La scorsa settimana sono stati istituiti due fondi per sostenere lo sviluppo della transizione energetica e digitale di Pmi e startup. Notizia importante perché, come abbiamo visto da più studi recenti, mentre le grandi aziende enterprise hanno già messo in cantiere il proprio viaggio verso il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità nei prossimi anni (dalla riduzione delle emissioni di carbonio, all’attenzione al consumo di acqua ed energia, all’impegno nel rimediare ai danni passati), le piccole realtà ancora non hanno intrapreso una pianificazione programmata.
Lo studio di EY, commentato qualche settimana fa, sottolineava come servissero strumenti anche finanziari per stimolare la trasformazione energetica e digitale di realtà più piccole, che non hanno alle spalle grandi multinazionali o fondi che ne determinano la strategia. Mentre Gartner evidenziava come gli investitori finanziari (il 73%) guardino all’innovazione dei processi aziendali in ottica digitale o Esg come un fattore attrattivo per decidere se affrontare o meno un investimento in nuove realtà.

Vanno letti da questa prospettiva i due fondi annunciati in settimana, il Green Transition Fund di 250 milioni di euro e il Digital Transition Fund di 300 milioni di euro, messi in campo per stimolare la crescita di startup e Pmi innovative che hanno una attenzione green verso energia rinnovabile, mobilità sostenibile, efficienza energetica, economia circolare, oppure vogliono imprimere una spinta trasformativa al loro business grazie al digitale con progetti legati a intelligenza artificiale, cybersicurezza, fintech e blockchain.

I fondi – gestiti da Cdp Venture Capital Sgr per conto del ministero delle Imprese e del Made in Italy – rientrano tra gli interventi previsti dal Pnrr alle voci “Supporto di Startup e Venture Capital attivi nella Transizione Ecologica” e “Finanziamento di Startup”. Nello specifico il Green Transition Fund fa parte della Missione 2 Componente 3 (Rivoluzione verde e transizione ecologica – Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile) che stanzia un investimento complessivo di 5,4 milioni di euro. Mentre il Digital Transition Fund risponde alle sfide della Missione 4 Componente 2 (Istruzione e ricerca – Dalla ricerca all’impresa) con un investimento 3,2 milioni di euro.

A chi si rivolgono? Alle imprese target definite dal ministero, che verranno finanziate tramite investimenti di capitale di rischio diretti e indiretti (fondi di terzi). Il bilanciamento erogato sarà attento a sanare i divari territoriali: per questo il 40% delle risorse investibili sarà riservato a investimenti per progetti da realizzare nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) o a realtà che hanno sede operativa al Sud. “L’obiettivo – spiega il ministero in una nota – è favorire la crescita dell’Italia tramite investimenti di capitale di rischio, sostenendo progetti riguardanti la transizione ecologica e digitale”.

Rientrano nel target:
startup con elevato potenziale di sviluppo, con particolare riguardo verso le Pmi delle filiere della transizione digitale ed ecologica e che realizzano progetti innovativi;
startup e piccole e medie imprese che sono state costituite tramite una scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda da parte di grande impresa o di un’impresa a media capitalizzazione; oppure che siano state costituite con l’investimento di una grande impresa o di un’impresa a media capitalizzazione in ottica di venture building, qualora lo spin-off sia avvenuto in data non antecedente il 1 febbraio 2020;
imprese holding che, cumulativamente, abbiano sede legale in uno stato diverso dall’Italia e controllino una delle imprese indicate nei due punti precedenti, ma svolgano effettivamente il proprio business o abbiano programmi di sviluppo in Italia. In tale ipotesi, le risorse investite dal fondo saranno impiegate dalle imprese in Italia e la proprietà intellettuale sviluppata in Italia dovrà restare nel nostro Paese.

Per quanto riguarda il Digital Transition Fund, i 300 milioni di euro dovranno sostenere progetti innovativi nell’ambito della transizione digitale, con l’obiettivo di aiutare almeno 250 imprese entro giugno 2025. I progetti dovranno riguardare intelligenza artificiale, cloud, sanità, Industria 4.0, cybersicurezza, fintech e blockchain.

Mentre il Green Transition Fund, con i suoi 250 milioni di euro per stimolare la transizione ecologica, avrà l’obiettivo di finanziare 25 startup entro il 30 giugno 2026, realtà con focus sulla transizione ecologica con riferimento anche alle filiere negli ambiti di rinnovabili, economia circolare, mobilità, efficienza energetica, smaltimento dei rifiuti, stoccaggio di energie, per concorrere al raggiungimento dell’obiettivo climatico fissato dall’Unione Europea.
Le aziende interessate dovranno sottostare ai seguenti requisiti: il periodo di investimento del fondo non dovrà essere superiore a cinque anni, seguiti da altri cinque anni di gestione del portafoglio e l’importo dell’investimento diretto dovrà essere compreso tra 1 milione e 15 milioni di euro, mentre tra 5 milioni e 20 milioni per l’investimento indiretto.

I progetti agevolabili, per accedere ad entrambi i fondi, dovranno essere conformi al principio europeo di “non arrecare un danno significativo” o Dnsh (Do Not Significantly Harm), che esclude tutti i progetti che danneggiano gravemente l’ambiente come estrazione di carbone, trattamento dei combustibili nucleari, produzione di gas, trattamento e smaltimento di rifiuti pericolosi e non pericolosi…

Il dato è di buon auspicio per le nostre piccole-medie aziende innovative. Complessivamente i fondi ammontano a 550 milioni di euro per chi abbraccia la transizione, digitale o green. Scelte che, come domino, avranno poi un effetto a catena su tutta la filiera. Se si considera che l’Esg economy muoverà 43 triliardi di dollari in Europa entro il 2070, l’opportuinità non esclude nessuno (anche la responsabilità).

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi l'articolo: