Due date in questa estate, a vacanze finite, segnano un momento di svolta per il mercato digitale italiano: il 26 agosto e il 19 agosto, in sordina per molti (tra crisi di governo e ferie) ma di svolta sui temi a noi cari.

La prima, quella del 26 agosto, di estrema importanza perché attesa da tempo, sancisce finalmente l’istituzione del Dipartimento per la Trasformazione Digitale, che avrà in mano la governance del digitale italiano a partire da gennaio 2020 (nella Gazzetta ufficiale del 26 agosto il decreto del 19 giugno 2019).
Nasce  così la prima struttura di Governo dedicata all’innovazione digitale: il dipartimento, sotto la Presidenza del Consiglio dei Ministri, promuoverà e coordinerà le azioni del Governo finalizzate alla definizione di una strategia unitaria in materia di trasformazione digitale e di modernizzazione del Paese attraverso le tecnologie digitali. Una governance fino ad oggi frammentata, che ha implicato ritardi di attuazione e di riforme. I presupposti sono chiari: il dipartimento nasce “considerata la necessità di garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana in coerenza con l’Agenda digitale europea, assicurando, altresì, lo svolgimento dei compiti necessari per l’adempimento degli obblighi internazionali assunti in materia di innovazione tecnologica e digitale”.

Non si sa chi lo guiderà, ma le nomine attese faranno la differenza per attuare il volere del decreto: “l’esigenza di assicurare, anche mediante scelte architetturali tecnologiche-interoperabili, il necessario coordinamento operativo tra le amministrazioni dello Stato interessate, a vario titolo, al perseguimento degli obiettivi di Governo in materia di innovazione e digitalizzazione”. Ora il dipartimento é un dato di fatto, sopravviverà ai cambi di governo, e dovrà gestire l’eredità del Team alla Trasformazione Digitale di Luca Attias (in scadenza a dicembre 2019) oltre che la relazione con l’Agenzia dell’Italia Digitale (Agid) di Teresa Alvaro e con i ministeri che hanno voce sui temi dell’innovazione (in primis Mise e PA). Il Dipartimento c’è. 

La seconda data passata in sordina  è quella del 19 agosto, giorno di inizio della consultazione pubblica per valutare la Strategia Nazionale per l’Intelligenza Artificiale redatta dal Mise. Un documento di 17 pagine (tutti lo possono scaricare) che illustra in nove capitoli gli obiettivi da raggiungere.
Dal 19 agosto al 13 settembre 2019, chi vorrà potrà presentare brevi osservazioni per ciascuno dei nove punti, con suggerimenti di carattere tecnico e formale, oltre che aggiungere spunti. 
La Strategia è il risultato dell’analisi da parte del Mise  del lavoro dei 30 esperti italiani dedicati all’AI, che tra gennaio e giugno 2019 hanno elaborato le proposte (anch’esse oggetto di osservazioni fino al 13 settembre).

Trovo che molti lettori, uomini e donne attive sui temi dell’innovazione possano dire la loro, partendo da quanto stanno sperimentando in azienda o in università, con l’esperienza raccolta sul campo e le criticità nate dal confronto di idee.
Perché i nove punti sono di interesse trasversale, riguardano:

1 – Come incrementare gli investimenti pubblici e privati nell’AI e nelle tecnologie correlate (“l’investimento pubblico complessivo entro l’anno 2025 ammonterà a circa 1 miliardo di euro – recita il documento – e questo stanziamento dovrebbe esercitare un effetto di leva di pari ordine sugli investimenti privati, tale da raggiungere un volume complessivo di almeno 2 miliardi di euro”).

2 – Come potenziare l’ecosistema della ricerca e dell’innovazione nel campo dell’AI (attraverso l’assunzione di professori e ricercatori in università, centri di ricerca, con master finanziati da imprese in collaborazione con università e dottorati industriali).

3 – Come sostenere l’adozione delle tecnologie digitali basate sull’IA (supporto a Pmi, startup, rete nazionale per lo sviluppo, digital hub e competence center).

4 – Come rafforzare l’offerta educativa a ogni livello per portare l’AI al servizio della forza lavoro (“sarà fondamentale che i lavoratori siano informati sulle reali potenzialità delle IA che utilizzeranno, e che siano formati per l’utilizzo di queste tecnologie, con programmi di upskilling e di reskilling per mantenere alto il livello qualitativo delle loro attività”).

5 – Come sfruttare il potenziale dell’economia dei dati (con soluzioni per migliorare l’interoperabilità e l’accessibilità dei dati della Pubblica Amministrazione e promuovere lo sviluppo di un Data Sharing Agreement).

6 – Come consolidare il quadro normativo ed etico (assicurando “la progettazione dei sistemi di IA improntata a principi di affidabilità, entrando a fare parte anche della definizione di una nuova direttiva europea per le macchine intelligenti“).

7 – Come promuovere la consapevolezza e la fiducia nell’AI tra i cittadini (verrà avviata dalla RAI la produzione di programmi di approfondimento sul cambiamento culturale e socio-economico). 

8 – Come rilanciare la pubblica amministrazione e rendere più efficienti le politiche pubbliche (lotta a evasione, elusione fiscale, cyberattacchi, furto di informazioni personali e dati sensibili, mafie e terrorismo con una cabina di regia interministeriale che governi la fase educativa, infrastrutturale, industriale, normativa).

9 – Come favorire la cooperazione europea e internazionale (un’azione sinergica dei paesi dell’Unione Europea per fronteggiare la concorrenza di Stati Uniti e Cina).

Non servono papiri per commentare ogni singolo punto, massimo 300 caratteri, ahimè davvero molto pochi ma sufficienti per indirizzare, tenendo conto che il documento esplicita i sette settori chiave prioritari per l’allocazione delle risorse: industria e manifattura, agroalimentare, turismo e cultura, infrastrutture e reti energetiche, salute e previdenza sociale, città e mobilità intelligenti, pubblica amministrazione.

Solo a consultazione chiusa (dopo il 13 settembre), il Mise potrà varare il documento finale da portare sul tavolo europeo, dove siedono i 25 stati firmatari della dichiarazione di cooperazione per l’intelligenza artificiale (nata a Bruxelles nell’aprile del 2018) e dove lavora il gruppo di esperti internazionali per definire gli orientamenti etici e le politiche di investimento in Europa (tra cui anche personaggi italiani).

Diciamo la nostra entro il 13 settembre, a estate finita, attenti a rileggere con maggiore consapevolezza i fatti di agosto. Ora, a settembre, ragioniamo a bocce ferme.

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