Mauro Minenna, dal primo aprile 2021 a capo del Dipartimento per la Trasformazione Digitale, ha svestito i panni di Cio “aziendale” per guidare a livello centrale la trasformazione digitale del Paese, coordinando quel dipartimento a supporto del ministro Colao (Innovazione Tecnologica e Transizione Digitale) per “la promozione ed il coordinamento delle azioni del governo finalizzate alla definizione di una strategia unitaria in materia di trasformazione digitale e di modernizzazione del Paese attraverso le tecnologie digitali”.
Portandosi in dote la lunga esperienza nel mondo dei sistemi informativi aziendali – Aci Informatica (2013-2021), Anonima Petroli Italiana Spa (2008-2013), Poste Italiane (2003-2007) – ma consapevole di andare a ricoprire un ruolo per molti Cio ritenuto quasi un “azzardo“. Scherza su questo tema Minenna, alla presentazione dei dati della Cio Survey 2021, dove porta il suo punto di vista di osservatore della trasformazione digitale del Paese e dei Cio, per anni sulla sua stessa barca. E questa affinità si percepisce.

Prima considerazione a valle dell’emergenza, che purtroppo finita non è. “Durante la pandemia la comunità dei Cio ha avuto una buona performance, riconosciuta, ed è riuscita ad eliminare una serie di preconcetti che la etichettavano: il primo legato all’adozione del digitale per la pura risoluzione dei problemi, il secondo legato alla possibilità per la comunità dei Cio di poter giocare effettivamente un ruolo più proattivo e decisivo nelle strategie aziendale. Si sono inoltre cumulati importanti indizi sulla necessità di dover fare sistema tra i Cio e Ceo, e non far tornare i Cio “nella torre””.

Seconda considerazione alla luce dei fondi del Pnrr. “L’azione del Pnrr è volta a creare valore e fare punti di Pil, altrimenti quel denaro, che ricordo è denaro in prestito, non avrebbe particolare senso. Se è vero che abbiamo fatto passi in avanti nell’indice Desi, osservo che nel frattempo anche gli altri Paesi si sono mossi, e questo non riduce di fondo il nostro gap. Rimane quindi da colmare. E l’idea che il digitale possa essere elemento abilitante per la crescita, la produttività, l’inclusione fa rima con il tema delle competenze. Necessarie certo, ma senza superare il problema della connettività e i gap tecnologi, non si può fare inclusione. Solleva altre due criticità legate al Pnrr: la sfida di dover costruire progetti con la macchina in corsa, la complessità delle regole di rendicontazione e di utilizzo dei fondi che rischia di farli diventare appannaggio solo dei grandi vendor e delle società di consulenza, tagliando fuori le società piccole e medie.

Mauro Minenna, Capo Dipartimento per la trasformazione digitale, Presidenza del Consiglio dei Ministri
Mauro Minenna, Capo Dipartimento per la trasformazione digitale, Presidenza del Consiglio dei Ministri

Terza considerazione guardando quanto fatto ad oggi nella PA. “L’accelerazione del digitale è in corso, ma molte cose sono già state fatte nel perimetro stabilito. Quando parliamo di Spid, per esempio, parliamo di numeri che sono abbastanza importanti, pure non essendo pervasiva, ma è un dato di fatto che abbiamo oltre 25 milioni di Spid in tasca, e un numero non dissimile di Carte d’identità elettroniche, che sono alla base di nuovi servizi sui quali stiamo lavorando”.
Se si guarda il piano di digitalizzazione della PA, l’azione del governo da una parte va nella direzione della connettività (“è importante la quantità di dispositivi collegati per chilometro quadrato come elemento discriminante del 5G e della banda ultralarga), dall’altra è rivolta alla trasformazione della PA in chiave digitale. Lo dimostra anche il tema del fascicolo sanitario elettronico (Fse) che è evidentemente cruciale: “Non si può pensare di non avere un sistema di supporto alle decisioni fortemente orientato ai dati in un ambito come quello della sanità pubblica”, incalza Minenna.

Digitalizzazione della PA
La digitalizzazione della PA

Quarta considerazione riguarda interoperabilità dei dati e cloud, che vanno gestiti considerando anche la capacità di spesa dei territori, dei piccoli comuni che devono mettere in cloud soluzioni tenute on premise per anni, con effetto sulle imprese locali. “In questa ottica è fondamentale spingere una sinergia pubblico e privato, che comprenda la possibilità di mettere in campo azioni che potenzino la possibilità di realizzare progetti sul territorio. I temi delle infrastrutture sono evidenti, così come quello delle competenze, ma non da meno quello delle sinergie“.

Lato cloud, il dipartimento giocherà un ruolo importante nella definizione del Polo Strategico Nazionale per il quale sono scese in campo diverse cordate e come abilitatore della trasformazione della PA locale, grazie a nuovi strumenti da definire, tra cui un portale in stile market place per le iniziative locale e per i signoli territori. L’interoperabilità dei dati sarà fondamentale da raggiungere nel mondo della PA, fondamentale per la digitalizzazione e l’ottimizzazione dei processi, per consentire che il cittadino o le aziende non debbano fornire due volte lo stesso dato ai diversi enti (mentre ora accade così) e possano gestire pagamenti in modo agevole. “Quando si parla di tutto questo si parla di un’amministrazione che cambia logica: non costringe più il cittadino a far file agli uffici pubblici ma mette il cittadino al centro di un processo di identificazione chiaro e ben definito”.

Digitalizzazione Italia 2026
Digitalizzazione Italia 2026

Quinta considerazione lo sforzo importante di attrazione di talenti. “E’ sempre più difficile trovare talenti da portare nella PA, ma mi permetto anche di dare un elemento di ottimismo. I ragazzi che fanno colloqui con noi non pensano a paga o stabilità del posto ma pensano sempre di più al concetto dell’importanza del lavoro che sono chiamati a fare”.

Sesta considerazione, l’impegno verso la sostenibilità intesa come il non depauperare le risorse che dobbiamo lasciare al futuro. “Da questo punto di vista il Pnrr rappresenta un’ulteriore complessità nella complessità. Lo ricordo a me stesso prima di tutto: non è morto lo zio d’America, ma abbiamo un’immensa quantità di denaro dall’Europa per implementare il recovery fund e la resilienza, che significa superare un modo vecchio di fare le cose. Se lo facciamo, quei quattrini torneranno in qualche modo a vantaggio delle generazioni future, se non lo facciamo stiamo utilizzando denaro in prestito che sarà da rendere. Non è esattamente quello che siamo chiamati a fare”.

Concludendo: “E’ fondamentale, perché questo risultato avvenga, fare squadra tra pubblico e privato, fare squadra tra la comunità dei Cio e chi guida la trasformazione pubblica di questo Paese che sta cercando di rimettersi in marcia dopo un periodo complicato che da una parte è stato molto faticoso ma dall’altra ha fatto emergere una discontinuità che solitamente è foriera di buone notizie. Abbiamo la possibilità di lavorare in modo diverso. E credo che sia questa la chiamata alle armi che mi sento di fare agli amici della comunità dei Cio che sovente si interroga sul proprio ruolo, presente e futuro, dove la sinergia tra associazioni, Cio, professionisti dell’IT, vendor è un’opportunità che non possiamo permetterci di lasciare cadere”.                

Le tecnologie della sfida pubblica sono le stesse della sfera privata (twin transformation, cybersecurity, cloud, digitalizzazione dei processi e approccio al cliente) ma la vista deve essere ad ampio raggio: “Grazie all’esperienza significativa di molti Cio, insieme, possiamo immaginare il futuro tecnologico del Paese”.

Leggi tutti gli approfondimenti dello Speciale Cio Survey 2021

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