La scelta di un’architettura cloud è ormai una pratica comune a molte aziende, indipendentemente da dimensioni e settore di appartenenza, ed in costante crescita. Ciò appare evidente dalle stime di NetConsulting cube che, ancora in consolidamento, mostrano un mercato che, a fine 2019, dovrebbe aver raggiunto un valore di circa 3,3 milioni di euro (comprensivo delle architetture di private cloud) per effetto di una crescita del 21,5% rispetto al 2018. Il trend futuro del mercato è atteso mantenersi positivo ma con intensità diverse nel breve e medio periodo: in rallentamento nel 2020, per effetto degli impatti negativi della pandemia da Coronavirus, e in ulteriore rimbalzo nel biennio 2021 e 2022. Complessivamente, il tasso di crescita medio annuo del mercato nel periodo 2019-2022 è previsto, ad oggi, attestarsi tra il 15% e il 19%.

Il mercato del cloud computing in Italia, 2017-2019 (Fonte: NetConsulting cube, 2020)
Il mercato del cloud computing in Italia, 2017-2019 (Fonte: NetConsulting cube, 2020)

In linea con le rilevazioni del passato, l’adozione di servizi cloud cresce in modo particolarmente veloce in relazione a modelli di public cloud e di hybrid cloud. Ed è su queste architetture che si concentra la maggior quota di spesa sostenuta dalle aziende (complessivamente oltre il 67% nel 2019). La crescita del modello di hybrid cloud conferma come le architetture cloud continuino ad essere considerate un elemento fondamentale per il raggiungimento di una maggiore efficacia nella gestione degli ambienti IT che sono sempre più ibridi, composti da risorse on premise e on demand. La struttura del mercato suggerisce, quindi, come l’approccio delle aziende verso il cloud sia sempre più selettivo: non esiste un modello prevalente ma, al contrario, modelli diversi, di public cloud e di private cloud/virtual private cloud, vengono adottati a seconda degli ambiti IT da gestire e sono sempre più combinati tra loro e con le risorse IT on premise.

L’approccio selettivo delle aziende italiane nei confronti del cloud è evidenziato anche dall’analisi del mercato per tipologia di servizio utilizzato. In questo caso, la selettività è duplice e riguarda, da un lato, la scelta dei macro-ambiti IT da gestire in cloud e, dall’altro, la selezione, all’interno di questi, delle singole componenti IT – infrastrutturali o applicative – da collocare sulla nuvola.

Prevalgono i servizi IaaS di gestione infrastrutturale, che rappresentano spesso il punto di partenza di strategie cloud più ampie, il cui valore di mercato, nel 2019, rappresenta il 53% circa del mercato complessivo, in accelerazione rispetto al biennio precedente e concentrato a sua volta sulle componenti server, network e storage.

Il peso delle piattaforme SaaS ha raggiunto un valore pari al 41,5%. Il SaaS è ad oggi un’opzione tecnologica all’ordine del giorno non più solo a supporto delle componenti software di tipo tattico, (Web conferencing, collaboration, posta elettronica e produttività individuale), ma anche in misura crescente degli applicativi core aziendali e della loro evoluzione.

Le architetture PaaS hanno un peso minoritario ma sono previste in crescita in linea con un possibile aumento della propensione delle aziende – soprattutto di quelle più grandi – a svolgere internamente attività di sviluppo e test delle applicazioni.

La composizione del mercato del cloud computing in Italia per modello e servizio, 2019E (Fonte: NetConsulting cube, 2020)
La composizione del mercato del cloud computing in Italia per modello e servizio, 2019E (Fonte: NetConsulting cube, 2020)

Un’ampia gamma di servizi e modelli cloud

Un’indagine svolta nella seconda metà del 2019 su un campione di 150 aziende da NetConsulting cube mostra risultati in linea con quanto precedentemente descritto relativamente sia ai servizi che ai modelli cloud maggiormente utilizzati.

I servizi IaaS rappresentano l’area di investimento più frequente, citata in particolare dalle aziende di maggiori dimensioni. I partecipanti all’indagine hanno indicato in dettaglio l’adozione attuale di servizi di archiviazione e/o backup (53% delle aziende), che appaiono fondamentali per aumentare il livello di preparazione delle aziende alla possibile perdita di dati e consentire l’adozione efficace di nuove soluzioni digitali; servizi di Web hosting, relativamente a siti Web, portali e-commerce, etc. (51%); servizi di server capacity, ovvero la disponibilità di capacità di calcolo/computazionale a supporto degli ambienti IT di produzione (50%); servizi di hosting basati su IaaS relativi alle tradizionali applicazioni aziendali, che rappresentano senza dubbio la componente più matura dei servizi IaaS ad oggi disponibili sul mercato (27%).

Segue la componente di servizi SaaS, il cui utilizzo ricorre con maggiore frequenza relativamente a applicazioni molto specifiche che soddisfano esigenze estremamente puntuali, quali ad esempio suite di office automation, soluzioni di CRM, BI, SRM e HCM. L’adozione di SaaS come piattaforma software strategica, a supporto ad esempio di soluzioni ERP, è al contrario molto meno frequente in quanto sconta la complessità dei progetti di migrazione e il persistente timore relativo alla sicurezza dei dati.

Le architetture PaaS si confermano l’ambito cloud meno utilizzato, in linea con la scarsa propensione delle aziende a svolgere internamente attività di sviluppo e test delle applicazioni.

Principali servizi cloud in uso ad oggi (Fonte: NetConsulting cube - indagine campionaria, Novembre 2019)
Principali servizi cloud in uso ad oggi (Fonte: NetConsulting cube – indagine campionaria, novembre 2019)

I modelli di deployment più adottati sono riconducibili ad architetture di private cloud. Il risultato è dovuto in gran parte alle scelte delle grandi realtà e mostra una prevalenza di architetture dedicate di hosted private cloud, che rappresentano – di fatto – la naturale evoluzione tecnologica dei servizi tradizionali di hosting; di architetture di private cloud in house gestite internamente, che stanno gradualmente sostituendo i data center proprietari; di architetture di private cloud in house gestite da service provider esterne, a dimostrazione di come molte aziende non abbiano le competenze adeguate a gestire le architetture cloud in autonomia. Si tratta, in ogni caso, di architetture la cui adozione appare piuttosto consolidata e non è quindi caratterizzata da significativi piani di investimento futuri.

Principali modelli cloud di deployment ad oggi e in previsione (Fonte: NetConsulting cube - indagine campionaria, novembre 2019)
Principali modelli cloud di deployment ad oggi e in previsione (Fonte: NetConsulting cube – indagine campionaria, novembre 2019)

Le architetture di public cloud sono caratterizzate da una frequenza di adozione lievemente inferiore, e anche in questo caso le aziende preferiscono delegare la gestione a un fornitore esterno a riprova di come un gran numero di società non ritenga di avere le competenze sufficienti per gestire internamente il proprio cloud pubblico. Anche le architetture di public cloud non sono caratterizzate da previsioni significative di investimento futuro.

Infine, le architetture di hybrid cloud e multicloud sono state indicate rispettivamente dal 70% e dal 69% del campione. L’analisi dimensionale delle risposte mostra come l’adozione attuale e futura di architetture di hybrid cloud ricorra più frequentemente nelle grandi organizzazioni, che di solito operano con ambienti IT eterogenei. Le architetture di hybrid cloud sono caratterizzate anche dalle maggiori previsioni di investimento futuro e rappresentano, quindi, il modello atteso in maggior crescita futura, in linea con le rilevazioni di NetConsulting cube. Al contrario, le architetture multicloud trovano applicazione principalmente nelle imprese di minori dimensioni.

Flessibilità e agilità con il cloud iperconvergente

Le scelte delle aziende italiane in ambito cloud sono, quindi, all’insegna della massima flessibilità e personalizzazione. Ciò è evidente dall’analisi non solo dei servizi cloud in uso, che sono molteplici e variabili nel tempo, ma anche e soprattutto delle architetture cloud che le aziende implementano. Da questo punto di vista, spicca il ruolo importante di fornitori esterni, che garantiscono la disponibilità di un servizio personalizzato, e la coesistenza di diversi modelli in linea con la significativa eterogeneità della tipologia di risorse IT da gestire.

Alla luce di questi elementi, la disponibilità di architetture di hybrid cloud, che consentano di gestire al meglio integrazioni tra istanze fisiche e on demand, superando i limiti imposti dalle altre infrastrutture cloud, e di applicazioni cloud-native appare per le aziende di particolare interesse. Architetture di questo tipo consentono una maggiore agilità e scalabilità delle risorse e, di conseguenza, anche un time-to-market più rapido relativamente allo sviluppo di soluzioni e servizi digitali. Per le aziende, al contrario, rimanere vincolate all’upgrade delle proprie infrastrutture legacy per adeguarle allo scenario del cloud, comporta dispendio di tempo, costi elevati e rigidità infrastrutturale.

In questo quadro, si colloca la tecnologia iperconvergente che consente di superare i tradizionali problemi di scalabilità che caratterizzano le architetture di cloud single-tenant, completamente dedicate all’azienda, in contesti sia public che private cloud. La tecnologia iperconvergente si basa su componenti di virtualizzazione attraverso le quali i molteplici silos di una stessa infrastruttura possono essere gestiti come un’unica entità. Più in dettaglio, in un’infrastruttura di cloud iperconvergente, le componenti di rete, storage ed elaborazione collaborano e vengono eseguiti mediante una singola interfaccia di gestione completamente software-defined.

Da un punto di vista operativo, l’infrastruttura iperconvergente integra funzioni di elaborazione, storage, rete e gestione su server x86 standard di mercato, dotati di dispositivi di storage interni (disco o flash). Grazie alla possibilità di scalare orizzontalmente, i cluster di un’infrastruttura iperconvergente raggruppano le risorse fisiche e le condividono tra le diverse macchine virtuali in esecuzione su qualsiasi nodo del cluster.

Le principali caratteristiche di un’infrastruttura iperconvergente sono così sintetizzabili:

  • una piattaforma iperconvergente è il risultato di tre componenti, virtualizzazione di server, storage, rete, coordinati da un’unica interfaccia di gestione;
  • l’interfaccia di gestione astrae e raggruppa in pool le risorse sottostanti e le assegna poi dinamicamente alle applicazioni in esecuzione su macchine virtuali o container;
  • invece di creare LUN (Logical Unit Number), ovvero partizioni di storage a cui assegnare le macchine virtuali, gli utenti si limitano a utilizzare le policy per descrivere quali risorse di storage occorrano per ogni macchina virtuale. Il software, quindi, applica, monitora e corregge le policy;
  • le operazioni semplificate e basate su workflow riducono le attività manuali e permettono di automatizzare tutte le operation.
Il passaggio da un’architettura IT tradizionale ad una piattaforma iperconvergente (Fonte: NetConsulting su fonti varie, 2020)
Il passaggio da un’architettura IT tradizionale ad una piattaforma iperconvergente (Fonte: NetConsulting su fonti varie, 2020)

L’adozione della tecnologia iperconvergente porta a benefici relativamente a complessità e tempi, costi e rischi:

  • complessità: in un’infrastruttura iperconvergente, le operazioni per eseguire il provisioning dei nuovi sistemi o per mantenere quelli esistenti sono semplici e richiedono tempi generalmente contenuti, Inoltre, è possibile allineare le policy ai carichi di lavoro piuttosto che alle singole strutture hardware e distribuire in modo più rapido i servizi mediante l’automazione. Infine, l’uso di un’infrastruttura iperconvergente si avvale di un’unica soluzione di gestione il cui utilizzo è noto, comune ed estensibile in modo facile ad altre componenti infrastrutturali;
  • costi: la tecnologia iperconvergente si basa su componenti hardware standard. Ciò permette di utilizzare al meglio le piattaforme su cui si è già investito e di sfruttare eventuali vantaggi economici resi disponibili dai vendor di riferimento. Grazie alla scalabilità incrementale resa possibile dall’iperconvergenza, inoltre, le aziende possono acquistare solo ciò di cui hanno bisogno e, in caso di aumento dei dati, aggiungere un nodo alla volta. È possibile, infine, ottimizzare del budget affinché le risorse fisiche e professionali soddisfino la domanda aziendale in aumento e gli SLA per i servizi IT;
  • rischi: l’uso di un’infrastruttura iperconvergente consente di ridurre i rischi derivanti dal deployment delle applicazioni su infrastrutture legacy in diversi scenari cloud. Gli approcci tradizionali alla migrazione delle app prevedono il refactoring per consentire la migrazione dal data center on-premise al cloud, che comporta rischi relativamente a tempi, mancanza di competenze e entità della spesa. La migrazione delle applicazioni da private cloud al public cloud è caratterizzata da rischi se i carichi di lavoro non vengono accuratamente ridefiniti per una nuova piattaforma e rigorosamente sottoposti a nuovi test. Quando l’applicazione è in cloud, strumenti e processi eterogenei richiedono solitamente un team separato che si occupi esclusivamente del cloud. La presenza di più team causa rischi di inefficienza operativa, che intacca i risparmi realizzati grazie al trasferimento su public cloud.

In tal senso, l’iperconvergenza rappresenta una tecnologia propedeutica all’hybrid cloud in quanto consente di rompere i vincoli tipici di un’infrastruttura di dedicated cloud e di fornire alle aziende un’infrastruttura cloud che presenta i benefici tipici di un’infrastruttura di private cloud ma con le logiche tipiche del public cloud.

Per le aziende, questo approccio consente di eseguire carichi di lavoro on-premise/su private cloud e su public cloud, sfruttando al contempo i team, le competenze e gli strumenti esistenti. In altre parole, mette a disposizione, in modo perfettamente integrato, una piattaforma operativa comune per l’infrastruttura on-premise/di private cloud e il public cloud.

I benefici di una piattaforma iperconvergente (Fonte: NetConsulting su fonti varie, 2020)
I benefici di una piattaforma iperconvergente (Fonte: NetConsulting su fonti varie, 2020)

In sintesi, la tecnologia iperconvergente rappresenta un modello di software-defined infrastructure applicabile non solo alle componenti core del data center aziendale ma anche ad architetture di public cloud e al perimetro aziendale esterno che consente di ottenere efficienza operativa e di risparmiare sui costi immediati, oltre a rappresentare un passo importante verso le infrastrutture del futuro.

L’integrazione di ambienti diversi secondo una modalità comune permette alle divisioni IT aziendali di sfruttare i vantaggi dell’hybrid cloud senza incorrere in elevati rischi o situazioni complesse. In questo modo, le aziende hanno sempre a disposizione l’infrastruttura più adeguata a tutti gli ambienti che supportano l’esecuzione e la migrazione delle applicazioni.

Pertanto, l’evoluzione e la modernizzazione dei data center tramite la tecnologia iperconvergente consente alle aziende di rimanere competitive, grazie ad un time-to-market più rapido che favorisce e velocizza lo sviluppo di nuovi servizi e applicazioni digitali, a supporto della digital transformation.

Da questo punto di vista, per le organizzazioni IT, uno dei primi ambiti di applicazione della tecnologia iperconvergente è rappresentato dalla virtualizzazione dei desktop, ovvero dall’adozione dell’infrastruttura desktop virtuale (VDI). La VDI è uno degli elementi più importanti nelle strategie di digitalizzazione delle aziende e abilita in prima battuta forme di lavoro innovative. Tale tema sta diventando sempre più rilevante in linea con il rafforzamento delle strategie di Digital Workspace che è seguito alle difficili condizioni di mercato determinate dalla pandemia da Covid-19.

Tecnologia iperconvergente e VDI risultano complementari. L’infrastruttura desktop virtuale prevede l’utilizzo di interfacce informatiche per effettuare uno scambio intenso di dati, è dotata di scalabilità lineare e trae vantaggio da un’ampia gamma di servizi di dati, quali deduplicazione e compressione. L’iperconvergenza ne è rapidamente diventata lo standard dal momento che questa tecnologia mette a disposizione componenti storage ad alte prestazioni ed è caratterizzata da un livello di scalabilità allineato ai requisiti della VDI.

Alla luce delle sue caratteristiche, nell’immediato futuro, è prevedibile che la tecnologia iperconvergente indirizzerà una gamma sempre più ampia di scenari digitali grazie ai suoi elementi distintivi, ovvero scalabilità, scarsa complessità, costi contenuti e capacità di supportare applicativi tradizionali, mission critical e soluzioni cloud-native.

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