Otto professionisti del mondo legale su dieci evidenziano un incremento nella necessità di soluzioni tecnologiche in funzione della pandemia e oltre sei su dieci aumenteranno gli investimenti in questa direzione (erano il 51% nel 2019, in un trend crescente negli ultimi tre anni). Per circa il 77%, l’impatto maggiore nei prossimi anni nell’ambito delle professioni legali sarà generato proprio dalla crescente importanza dell’adozione di tecnologie per gestire una maggiore quantità di informazioni complesse. Un dato però in controtendenza, per il secondo anno consecutivo, rispetto a quello relativo alla capacità di gestire tali tecnologie. Solo poco più del 30% degli intervistati, infatti, ritiene la propria attività in grado di farlo. A dirlo è la ricerca 2021 Wolters Kluwer Future Ready Lawyer Survey: Moving Beyond the Pandemic condotta su un campione di oltre 700 professionisti del mondo legale tra studi e corporate legal department di Stati Uniti ed Europa.

Wolters Kluwer Future Ready Lawyer Survey 2021
Wolters Kluwer Future Ready Lawyer Survey 2021

Lo studio scende nel dettaglio ed individua le tecnologie in grado di agevolare il mondo legale in primis nei big data e nell’analisi predittiva che nei prossimi tre anni avranno un impatto sull’attività legale per il 75% dei corporate legal office (in crescita rispetto al 67% del 2020), mentre è in aumento la percentuale relativa agli studi legali, che si attesta al 69% rispetto al 58% del 2020. Anche in questo caso però meno di un terzo del panel dichiara di conoscere a fondo questi strumenti.

E’ vero anche che proprio le law firm e gli uffici legali aziendali che sfruttavano e investivano già in tecnologia negli anni precedenti (46% degli intervistati) si sono sentiti preparati a gestire la crisi generata dalla pandemia, mantenendo la continuità aziendale, con il 65% di essi che dichiara di voler continuare in questa direzione, forse la cifra più confortante in relazione alla reale efficacia degli investimenti tecnologici.

Per l’82% la capacità di utilizzare la tecnologia per migliorare produttività ed efficienza – oltre a collaborazione e processi lavorativi – è il primo fattore di valutazione nella selezione del partner legale a cui affidarsi, un aspetto che prova come la trasformazione digitale richieda passi in avanti a tutti i componenti delle diverse “filiere” e nel 2021 crescerà  dal 68% al 73% chi prevede l’utilizzo di Alternative Legal Service Provider (Alsp).

“Dalla ricerca emerge come le soluzioni tecnologiche si siano rivelate essenziali per la resilienza del business nell’ultimo anno – sottolinea Martin O’Malley, executive vice president e managing director Wolters Kluwer Legal & Regulatory. – I professionisti vedono nella digital transformation e nella tecnologia due driver di cambiamento sui quali continueranno ad investire per migliorare prestazioni, efficienza e produttività.

Lo spaccato di dettaglio, per quanto riguarda nello specifico gli studi legali, li vede impegnati ad investire ed innovare per incrementare l’efficienza ed in questo modo riuscire a rispondere in modo adeguato alle richieste da parte delle aziende.
Le aree in cui in questo ambito sono previsti i maggiori cambiamenti nei prossimi tre anni vedono l’82% del panel relativo attendersi una maggiore specializzazione dei servizi legali offerti.

Appena un punto percentuale in meno si attende un maggiore utilizzo della tecnologia per migliorare la produttività. E quasi otto intervistati su dieci si aspettano una maggiore attenzione verso l’innovazione e una maggiore collaborazione e trasparenza tra gli studi legali e i clienti. Ma appena il 32% ritiene di essere molto preparato a usare la tecnologia per incrementare la produttività e solo il 28% è preparato a sfruttarla per migliorare i servizi al cliente.

Come gli uffici legali aziendali, anche gli studi legali stanno valutando nuovi metodi di lavoro. Rispetto al 2020, una maggiore percentuale prevede di incrementare l’impiego di personale che non esercita la professione legale per svolgere il lavoro (69%); gli strumenti “self-service” per i clienti (68%); le risorse di terzi o in outsourcing (68%); e personale a contratto (65%).

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi l'articolo: