Nel contesto sanitario attuale, l’AI e i big data emergono come strumenti fondamentali per migliorare diagnosi e trattamenti, con il cloud che si conferma il prerequisito per lo sviluppo dei progetti di intelligenza artificiale. Sia come spazio di repository dei dati, sia come ambito in cui i dati raccolti possono istruire e allenare le intelligenze artificiali diventando fonte di innovazione.

Da qui l’affondo – nella seconda parte della mattinata dell’evento Philips Healthcare Informatics Connect – su cloud e intelligenza artificiale, temi che sollevano già oggi molta attenzione nel mondo della sanità per gestire il futuro dell’imaging, assodato che il punto di partenza di ogni strategia rimanga l’interoperabilità dei dati (di cui si è discusso in un articolo dedicato). “Entro il 2027, si stima che il mercato della sanità digitale raggiungerà i 6 miliardi di euro, trainato dagli investimenti in AI, interoperabilità e cybersecurity” precisa Annamaria Di Ruscio, Ceo di Netconsulting cube, intervenuta al convegno delineando i trend, dove il cloud avrà il compito di rispondere in modo efficace e sostenibile alle principali sfide del settore sanitario: scarsità di personale, pressione sui costi, necessità di innovazione continua, gestione della sicurezza e conformità normativa.

“Il cuore della proposta di Philips per rispondere a queste sfide e alla nuova era dell’AI è l’adozione di soluzioni software as a service – esordisce Matteo Beretta, Cloud Operations Leader Philips -. Questo approccio consente di superare i limiti dei tradizionali sistemi on-premise, spesso caratterizzati da costi nascosti e complessità operative. La nostra scelta è ricaduta sul cloud pubblico di Amazon Web Services dal momento che l’infrastruttura Aws, con la sua diffusione globale, l’elevata resilienza e un livello di sicurezza certificato da oltre 140 standard di compliance, offre la base ideale per far evolvere i sistemi di imaging medico verso una nuova generazione”.

Il cloud e la partnership con Aws

La partnership, che ruota attorno alla soluzione Philips HealthSuite Imaging, permette di rispondere alle sfide sanitarie in tre scenari d’uso, dal più semplice al più avanzato: svolge una funzione di disaster recovery automatizzata (1), garantisce continuità operativa anche in caso di problemi di connettività (2), dà vita a un sistema completamente remotizzato (3) che riduce la presenza fisica delle infrastrutture nei data center ospedalieri.

“La soluzione Philips HealthSuite Imaging basata su Aws è un servizio cloud-native sicuro, certificato e qualificato per gestire dati sanitari critici, grazie anche alla compliance a standard Iso e ai requisiti stabiliti da Agid e Acn. Questo consente di fornire aggiornamenti continui, gestione centralizzata della sicurezza, governance dei dati e scalabilità senza precedenti”, precisa Beretta. Ii tre macro-vantaggi legati proprio all’approccio cloud native sono: automazione e velocità di implementazione, scalabilità del cloud per gestire picchi di carico in emergenza o in progetti di ricerca, efficienza operativa grazie alla possibilità di riallocare risorse interne verso attività a maggior valore aggiunto.

Ovvio che la questione dei costi del cloud non vada sottovalutata, ma approcciata con realismo. E’ più corretto parlare di total cost of ownership piuttosto che di costi puri, poiché il cloud include nella sua offerta attività fondamentali – come aggiornamenti, patch, test di sicurezza – che in ambienti on-premise spesso non vengono gestiti o richiedono spese aggiuntive. E’ essenziale pianificare in modo intelligente l’uso delle risorse, ad esempio gestendo in modo differenziato i dati “caldi” e “freddi”, ottimizzando i costi di storage e mantenendo la conformità legale e clinica” precisa Beretta. La capacità di lavorare con dati eterogenei (non solo di radiologia), e la possibilità di adattarsi rapidamente a nuove esigenze organizzative, come il lavoro da remoto, rappresentano un salto qualitativo decisivo anche in sanità. “In questo senso, la partnership Philips e Aws si propone non solo come risposta alle difficoltà presenti, ma come un vero e proprio acceleratore del futuro digitale della sanità” incalza Fabrizio Discenza, Senior Account Executive Amazon Web Services .

Dal cloud all’AI, sempre un percorso

Come nelle aziende di ogni vertical di mercato, l’adozione dell’AI in sanità comporta sempre un “percorso da affrontare che parte dalla gestione dei dati in cloud per approdare poi agli algoritmi di intelligenza artificiale per sviluppare nuovi progetti. Ma fondamentale rimane creare team eterogenei ed allargati che comprendano Cio, figure tecnologiche, medici e operatori per declinare l’uso della tecnologia nel modo corretto.

Il percorso dell’ Azienda sanitaria Friuli Occidentale può essere un chiaro esempio di un percorso condiviso nel campo dell’imaging sanitario digitale con un progetto nato nel 2007 per creare un unico sistema regionale PACS,  focalizzato sull’uso esteso degli standard, come quelli promossi da IHE (Integrating the Healthcare Enterprise), capace di servire l’intera popolazione (circa 1,2 milioni di abitanti) e integrare le strutture sanitarie del territorio, comprese due aziende universitarie. “Un progetto – spiega Maurizio Rizzetto, Direttore SC Innovazione Tecnologie, Processi e ICT presso Azienda sanitaria Friuli Occidentale – che ha portato alla creazione di un gruppo di lavoro multidisciplinare composto da rappresentanti di aziende, stakeholder clinici e società scientifiche, coinvolgendo  non solo la radiologia, ma anche cardiologia, interventistica, ecocardiografia e medicina nucleare, con l’intenzione di estendere in futuro anche ad altre discipline come la gastroenterologia.”. Questo percorso ha permesso di ripensare durante la costruzione del nuovo ospedale di Pordenone l’organizzazione tecnologica e sanitaria nella sua complessità, con particolare attenzione all’integrazione dell’imaging e delle sale operatorie, progettate con una visione evolutiva verso sale ibride, con particolare attenzione al coinvolgimento attivo del paziente, ad esempio attraverso l’introduzione di tablet al posto letto. 

Philips Healthcare Informatics Connect
Philips Healthcare Informatics Connect – Annamaria Di Ruscio, Presidente e Amministratrice Delegata di NetConsulting cube – Jan Galo, Responsabile Area Bioimmagini e ICT per MD, Ingegneria clinica, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – Gianluca Giaconia, Direttore UOC Ingegneria Clinica e ICT, Ospedale dei Colli, Napoli, Vice Presidente AIIC – Salvatore Russo, Direttore UOC Ingegneria Clinica, ASL Napoli 3 Sud – Elena Sini, CIO Gruppo Villa Maria e Chair of HIMSS Board of Directors

E’ il caso della ASL Napoli 3 Sud che ha realizzato un sistema di archiviazione e di comunicazione di immagini  PACS, Picture Archiving and Communication System, attraverso un percorso condiviso nel corso degli anni. “Siamo partiti da metodi di digitalizzazione molto rudimentali, fino ad arrivare oggi a una piattaforma centralizzata a Castellammare, che connette tutti i presidi e i distretti sanitari – spiega Salvatore Russo, Direttore UOC Ingegneria Clinica, ASL Napoli 3 Sud -. L’innovazione si è estesa anche all’utilizzo di strumenti come i retinografi, che consentono esami da parte di personale non specializzato con refertazione a distanza, e all’uso dell’intelligenza artificiale per rilevare microfratture in pronto soccorso o per refertazioni neuroradiologiche. Questo approccio ha migliorato i tempi diagnostici e ha permesso una maggiore centralizzazione delle attività”.  L’AI rappresenta un valido supporto, soprattutto in un contesto di carenza di personale e con molti specializzandi e permette di facilitare l’apprendimento e velocizzare i processi.
Ciò nonostante, la questione della responsabilità rimane centrale: la firma del referto comporta piena responsabilità per il medico, ed è quindi essenziale stabilire protocolli operativi chiari, così come l’uso dell’AI non può sostituire il confronto diretto tra colleghi, i teleconsulti e il valore della seconda opinione

Il tema della governance si scontra anche con lo stato attuale delle normative che impongono la conservazione cartacea delle cartelle cliniche nonostante la presenza di sistemi digitali legalmente validi, anche per vetrini istologici, che non possono essere eliminati anche se digitalizzati.

Ma sono più i vantaggi che al momento vengono valorizzati. Puntualizza Elena Sini, CIO Gruppo Villa Maria e Chair of HIMSS Board of Directors: “L’AI sta già dando un contributo concreto, ad esempio nella gestione delle sale operatorie, nella previsione dei Kpi organizzativi o nel supporto alla refertazione attraverso sistemi di Ambient Listening. In strutture ospedaliere piccole e distribuite, questi strumenti sono fondamentali per garantire efficienza e sostenibilità”.

AI a supporto della refertazione

Il crescente utilizzo dell’intelligenza artificiale, in particolare del machine learning e delle reti neurali, si basa sulla disponibilità di grandi quantità di dati, la cui efficacia dipende molto dalla standardizzazione. In futuro, il possesso e la gestione di questi dati rappresenteranno una leva strategica ed economica fondamentale. “Dal punto di vista clinico, l’AI ha un grande valore come supporto alla refertazione – spiega Jan Galo, Responsabile Area Bioimmagini e ICT per MD, Ingegneria clinica, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù -: i medici, per quanto competenti, sono soggetti a stanchezza e distrazioni, mentre il numero di immagini da analizzare è aumentato enormemente. Basti pensare che una Tac oggi può contenere fino a 20.000 immagini. In questo contesto, l’AI può aiutare a individuare automaticamente anomalie, migliorando la sicurezza diagnostica per medici e pazienti”.

Tuttavia, l’adozione della refertazione strutturata resta limitata, soprattutto per timori legati alla responsabilità medico-legale. Redigere un referto molto dettagliato e codificato viene vissuto quasi come pronunciare una sentenza, un’esposizione che può spaventare molti professionisti, anche per la difficoltà del personale medico, spesso sovraccaricato, con poco tempo per la formazione. “Dopo la pandemia, la pressione è aumentata, e si investe ancora troppo poco sulle persone – conclude Galo -. L’IA può essere un aiuto importante per ridurre gli errori, ma non può compensare la carenza di risorse e il rischio di un appiattimento della qualità professionale”.

“L’AI è un valido supporto, non un sostituto, ma la responsabilità resta sempre del medico. Anche le normative in arrivo, come l’AI Act e il Ddl italiano sull’intelligenza artificiale, ribadiscono il concetto di “responsabilità dell’utilizzatore” precisa Gianluca Giaconia, Direttore UOC Ingegneria Clinica e ICT, Ospedale dei Colli, Napoli e Vice Presidente AIIC .

AI per la radiologia, la visione di Philips

Il ruolo trasformativo dell’intelligenza artificiale nel campo della radiologia e il valore concreto in termini di ottimizzazione dei flussi di lavoro e miglioramento dell’efficienza è a centro dell’intervento di Dario Arfelli, Business Marketing Leader Radiology Informatics Philips. Partendo dall’aumento evidente dei dati sanitari che stanno crescendo sia in quantità che per tipologia, mettendo sotto pressione il personale medico, in particolare i radiologi e i medici d’urgenza, “l’AI si presenta come uno strumento estremamente efficace per affrontare queste sfide – precisa Arfelli . Basti pensare che algoritmi ben addestrati possono migliorare la qualità dei referti raggiungendo percentuali di accuratezza superiori a quelle dei radiologi e possono ridurre gli errori umani, soprattutto in compiti ripetitivi e ad alto carico di lavoro”. Due dati a confronto: la refertazione fatta da un buon radiologo nel 70% dei casi è corretta, l’intelligenza artificiale ha un’efficienza media del 95% e oltre.

Philips Healthcare Informatics Connect
Philips Healthcare Informatics Connect – Dario Arfelli, Business Marketing Leader Radiology Informatics Philips

Sicuramente il primo aiuto che l’AI può fornire – anche il più immediato da comprendere – è l’ottimizzazione dei workflow, con l’obiettivo di eliminare le attività ripetitive e migliorare la gestione dei processi, ottenendo così micro-efficienze che si traducono in vantaggi clinici significativi. “Ad esempio, l’uso di algoritmi per la detection automatica di fratture può indirizzare i pazienti in modo più rapido ed efficace, consentendo al personale di concentrarsi su casi più complessi – spiega Arfelli -. Ma è essenziale coordinare i molteplici algoritmi disponibili per evitare confusione e sovraccarico decisionale, lasciando al radiologo la possibilità di scegliere cosa integrare nel referto attraverso decision support ben strutturati”. L’obiettivo è quello di creare sistemi che, in maniera automatica, possano riassumere e strutturare i dati più rilevanti – come nei casi oncologici – garantendo un risparmio di tempo notevole e una maggiore precisione.

Ma il dibattito su come questi strumenti debbano essere classificati e gestiti (ad esempio, decision support vs. medical device) è ancora aperto. “Nonostante le criticità e i possibili rischi, come il de-skilling o la perdita di competenze nel lungo termine, il messaggio che voglio dare è che l’integrazione dell’AI nella radiologia rappresenta un cambiamento epocale, paragonabile alla transizione dall’analogico al digitale, e il suo sviluppo è ormai imprescindibile per migliorare l’efficienza e la qualità dell’assistenza sanitaria”, conclude Arfelli.

Per saperne di più leggi l’intervista a Roberta Ranzo, Business Leader Enterprise Informatics Philips Italia, Israele e Grecia Philips

Scarica il white paper:  Le 10 domande degli IT Manager sulla migrazione dei dati sanitari

Leggi tutti gli approfondimenti della room Healthcare Informatics Connect by Philips

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