“Per l’edizione 2021 dell‘indice di digitalizzazione dell’economia e della società (Desi) l’Italia si colloca, nel complesso degli indicatori, al 20esimo posto fra i 27 Stati membri dell’UE, rispetto al 25esimo occupato nel 2020”. Risale a novembre il giudizio della Commissione Europea sullo stato di digitalizzazione dell’Italia, un indice che abbiamo imparato a conoscere dalla sua nascita (2015) e che misura, su una scala da 0 a 100, lo stato di avanzamento dell’Unione Europea e dei singoli stati membri rispetto alle principali aree tematiche della politica digitale.
Con aggiustamenti nell’ultimo anno, per tenere conto degli obiettivi al 2030 dettati dal Digital Compass o Bussola Digitale definita lo scorso marzo. Una bussola che lega la trasformazione digitale di ogni Paese a quattro dimensioni: lo stato delle competenze digitali (1), delle infrastrutture digitali (2), della trasformazione digitale delle imprese (3) e, infine, della digitalizzazione dei servizi pubblici (4).
Bene.

Perché tornare oggi sul Desi a distanza di due mesi.
Due i motivi.

Il primo ce lo indica Istat, che proprio dai dati Desi parte per fotografare a gennaio 2022 lo stato dell’adozione del digitale in Italia, pubblicando il report “Ict nelle Aziende Italiane” (dando indicazioni interessanti per la trasformazione delle imprese, (3)).
Il secondo ce lo indica la PA, nello specifico il ministero dell’Innovazione tecnologica e della transizione digitale (Mitd),  ufficializzando i numeri di quanti cittadini e amministrazioni si sono fidati dei nuovi strumenti per accedere alla PA nel 2021 (dando indicazioni importanti sullo stato di digitalizzazione dei servizi pubblici, (4)).
Con ordine.

Desi 2021
Indice Desi 2021

I numeri di Istat

“La dimensione delle imprese influenza la diffusione della tecnologia”. Un’affermazione che prende corpo dall’analisi del comportamento delle imprese (valutato rispetto a 12 caratteristiche specifiche che definiscono l’indicatore composito di digitalizzazione, detto Digital Intensity Index) e che fotografa alcuni trend a livello generale.

Crescono nelle aziende l’adozione del cloud (52% contro una media Eu27 del 35%), l’utilizzo dei social media (usano almeno due social media il 27% delle realtà, +10% dal 2017), il commercio elettronico (anche se lentamente nelle Pmi). Cala l’adozione di software per la condivisione di informazioni tra funzioni aziendali diverse (Erp, dal 37% del 2017 al 32%) in controtendenza rispetto all’andamento della media europea (39%) mentre le tecnologie innovative quali automazione e intelligenza artificiale sono adottate con maggiore determinazione dalle aziende di grandi dimensioni.

Se si guarda la digitalizzazione ‘di base’ delle Pmi, nell’80% delle imprese con almeno 10 addetti il livello di adozione dell’Ict in Italia è ‘basso’ o ‘molto basso’ (non essendo coinvolte in più di 6 attività), mentre il restante 20% delle aziende dimostra un buon uso delle tecnologie. Si va dalla situazione più frequente di utilizzo della sola banda larga a velocità almeno pari a 30 Mbit/s nelle imprese con 10-49 addetti (diffusa nel 78,3% delle imprese) al caso delle grandi imprese che adottano la combinazione di almeno nove tecnologie: connessione a Internet, cloud, software gestionali (Erp o Crm, ma solo tra le imprese con almeno 50 addetti), social media, device intelligenti (Iot) e intelligenza artificiale (ma queste ultime solo nelle imprese con almeno 250 addetti e alto grado di digitalizzazione).

Guardiamo proprio ad AI e IoT.
In generale, l’intelligenza artificiale è sfruttata per finalità economiche da almeno il 6,2% delle imprese italiane contro l’8% della media Eu27, una percentuale che arriva al 15,4% tra le imprese attive nel settore Ict, al 18,1% nel mondo delle Tlc, al 16,9% nell’informatica.
L’AI viene utilizzata soprattutto per estrarre valore da dati e documenti (una media del 37,9%, con punte nel settore dei servizi del 44,3%), riconoscimento vocale (30,7%) e automatizzazione di flussi di lavoro attraverso l’automazione dei processi (Rpa 30,5%, una percentuale che sale al 39% nel settore manifatturiero).
Si evince che gli ambiti aziendali in cui vengono più spesso adottati sistemi di intelligenza artificiale sono relativi a processi di produzione, tra cui la manutenzione predittiva o il controllo qualità della produzione (31,8%), la sicurezza informatica (26,6%), le funzioni di marketing o vendite per gestire assistenza ai clienti o campagne promozionali personalizzate (24,0%).

Per quanto riguarda l’IoT, l’utilizzo dei dispostivi intelligenti avviene soprattutto nelle imprese con almeno 250 addetti per migliorare l’efficienza produttiva e gestionale (rispettivamente 59% e 30,5%) anche se il 32,3% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza IoT per sistemi intelligenti di allarme (74,6%), per la manutenzione di macchine o veicoli monitorati via web (29,9%). Un impiego soprattutto nel settore dell’energia (45,9%), delle attività immobiliari (42,5%), nei prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (40,7%), nelle industrie alimentari (40,3%), nelle telecomunicazioni (39,8%) e fabbricazione di apparecchiature elettriche (39,6%).

Ultimo appunto del report di Istat riguarda l’e-commerce che rimane molto contenuto come modalità di vendita nelle aziende piccole con almeno 10 addetti (18,4%) nonostante sia cresciuto di due punti percentuali ma restando al di sotto della media europea (23%).
Una crescita più consistente riguarda le imprese con almeno 250 addetti (44,5%, da 40,2% nel 2019) rispetto a quelle con 10-49 addetti (17,2%, da 15,2% nel 2019), con prevalenza di imprese che si rivolgono ai consumatori privati (86,2%) rispetto a chi guarda a imprese o pubbliche amministrazioni (53,0%). I più attivi nel campo e-commerce sono stati il settore ricettivo (83,7%), l’editoria (73,1%), le agenzie di viaggio (47,8%). Ma l’e-commerce è stato adottato anche nei settori delle telecomunicazioni (30,1%), del commercio al dettaglio (31,0%) e all’ingrosso (28,6%), delle industrie alimentari (28,5%), delle attività dei servizi di ristorazione (24,8%) e delle attività audiovisive (23,6%).

I numeri della PA

Guardiamo ora ai dati della digitalizzazione della PA, per quanto riguarda i servizi al cittadino. I dati ufficiali del Midt parlano di massimo storico:

  • 27,4 milioni di identità Spid attivate. Solo nel 2021 sono state quasi 12 milioni le nuove identità digitali, con 570 milioni di autenticazioni, rispetto ai 144 milioni del 2020.
  • 26 milioni di carte d’identità elettronica rilasciate, che hanno reso possibili 22 milioni di autenticazioni tramite Cie nei vari servizi.
  • 24,5 milioni di download complessivi della App IO, scaricata solo quest’anno 15,3 milioni di volte, con un incremento del 67% rispetto al 2020 (9,2 milioni) arricchita da 77mila nuovi servizi aggiunti da 6.895 enti pubblici.
  • 10 milioni di utenti della piattaforma PagoPA per un totale di 182 milioni di transazioni, in crescita dell’80% sul 2020. Una piattaforma alla quale hanno aderito 7.680 comuni, quasi la totalità delle realtà italiane (il 99,4%), facendo transitare sulla piattaforma un controvalore economico di 33,7 miliardi di euro.

Ultima chicca, l’accelerata data all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (Anpr), la banca dati nazionale che mira a mettere insieme tutte le anagrafi dei comuni italiani per semplificare i servizi per cittadini, enti e imprese. Erano 30 i comuni sulla piattaforma a inizio 2018, poi la spinta 2020 e 2021. Ad oggi, 16 gennaio 2022, un solo comune italiano non si è registrato: San Teodoro, in provincia di Messina. Ma tutti gli altri – 7.903 comuni – sì. Ci abbiamo messo anni, ma ora chapeau!

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