Il tema della sovranità digitale, balzato purtroppo solo negli ultimi anni in cima alle agende di organizzazioni e PA dei 27 Paesi membri UE, della Commissione e del Parlamento europeo, sollecita nuove riflessioni anche alla luce dei più recenti eventi, in particolare dell’emergenza sanitaria e, ancor più di recente, del conflitto in Ucraina.
E’ l’occasione anche del confronto tenutosi in questi giorni presso l’Ambasciata di Francia, a Roma, tra esperti digitali, e rappresentanti politici ed istituzionali di alcune nazioni (tra cui Italia, Francia, Germania, Estonia, etc.), insieme agli esponenti di Gaia-X e al top management di OvhCloud, con alcune aziende europee. Oltre alla fotografia sulle varie tappe e sullo status per approdare “effettivamente” ad un’ideale sovranità digitale, si dibatte in particolare su come giungere a un accordo a livello continentale per garantirne i valori fondanti e porre i cittadini al centro del progetto.
Per questo si parla di Consensus di Roma, inteso come approccio al tema della sovranità digitale con al centro gli effettivi diritti dei cittadini e basato sui valori fondanti dell’Europa. Una sorta di framework olistico basato su pilastri fondativi che emergono delineati proprio durante il confronto, tappa di rilancio di un percorso iniziato oltre un anno fa, sempre a Roma e proseguito a Berlino, Riga, Varsavia, Parigi, Madrid, Tallin, Tolosa.
Obiettivo primario generare un dibattito produttivo attorno alla definizione ed al concetto di sovranità digitale, quindi lavorare a una tabella di marcia pragmatica per fare in modo che la sovranità digitale metta radici profonde in tutto l’ecosistema. “A partire dai regolamenti, ma non per fermarsi ai regolamenti, perché questo è il momento di agire e promuovere azioni concrete“, come spiega Michel Paulin, Ceo di OvhCloud, con un messaggio che da solo rappresenta una buona sintesi dei diversi contributi.
L’Europa oggi non è certo più al “palo”: Gdpr, Digital Markets Act (Dma), Digital Services Act (Dsa), il progetto Gaia-X rappresentano alcuni dei punti di riferimento non solo all’interno dell’Unione ma anche per le aziende extra-UE (e oltreoceano) che nel tempo hanno riconosciuto il valore e l’importanza di un “approccio differente” e omni-comprensivo in relazione a privacy, trattamento dei dati, utilizzo degli abilitatori digitali più avanzati come l’AI e il quantum computing.
Oltre a questo l’Europa è oggi consapevole di dover sfruttare il momento di slancio per far maturare l’ecosistema tecnologico nel suo complesso ed insieme preservare le competenze e valorizzare i talenti. Le tappe del roadshow di questo anno lo hanno evidenziato, nazione per nazione, mettendo in luce peculiarità poco conosciute come per esempio il maturo ed innovativo modello di servizio pubblico digitale dell’Estonia, la stessa strategia digitale italiana, la maturità di Industria 4.0 tedesca e la visione francese, così ben espressa nel corso di una delle tappe da Bruno Le Maire, minister of Economy, Finances and Industrial and Digital Sovereignty francese che parla di “una sovranità digitale che non sia in mano ai privati (come negli Usa), né allo stato (come in Cina) ma che veda al centro le persone”… E, aggiungiamo, le iniziative di partenariato pubblico/privato e delle organizzazioni per la formazione delle competenze.
Sì, perché oggi, specifica Henri Verdier, ambasciatore francese per le questioni digitali, “proprio il digitale ha acquisito un’evidente rilevanza geopolitica, e mai come in questo momento è necessario liberare il potenziale economico e tecnologico europeo”. Si tratta non di preferire a quello attuale “uno scenario basato sul protezionismo, ma certo di poter avere l’autonomia strategica di scegliere“.
Un’autonomia che il Consensus di Roma vede basata su quattro pilastri, in stretta relazione con quelli individuati durante le tappe stesse del roadshow, che ripercorriamo sotto la guida di Michel Paulin, Ceo di OvhCloud. Comprendono: i regolamenti come cornice quadro “ambientale” per delineare le regole del “gioco”, quindi Dma, Dsa, ma anche European Chips Act e AI Act e la maturità nell’adozione del Data Act per colmare il gap sui cloud services (1), con la capacità di adattarsi all’evoluzione tecnologica in modo rapido; la ricerca e lo sviluppo sulla scorta della collaborazione tra pubblico e privato (entro cui si collocano i programmi Digital Europe, la promozione di Gaia-X e al livello ancora successivo la ricerca su quantum computing, AI ed edge, 2); il pilastro relativo a finanziamenti e gare di appalto per il lancio dei progetti all’interno del framework Ipcei Cloud, la riforma del public procurement per consentire di esprimere valore alle “alternative cloud europee” attraverso un Buy European Tech Act, ed il riconoscimento di 10 European Digital Champions tramite l’iniziativa Scale Up Europe (3). Ultimo pilastro e non certo il meno importante, il rilancio delle iniziative di formazione delle competenze sia a livello accademico, sia in relazione alla formazione dei Digital Protection Officer, così da garantire effettivamente la mobilitazione di tutti gli attori in gioco (4).
Si tratta, come si può ben capire, di una visione di breve, medio e lungo termine, dove però i tempi, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, sono “ristretti” e vanno da un’orizzonte di appena tre mesi, alla fine del 2023. Ben evidenzia il tema dell’urgenza Toomas Hendrik Ilves, former president della Repubblica estone: “Le criticità in corso hanno consenti di prendere effettiva consapevolezza su quanto sia vulnerabile l’Europa e di fatto ancora non autosufficiente. Per questo serve maggior cooperazione tecnologica come sui servizi, recuperare il tempo perduto, anche per quanto riguarda la formazione e le competenze, e assicurarsi che effettivamente si concretizzino le normative nei comportamenti”. Vi si allaccia Benjamin Brake, head of the Department Digital and Data Policy, ministero federale tedesco per il digitale ed i trasporti: “Servono partenariati al servizio della sovranità digitale per integrare a livello comunitario strategie e sviluppi normativi. Così come un approccio pratico alle politiche digitali, che abbia come riferimento un quadro generale in un ambiente complesso. Perché un mercato unico digitale europeo ancora non c’è, mentre anche l’Europa deve diventare un attore forte”.
Le aziende che partecipano al confronto si trovano di fatto allineate nello scenario così come delineato. Se infatti Ingrid Sollner, chief marketing officer, Tehtris, France, rimarca il bisogno di avere anche in Europa, campioni “nella proposizione tecnologica” per competere con la concorrenza, Oliver Vaartnou, Ceo di Cybernetica sottolinea invece proprio “il bisogno di un ecosistema” che secondo Peter Kramer, managing director, Gaia-X Hub, deve comprendere “servizi/software/tecnologie di ecosistema, per modelli di business ibridi che fanno leva sui dati gestiti in modo regolamentato, protetti e valorizzati sulla scorta di servizi di qualità”. Protezione dati, interoperabilità, portabilità, open-source, sono per questo fondamentali e alla base di Gaia-X.
Ed è pure importante che le risorse economiche disponibili per lo sviluppo digitale, ed utilizzate dalle aziende, restino impiegate in una proporzione più equilibrata per valorizzare le aziende UE e le startup piuttosto che aziende d’oltreoceano. Laurent Giovachini, deputy Ceo di Sopra Steria, Francia: “Pandemia, elezioni Usa, conflitto in Ucraina ci hanno aiutato a comprendere meglio il bisogno di autonomia europeo. Neoliberalismo e economia di mercato non possono fare rima con ingenuità. Nessun protezionismo quindi, ma un ‘level clare field’ tra imprese e pubblico per reinventare il partenariato necessario per ridisegnare questo cammino verso l’attrattività e la sovranità digitale“.
Mentre Franco Ongaro, chief technology and innovation officer di Leonardo, rimarca: “Quantum computing, intelligenza artificiale sono tecnologie su cui puntare con forza, per permettere alle aziende europee di competere alla pari con i player extraeuropei, come ad esempio è accaduto nel settore aerospaziale, in cui Esa e Nasa dialogano a un livello paritario. ]…[ Leonardo (che aderisce a Gaia-X) condivide molti dei punti emersi nella discussione del Consensus di Roma: un approccio open source, gli investimenti continui in formazione ]…[ l’importanza della sicurezza]…[“
Quasi a chiusura di incontro riprende le fila il Ceo di OvhCloud, Paulin: “Gli attori europei sono chiamati a collaborare (aziende, pubblica amministrazione, education, finanziatori), significa anche riuscire ad attirare persone e formare competenze, perché restino. Non mancano Paesi dinamici, startup innovative, talenti, serve trovare finanziamenti e fare scaling ma anche essere vigilanti affinché le imprese sviluppino tecnologie in proprio e non sfruttino i finanziamenti solo per abilitare progetti sulla scorta delle tecnologie extra-UE”.
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