Sono stati resi noti tre studi sull’andamento del mercato del lavoro e che rimarcano la denatalità di nuove imprese. Studi che guardano all’occupazione (qualche dato buono c’è, fonte Istat), alla nascita di nuove startup (mai così poche in un anno, fonte Cerved) e alla decrescita di giovani imprese (con manager under 35, fonte Infocamere).
Provo a mettere insieme le evidenze che emergono dal primo osservatorio (Cerved) con qualche numero a corredo dagli altri due, accennati.
Prima considerazione: segnali di allarme.

1 – Partiamo dallo studio “Le imprese nate nel 2022 e il contributo economico delle startup”, dallo spunto di Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved, che riassume la preoccupazione a valle dei dati raccolti: “Lo sviluppo di nuova impresa è un indicatore chiave per monitorare la congiuntura economica e il dinamismo di settori e territori. Il calo delle nascite è un segnale da non trascurare: le startup sono una leva di trasformazione del nostro sistema economico, apportano idee innovative, tecnologia e competitività”.

Lo studio mostra come in Italia siano state registrate 10.587 startup in meno nel 2022 rispetto al 2021 (-10,6%), un dato peggiore di quello registrato nel 2019 (-5,9%) anno in cui per la prima volta si era invertita la crescita inarrestabile delle startup, in un crescendo costante dal 2013. La causa è da ricercare nell’incertezza mondiale, nel rallentamento dell’economia, nell’aumento dei prezzi. Una denatalità che impatta anche sul livello occupazionale nel nostro Paese.
Le sole 89.192 “vere” nuove imprese nate nel 2022 non riusciranno ad incidere positivamente sul saldo occupazionale, osserva lo studio. La mancanza del 10,6% di nuove realtà avrà un impatto negativo sull’economia complessiva, dal momento che (in base all’analisi storica sui bilanci) le startup negli ultimi 15 anni sono state il motore della crescita occupazionale in molti settori e territori. “I dati dicono che nel 2021 hanno generato un contributo netto di 343.000 addetti su un totale di 535.000, e persino nel 2020 hanno garantito un saldo occupazionale positivo di 185.000 unità. Le mancate nascite del 2022 rischiano dunque di tradursi in 27.080 addetti in meno e in un calo di 2,5 miliardi di fatturato, perché le nuove società apportano ricchezza, dinamismo e competitività al sistema, essendo caratterizzate da maggiore propensione per l’innovazione e l’adozione di nuove tecnologie, un’età media del management più bassa e maggiore attenzione ai temi di sostenibilità”, precisa Mignanelli. In sintesi: a rischio 27.000 posti di lavoro e 2,5 miliardi di euro di fatturato.

Il contributo economico delle nuove imprese
Fonte: “Le imprese nate nel 2022 e il contributo economico delle startup”, Cerved

La flessione più marcata riguarda le utility (-28,9%, – 460 startup), le aziende agricole (-407 startup), i servizi (-7.945 startup), l’industria (-691 startup), meno le costruzioni (-5,8%) che avevano avuto un boom nel 2021 per i bonus edilizi. L’impatto sulla stima delle perdite di fatturato parla di -117 milioni di euro nelle utility, -74,9 milioni nelle aziende agricole, -1.967 milioni nei servizi. Solo alcuni esempi.

D’altro canto sono aumentate le nuove startup dedicate alle tecnologie per le telecomunicazioni, spinte dagli investimenti del Pnrr in digitalizzazione (+96,4%, con +55 startup nel 2022, contro le +21 startup del 2021). Segue l’area del facility management, grazie alla ripresa dell’utilizzo di uffici e strutture dopo la fase di chiusura durante il Covid (da 128 a 197 startup, +53,9%), la cantieristica (da 272 a 325, +19,5%), gli impianti per l’edilizia (da 2.451 a 2.771, +13,1%).
Tra i settori peggiori la gestione dei rifiuti (da 225 a 108 startup, -52%), la vendita di gas (da 144 a 76, -47,2%), i prodotti da forno e pasticceria industriale (da 457 a 251, -45,1%), i trasporti marittimi (da 89 a 51, -42,7%), la produzione di ortofrutta (da 753 a 468, -37,8%) che ha sofferto l’aumento del costo delle sementi e dei fertilizzanti.

Guardiamo ai territori. Sud e Isole sono l’area geografica più colpita (dove le startup nel 2021 hanno rappresentato il 32% delle nuove occupazioni), impatto minore nel Nord Ovest (-8,2%), mentre Nord Est e Centro si assestano entrambi sul -10,1%, con andamenti importanti e diversi nelle grandi città. Milano si conferma la più dinamica (-3,9%, pari a meno 358 nuove imprese rispetto al 2021), seguita da Genova (67, -8,1%) e Roma (906, -8,6%). Hanno un saldo negativo a due cifre invece Palermo (101, -10,8%), Bologna (122, -14%) Torino (271, -14%), Napoli (424, -14,2%), Messina (37, -14,3%), Bari (113, -14,6%), Firenze (127, -14,9%), Venezia (56, -15,1%), Catania (111, -16,3%), Reggio Calabria (31, -16,9%), Cagliari (87, -18,4%).

Le imprese nate nel 2022
Fonte: “Le imprese nate nel 2022 e il contributo economico delle startup”, Cerved

2 – Sulla stessa scia, rimarcano denatalità anche i dati di InfocamereUnioncamere, riportati da Il Sole 24 ore. Sono 36mila in meno le aziende che hanno titolari con una età al di sotto dei 35 anni, pari a 511.996 (-6,6% rispetto al 2019). Una denatalità che segnala un trend in controtendenza rispetto al resto d’Europa. Mancano politiche a sostengo dell’imprenditorialità? Di supporto alle nuove generazioni per creare nuove imprese?

3 – Sull’età anagrafica degli occupati guarda anche Istat, che segnala un calo nell’occupazione dei giovani, con i dati rilasciati a fine febbraio. “A gennaio 2023 prosegue l’aumento del numero di occupati che arriva a superare 23milioni e 300mila – riporta il bollettino mensile -. Rispetto a gennaio 2022, la crescita (+459mila unità) caratterizza i dipendenti permanenti e gli autonomi, mentre il numero di dipendenti a termine è inferiore di quasi 50mila unità”.
Più nel dettaglio.
L’occupazione cresce (+0,2%, pari a +35mila) per donne, dipendenti permanenti e per chi ha più di 35 anni (risultano in calo i dipendenti a termine, gli autonomi e i giovani). Sale il tasso di occupazione al 60,8% (+0,1 punti) e il numero di occupati a gennaio 2023 supera quello di gennaio 2022 del 2% (+459mila unità).
Rispetto a un anno fa (gennaio 2022) diminuisce sia il numero di persone in cerca di lavoro (-6,7%, pari a -143mila unità) sia il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-3,7%, pari a -478mila).
Ma su base mensile cresce il numero di persone in cerca di lavoro (+1,7%, pari a +33mila unità) tra le donne e i minori di 50 anni. Il tasso di disoccupazione totale sale al 7,9% (+0,1 punti), quello giovanile al 22,9% (+0,7 punti). Diminuiscono gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,7%, pari a -83mila unità) e il tasso di inattività scende al 33,9% (-0,2 punti). La crescita dell’occupazione registrata nel confronto trimestrale si associa alla diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-1,0%, pari a -20mila unità) e degli inattivi (-0,9%, pari a -120mila unità).

Le imprese nate nel 2022
Fonte: “Le imprese nate nel 2022 e il contributo economico delle startup”, Cerved

Ora. Che il settore tecnologico sia un ambito di maggiore dinamicità, dove non si avverte il crollo delle nascite di startup, apre uno squarcio di ottimismo in questo quadro complesso. Ma nello stesso tempo mostra come chi ha competenze adeguate, in un mercato che lamenta una grande richiesta di profili (che il mondo della scuola e le università faticano a fornire) possa essere invogliato a guardare oltre confine, dove vigono politiche più attive per l’imprenditorialità giovanile. Il tema è complesso, aziende e università stanno accelerando sulla definizione di corsi, partnership con Its, master per formare in discipline Stem e trattenere talenti (ce ne sono davvero tantissimi). Ma i dati Istat – seppure con un briciolo di positività – ci dicono che i segnali di allarme sui giovani persistono. Servirebbe la capacità di governare tutte queste sirene.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi l'articolo: