non solo perché garantisce efficienza operativa e costi più bassi, rispetto alle architetture on-premise, ma anche perché prevede servizi erogati da grandi realtà multinazionali best in class in questo ambito oltre che per la natura intrinseca del servizio stesso, più resiliente ad affidabile”. Un approccio al cloud “lift and shift” (spostando semplicemente servizi e datacenter sulla nuvola) porta sì benefici, per quanto riguarda efficienza operativa e gestione degli asset – in cloud sicura e reliable – ma modernizzazione e vera innovazione di processo funzionali alla DT non sono realmente possibili con una scelta di questo tipo. “La vera trasformazione digitale richiede di abbracciare il cloud anche come SaaS e PaaS” – insiste Porcu. Si tratta della possibilità di trasformare i sistemi che supportano il business ed i processi funzionali in modalità SaaS, “per introdurre in modo continuativo ed aggiornato nuove feature, funzionalità moderne sia sui processi tradizionali sia su quelli più innovativi e rendere più resiliente e reliable il servizio stesso”.

Oracle dispone di uno stack di suite SaaS completo ed innovativo, che comprende i processi di front-end relativi a vendita, e-commerce, marketing e customer experience fino a tutti i processi di backoffice e backend tradizionali che includono la gestione delle risorse umane, gli Erp, la supply chain, la logistica, i temi relativi a finance and control.

Suite che non coprono semplicemente i processi standard ma anche quelli più innovativi ed introducono feature di AI e ML che rendono alcuni use case complessi più intuitivi ed efficaci. Proprio per quanto riguarda il backend, soprattutto in ambito finance, l’emergenza ha evidenziato quanto sia importante “la possibilità di riuscire a fare “scenario modeling” in tempi rapidi, possibilità offerta solo dal cloud, e da Oracle in particolare con le soluzioni di Enterprise Performance Management

Se il Saas è alla base di una trasformazione effettivamente in grado di rendere moderno e resiliente il business, anche IaaS e PaaS operano in modo funzionale alla trasformazione dei workload tecnologici per guadagnare in resilienza. Questi servizi nel cloud di Oracle sono sempre aggiornati, con una frequenza maggiore rispetto a quanto sia possibile fare “on-premise”, e vengono introdotte in modo continuativo le feature di sicurezza e di innovazione tecnologica, si tratta di vere e proprie best practice.

“E’ chiaro – prosegue Porcu che se le componenti Iaas e Paas sono aggiornate ed in continua evoluzione anche le applicazioni dovrebbero seguire questa evoluzione e la vera sfida di chi opera la trasformazione digitale è quindi quella di dotarsi di stack applicativi che seguano il trend tecnologico. E con il SaaS l’evoluzione è garantita dal modello stesso di erogazione del servizio”. In questo ambito oltre ai vantaggi della standardizzazione legata alle best practice, abilitate da AI e ML, Oracle propone anche applicazioni come quelle di “digital assistance trasversali alle diverse suite e per questo vantaggiose poi per quanto riguarda l’omogeneizzazione anche nell’analisi successiva dei dati”. 

Cloud, i percorsi per le aziende

Le aziende non sono sole in questo percorso nel “liberare il proprio potenziale” e nella scelta dell’approccio. La strategia per la modernizzazione dei processi funzionali e di business può prevedere la modernizzazione degli asset “legacy” tramite l’augmentation applicativa con componenti satellitari o ancillari SaaS o PaaS (1); è possibile spostare nel cloud infrastrutturale in primis le applicazioni legacy e quindi agganciarle in modalità progressiva svuotandole e disaccoppiandole per sviluppi ulteriori poi all’interno dello stack applicativo (2) ed è infine possibile procedere con una riscrittura completa, all’interno dei paradigmi cloud native (microservizi etc.). Oracle dispone per lo studio di questi percorsi di servizi professionali ad hoc e di un ecosistema di partner in grado di aiutare i clienti nel fare assessment per la gestione delle roadmap verso la cloudificazione

Si parte quindi dall’analisi applicativa relativamente al livello di “customizzazione” dei software utilizzati, dalla valutazione di quanto il business sia effettivamente mission critical per l’adozione delle soluzioni, si analizza quindi l’interdipendenza dei sistemi e si valuta la readiness dello stack tecnologico. “E’ chiaro che il modello di sourcing cui approdare è quello Saas, ma raggiungere la meta richiede una roadmap di progressiva modernizzazione ed il cloud per fortuna permette anche la coesistenza di sviluppi lift and shift, cloud-native, etc.”. Non solo, con il programma Oracle Cloud Lift Services, gratuito per i clienti come per i partner, l’azienda offre accesso esteso agli strumenti tecnici e alle risorse di progettazione ed engineering in cloud necessarie per migrare rapidamente i carichi di lavoro su Oracle Cloud Infrastructure (OCI)

Il nuovo programma Oracle offre un unico punto di contatto per tutti gli aspetti tecnici e risolve il problema delle competenze per quanto riguarda l’adozione dei servizi OCI (Oracle Cloud Infrastructure), accelerando il time-to-value e creando opportunità di innovazione. I clienti possono accedere alle risorse di engineering cloud per le attività che vanno dall’analisi delle prestazioni, all’architettura dell’applicazione, alle migrazioni pratiche e al supporto di messa in opera. Oracle lavora in tandem con i clienti fino alla fase in cui i workload vanno a regime e li supporta nella fase di formazione del personale basato su best practice che sviluppano le adeguate competenze per la gestione in autonomia.

Cloud in sicurezza

Prosegue Porcu: “La velocità e la complessità dell’evoluzione dello scenario sono tali per cui certo l’IT è destinato dover prestare il fianco e raccogliere le sfide legate  alle richieste crescenti per quanto riguarda proprio i temi legati alla resilienza. Ed il business digitale dovrà basarsi su risorse sempre più “top class” per sopravvivere”.

Per esempio, per quanto riguarda le sfide legate alla sicurezza è chiaro che il trade-off nel digitale si proietta su una scala molto più estesa. Per anni Oracle ha fatto assessment e valutazioni di compliance della sicurezza con i clienti, e anche aziende multinazionali con capacità di spending importanti soffrono di scarse competenze e funzionalità nell’ambito anche dei requisiti di cybersecurity più elementari. E l’esposizione dei sistemi – inferiore, quando si tratta di sistemi isolati – deve fare il conto proprio con disponibilità limitate di expertise all’interno delle aziende e della PA.

Nelle grandi realtà che offrono invece cloud IaaS, PaaS e SaaS, le dimensioni dei sistemi di sicurezza e protezione dei sistemi sono all’avanguardia. Oracle per esempio utilizza motori esperti di AI di ML che analizzano costantemente i comportamenti anomali, sfrutta componenti di sicurezza all’interno dell’hardware e del firmware degli elementi di rete che sono i più esposti e motori di AI proprio “dentro i dati nei DB, non solo nelle operation e questo fa si che il monitoraggio sia consistente e continuativo per individuare anche i comportamenti non coerenti nell’accesso ai dati”. Spesso gli attacchi informatici sono noti, esistono già le contromisure e le patch di sicurezza ma per la scarsa modernizzazione dei sistemi queste patch non sono state implementate. “Il modello cloud garantisce invece l’immediata possibilità di implementazione dei modelli di sicurezza virtuosi. Significa poter ridurre di più dell’80% gli effetti degli attacchi. Anche per questo il cloud di fatto è un modello di erogazione di servizi e risorse intrinsecamente più reliable”.

Anche per quanto backup e disaster recovery bisogna riconoscere che non tutti i sistemi utilizzati dalle aziende possono essere considerati best in class, anzi, ci sono aziende che impiegano mesi a recuperare i dati. “Oracle – conclude Porcuper esempio anche grazie ad Autonomous Database rende invece il recupero delle informazioni più efficiente e veloce. L’approccio digitale è vero che offre potenzialmente possibilità di recupero veloce, ma non sempre è così. Modelli cloud e motori esperti aiutano il recupero dei dati in modo molto più veloce”.

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