A dispetto di un contesto economico e sociale incerto, caratterizzato dalla forte inflazione e dal rallentamento dell’economia globale, il settore Ict in Italia conferma la propria crescita mostrando grande capacità di innovazione. Con andamenti discontinui nei vari sotto-settori, il mercato digitale delle imprese italiane investe per potenziare e ammodernare i propri asset e per sperimentare nuovi paradigmi tecnologici, seppure siano sempre le imprese più grandi a spingere sui progetti e a destinare maggiori risorse rispetto alle piccole e medie imprese, che faticano ancora a reperire i budget e a cambiare passo. In questo scenario, rimangono da colmare alcuni gap, come la mancanza di competenze digitali, anche in ottica “new work mode era” e la scarsa cultura al cambiamento, che si confermano freni all’innovazione.
E’ questa una prima sintesi dei trend emersi alla presentazione, in Senato, dell’Assintel Report 2023 sul mondo del digitale, ricerca realizzata dall’associazione di Confcommercio in collaborazione con Idc Italia e Istituto Ixé. Uno scenario che Paola Generali, presidente di Assintel commenta così: “Il comparto del made in Italy digitale continua a dimostrare una notevole capacità di innovazione, esempio di come il modello italiano della piccola impresa possa funzionare anche in periodi economicamente complessi. Ma se vogliamo crederci, come Paese, dobbiamo metterle nelle migliori condizioni di continuare ad innovare, sostenendo finanziariamente la ricerca e lo sviluppo e incrementando la formazione di competenze digitali”.
Ict, settori e tecnologie trainanti
Guardando ai dati rilevati da Assintel con Idc, il mercato Ict business vale complessivamente quasi 39 miliardi di euro a fine 2023, in crescita del +4,8% sul 2022. A trainare è l’IT, che cresce del +5,8% e con previsioni di ulteriore sviluppo (+8,4% nel 2024); per contro, il segmento delle telecomunicazioni registra un calo del -0,8% per arrivare ad un andamento flat nel 2024.
Scendendo nel dettaglio delle sue componenti, la crescita del comparto IT è maggiore nel software, che registra un +11,8%, seguito dai servizi IT (+5,2%). Frena l’hardware, che registra un calo del -1,5%.
Dalla survey su un campione di 1.000 imprese pubbliche e private intercettate nel settembre 2023 da Ixè, emerge che le tecnologie di cui le imprese sono maggiormente dotate riguardano la collaboration (PC e smartphone) nell’80% dei casi circa, la connettività (banda ultra larga e wifi) nel 73,3% dei casi e la cybersecurity in oltre il 65% dei casi. Il 54% delle imprese adotta soluzioni per il sito web aziendale, soprattutto l’e-commerce (53,9%) e soluzioni gestionali e di back office (47%).
Tra le principali esigenze di miglioramento segnalate dalle aziende per innovare e sviluppare il business, il 31% circa riguarda le attività di comunicazione e marketing, il 22% la gestione dei clienti e il 16% la sostenibilità e la riduzione dell’impatto ambientale, a conferma del crescente impegno delle organizzazioni sulla conformità ai criteri Esg come passaggio fondamentale dell’innovazione digitale.
“L’innovazione è un elemento essenziale per la competitività sia nelle imprese che nelle piccole aziende e la digitalizzazione in particolare si conferma un importante fattore di sviluppo economico nonché una priorità per raggiungere obiettivi di sostenibilità“, afferma a questo proposito Anna Carbonelli, responsabile Solution Imprese di Intesa Sanpaolo sottolineando come l’iniziativa CresciBusiness dell’azienda dedicata ad artigiani, commercianti e albergatori possa sostenere il rilancio delle loro attività attraverso progetti di digitalizzazione, sostenibilità e sviluppo commerciale.
Proseguendo sui dati, mediamente, il numero delle tecnologie e dei servizi Ict attualmente adottati dalle imprese è di 5,3. Un dato allarmante si riscontra nel fatto che ben l’8,5% delle imprese a livello nazionale è in una condizione di “completo digiuno digitale”; si parla di 130.000 imprese circa, soprattutto di piccole dimensioni.
Sul fronte delle tecnologie emergenti, c’è ancora una scarsa propensione da parte delle imprese: meno del 10%, infatti, investe o pianifica di investire in tecnologie innovative, come la robotica (8,2%) l’intelligenza artificiale (7%), la realtà aumentata e virtuale (7,9%) e la blockchain/Nft (2,7%), sebbene i tassi di crescita a livello macroeconomico di queste tecnologie si confermino a due cifre.
Traiettorie di investimento
Analizzando gli investimenti in digitale, lo scenario è in chiaroscuro. Infatti, mediamente, solo il 16% delle aziende può definirsi dinamica. In prospettiva, però, circa 8 imprese su 10 pensano di incrementare gli investimenti nel 2024, in un trend in miglioramento del 7% rispetto al 2023. Sulla capacità di investimento, si conferma nettissimo il divario tra le grandi imprese – che nella quasi totalità dei casi (93,8%) prevedono di continuare ad investire in tecnologie potenziando ed ammodernando i set delle dotazioni in essere – e le piccole imprese, che investono solo nel 38,7% dei casi e ancor meno le micro imprese i cui investimenti si fermano al 25,8%. A livello di settore, le aziende B2B investono di più rispetto a quelle del B2C. Un dato interessante è relativo all’età dei decisori che, se under 44 investono di più; in generale, più bassa è l’età dei responsabili e più alta appare la propensione verso le tecnologie emergenti e la sperimentazione.
La crescita dei budget tende ad uniformarsi tra i diversi settori merceologici, livellando le differenze e attestandosi sul 30% circa di imprese che prevedono di destinare maggiori asset al digitale. Nel dettaglio, per il commercio si prevede la crescita più marcata (dal 16% al 30% di imprese); per l’industria dal 22% al 27%; per i servizi dal 22% al 29%. In controtendenza e come nota critica, tendono a scendere gli investimenti del settore pubblico, che passano dal 36% al 30%. Tali investimenti si focalizzano in particolare: per il commercio sulla gestione dei clienti (17%) e le soluzioni web/e-commerce (14%); per l’industria sulle infrastrutture IT (11%) e i gestionali (10%); e per i servizi su web/e-commerce (13%) e cloud (11%).
Se si guarda poi alla geografia degli investimenti, nel 2023 sono le imprese del Nord Est ad essere più propense all’aumento del budget (il 25%), seguite da quelle del Sud e Isole (22%), del Centro (21%) e infine del Nord Ovest (19%). Guardando in prospettiva, al 2024, le imprese del Nord Ovest restano più conservative, mentre le altre aree del Paese tenderanno a crescere di più, soprattutto il Centro Italia (36%) seguito in pari misura da quelle del Sud e Isole e del Nord Est (31%).
A fronte delle difficoltà registrate soprattutto dalle Pmi, cresce il noleggio strumentale, che diventa uno strumento per sopperire alla mancanza di budget, con l’everything as a Service che intensifica la trasformazione dei modelli per favorire il cambiamento.
“Il noleggio strumentale sta diventando sempre più popolare tra le aziende di media e piccola dimensione poiché permette di avere beni strumentali e servizi per un periodo definito senza dover fare grossi investimenti immediati e consentendo la detrazione totale del costo affrontato”; si sofferma su questo tema Aurelio Agnusdei, country manager di Grenke Italia, sottolineando che si tratta di un mercato che vale circa 1,5 miliardi di euro. “Una opportunità soprattutto per le Pmi che vogliono investire e crescere in modo sostenibile perché, a differenza dell’acquisto, non si vincolano capitali, non si incide sull’indebitamento aziendale. Il noleggio operativo è un facilitatore della digital trasformation delle imprese, perché consente di dotarsi delle tecnologie più aggiornate e performanti con un vantaggio competitivo sugli altri, e in estrema coerenza con logiche di sostenibilità e attenzione a criteri Esg”.
Terminando con le note più dolenti, i principali ostacoli alla digitalizzazione si confermano ancora una volta la scarsa disponibilità finanziaria (31%) e la mancanza di cultura aziendale del cambiamento e di competenze digitali (complessivamente al 32,4%), sentiti particolarmente nel segmento delle micro e piccole imprese. Solo il 21,5% delle imprese dichiara di disporre di ottime competenze digitali interne e di una cultura aziendale innovativa e anche il 38% delle aziende che ritiene di avere una cultura aziendale innovativa sente comunque di dover arricchire le proprie competenze digitali interne.
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