E’ difficile quantificare il valore dei dati personali, quanto davvero conta la privacy, rispetto ai benefici immediati che si pensa di ottenere quando, con leggerezza, si accorda il consenso al loro utilizzo. Basterebbe pensare a tutte quelle volte in cui, per utilizzare un servizio, siamo pronti a cederli senza farci troppe domande e senza pensare a tutte le implicazioni del caso e a come potrebbero essere utilizzate le informazioni. Salvo poi farci mille problemi quando, invece di un’azienda, è lo stato ad utilizzare le informazioni.

E’ un tema interessante anche perché in alcuni Paesi europei si sta valutando la possibilità di utilizzare passaporti vaccinali come informazione per consentire alle persone di poter accedere a più attività. E, anche se non si è pronti ad ammetterlo, ognuno di noi pensa di dare alle informazioni personali, anche a quelle sanitarie, un certo valore, ma non agisce poi in coerenza con quello che pensa.
Per questo merita attenzione la ricerca che Kaspersky ha commissionato ad Arlington Research, basata su un campione rappresentativo a livello nazionale di 8mila adulti in nove Paesi europei, con lo scopo di esplorare l’importanza che gli intervistati danno alla privacy dei dati e la loro disponibilità a condividere dati personali (anche sanitari) dopo la pandemia. Dalla ricerca è nata una data privacy heatmap che analizza il sentiment degli utenti dopo la pandemia e le preoccupazioni ad essa associate.

Importanza della privacy dei dati (fonte: ricerca Kaspersky/Arlington Research)

La ricerca evidenzia che i cittadini europei sono pronti a fornire dati personali per superare completamente la crisi globale. Oltre un italiano su due (il 54%) è pronto a condividere i propri dati sanitari, di geolocalizzazione e di contatto se questo servisse ad aiutare il proprio Paese a superare la crisi ma bene l’80% sarebbe pronto a farlo invece per acquisire maggiore libertà e maggiori possibilità di accesso alle attività quotidiane. Non tutte avrebbero però la stessa importanza, tanto che solo il 23% lo farebbe per  tornare nei bar o nei ristoranti,  il 22% sarebbe disposto a condividerli per tornare a frequentare i centri commerciali, mentre il 36% lo farebbe per viaggiare all’estero.

La privacy dei dati e la pandemia Covid-19 (fonte: ricerca Kaspersky/Arlington Research)

Il fattore generazionale ha chiaramente un certo peso nelle diverse scelte e la ricerca rileva come l’inclinazione alla condivisione dei dati in cambio di libertà possa variare di molto in relazione alle fasce di età ma non in modo linearmente progressivo. Infatti, mentre i millennials (nati tra il 1981 ed il 1996) cederebbero i propri dati nell‘87% dei casi, la percentuale si abbassa al 77% per i Gen X (nati tra il 1965 ed il 1980) e al 75% tra i Gen Z (nati tra il 1995-2010).

Dal punto di vista geografico, invece, è quella portoghese la popolazione pronta più delle altre a condividere le informazioni sanitarie personali (58% del campione), seguita da quella italiana appunto (54%) e dai danesi (49%). I francesi sono gli intervistati con la minore propensione in questo senso (appena 32%) un dato in linea con l’approccio dei Paesi verso la privacy. I dati di Kaspersky infatti evidenziano come solo il 36% dei francesi affiderebbe al proprio governo le informazioni personali, rispetto al 67% dei danesi e al 53% degli italiani che sulle altre è la popolazione che più sembra avere a cuore la privacy.

Morten Lehn, general manager Kaspersky Lab Italia
Morten Lehn, general manager Kaspersky Lab Italia

Il 98% degli intervistati italiani dichiara, infatti, che la riservatezza dei propri dati personali è un aspetto molto importante, mentre appena il 63% degli italiani ritiene però di avere effettivamente il controllo su chi può accedere alle informazioni e chi no. Numeri che sollecitano la riflessione di Morten Lehn, general manager Italy di Kaspersky: Dall’inizio della pandemia, i governi di tutta Europa hanno cercato un modo per monitorare la diffusione del virus al fine di dare una spinta all’economia, al settore hospitality e a quello dei viaggi. Nonostante ciò, solo il 47% degli europei condividerebbe con fiducia le proprie informazioni personali con il governo ]…[. E’ importante che i governi nazionali siano più trasparenti sulle politiche di raccolta e archiviazione dei dati per costruire un rapporto di fiducia con i cittadini e superare in sicurezza la pandemia“.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi l'articolo: