In relazione all’interesse della Comunità, e del Parlamento europeo che nel 2021 ha formulato una proposta di direttiva per il miglioramento delle condizioni di lavoro mediante le piattaforme digitali, l’Unione ha approntato un modulo sperimentale ad hoc dedicato allo studio del Digital Platform Employment (b), utilizzato anche da Istat come strumento tecnico e metodologico per la misurazione del lavoro in questo senso.
Scopo della sperimentazione è sottoporre a test metodologie, definizioni, questionari il modulo di rilevamento e produrre i primi dati sull’occupazione mediata da piattaforme digitali nell’Ue, che verranno utilizzati per lo sviluppo del modulo definitivo previsto per il 2026. 

L’indagine, su dati raccolti nel corso del 2022 (e lavorati nel 2023) è stata ora pubblicata da Istat. L’interesse legato ad essi è da collegare proprio all’oggetto della ricerca. I lavoratori tramite piattaforma digitale comprendono, infatti, le “persone che hanno svolto almeno un’ora di lavoro retribuita nel periodo di riferimento eseguendo compiti o attività organizzati attraverso una piattaforma digitale o un’app telefonica”, in riferimento ad una varietà molto ricca di occupazioni non esclusivamente “vicine” al digitale. Per esempio sono compresi anche il trasporto di merci, i servizi di real-estate, certo la vendita di beni, ma anche la pulizia degli ambienti, i servizi medici, etc., ed ovviamente le professioni legate al coding ed alla generazione di contenuti.
Si sono considerate le persone tra i 16 e i 64 anni facendo riferimento ai 12 mesi precedenti l’intervista, rilevando le ore dedicate all’attività, la quota di reddito derivante, le modalità di assegnazione dei compiti e di definizione dell’orario di lavoro, ed altri specifici parametri.

Le evidenze più importanti della ricerca Istat
Le evidenze più importanti della ricerca Istat Lavoratori delle Piattaforme Digitali

In Italia, le persone che nel 2022 dichiarano di aver svolto almeno un’ora di lavoro tramite una piattaforma digitale sono 565mila. Il lavoro su piattaforma è più diffuso nella classe di età 30-44 anni, tra gli uomini rispetto alle donne e tra le persone con un titolo di studio elevato. Circa i due terzi hanno utilizzato un’unica piattaforma, il 22,3% ha utilizzato almeno due piattaforme per svolgere lo stesso tipo di attività e il 10,1% ha utilizzato più piattaforme per svolgere attività diverse. 

Per quanto riguarda invece la tipologia di attività su cui le persone si sono attivate grazie alle piattaforme digitali sono la vendita di beni, la consegna di merci (incluso cibo), la creazione di contenuti (Youtube, Instagram e simili), l’affitto di case o stanze, i servizi informatici (programmazione, coding, Web design, supporto e controllo di contenuti online), le attività di insegnamento, tutoring e traduzione, i lavori manuali (elettrici, idraulici, pittura, ecc.) e di cura, ed infine il servizio di taxi e trasporto passeggeri.

Nella vendita dei beni, la ricerca evidenzia che le persone occupate che utilizzano una piattaforma sono lavoratori autonomi nel 37% dei casi; tra questi quasi la metà svolge come attività prevalente una professione connessa alla vendita di beni (ad es. esercenti o addetti delle vendite, tecnici della distribuzione commerciale e professioni assimilate, oppure esercenti o addetti alle attività di ristorazione, esercenti o professionisti di attività ricreative). La nota importante è che la piattaforma è in questi casi utilizzata come canale aggiuntivo a quello tradizionale per la commercializzazione. Una situazione simile si riscontra anche per l’attività di consegna di cibo o di altre merci e per quelle legate all’affitto di case.

Fonte Istat Rilevazione sulle forza lavoro
Tipologia delle attività svolte tramite piattaforma digitale (fonte Istat, fare clic sull’immagine per ingrandirla)

Interessanti anche i dati ‘ristretti’ che riguardano solo le ultime quattro settimane di attività prima del rilevamento della ricerca. E’ basso in Italia l’impegno orario per le attività lavorative svolte attraverso piattaforma digitale, in media: per un terzo degli individui meno di un’ora e per otto individui su 10 meno di 20 ore nelle quattro settimane precedenti l’intervista. Per oltre due individui su tre la quota di guadagno tramite piattaforma rappresenta al massimo la metà del reddito complessivo ed in quasi quattro casi su 10 la piattaforma assegna direttamente l’attività (per il 38,4% degli intervistati) mentre simile è la quota di coloro che la svolgono su propria iniziativa (circa il 37%); solo il 18% afferma di poter scegliere tra diverse opzioni o richieste di clienti.
Per oltre la metà del campione in ogni caso il rifiuto a prendere in carico un’attività non comporta alcuna conseguenza nel rapporto con la piattaforma mentre il 38,9% dichiara che il rifiuto potrebbe determinare conseguenze più o meno gravi, quali la perdita del lavoro, la disconnessione dalla piattaforma, la perdita di incarichi rilevanti o il peggioramento delle valutazioni. Si tratta in ogni caso di lavori ad elevata flessibilità, caratterizzante questo tipo di organizzazione.
Recita la ricerca Istat: “In poco più del 20% dei casi il compenso della prestazione lavorativa è definito dalla piattaforma (prezzo esatto o range), nel 13,5% dei casi c’è una negoziazione con la piattaforma, infine, in oltre sei casi su 10 è stabilito dallo stesso lavoratore (o da altro soggetto nei casi in cui vi siano tariffe regolamentate)”. Il grado di libertà e autonomia nell’organizzazione e gestione del lavoro su piattaforma digitale è generalmente elevata.

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