Non è una relazione facile quella tra Cio e Ceo nelle aziende italiane. Vuoi perché le nuove tecnologie impongono un ridisegno delle strategie e un uso diverso del digitale, vuoi perché diventa necessario lavorare sul cambiamento della cultura a livello aziendale.
Un trend che in questi anni ha visto due acceleratori importanti: prima il Covid che ha imposto la trasformazione digitale delle aziende (volenti o nolenti per garantire la continuità operativa) poi l’arrivo dell’intelligenza artificiale che, entrata come tecnologia vuole farsi ora strada nel business, ma è ancora al primo miglio, complice soprattutto la mancanza di business case chiari da indirizzare.
Una relazione complicata, dove il Cio si fa strategico nella famiglia aziendale, per la direzione tecnologica su progetti, finanziamenti (Pnrr), sostenibilità, gestione del rapporto con i fornitori, dei talenti e più in generale sulla visione futura dell’azienda (allineata o meno con il Ceo).
Tante le questioni aperte.
Cerca di comprendere queste dinamiche la diciottesima edizione della Cio Survey 2024, realizzata da NetConsulting cube, su un panel di 100 Cio delle più importanti aziende italiane, nei mesi scorsi.
Prima evidenza: cresce anche nel 2024 il supporto digitale al business, per cui il Cio rimarca il suo ruolo strategico nelle organizzazioni. “L’edizione di quest’anno conferma che a partire dagli anni dell’emergenza sanitaria le tecnologie digitali hanno avuto una diffusione molto intensa nelle aziende italiane a supporto di cambiamenti significativi nei principali processi aziendali – dichiara Giancarlo Capitani, presidente onorario di NetConsulting cube nel presentare la ricerca al Luiss Hub di Milano -. Una dinamica che ha generato una altrettanto significativa proliferazione di progetti digitali. Ma vediamo il Cio stretto in una morsa, da una parte la spinta all’innovazione – sostenuta dai due pilastri AI e sostenibilità – dall’altra il potente ritorno alla richiesta di efficientamento attraverso l’IT, con elevata attenzione ai costi” .
Se l’efficienza operativa è un vecchio mantra dell’IT, diventano più strategici i temi della trasformazione del dato in informazioni valide per il business e il tema della relazione con il cliente finale. “La diffusione dell’IT su tutto lo scheletro aziendale ci dice anche che l’agenda del Cio è oggi sempre più affollata – precisa Capitani – dove il primo impegno è richiesto dall’attenzione alla messa in sicurezza dell’azienda (cybersecurity), seguita dalla valutazione dell’ingresso prepotente dell’AI, cercando di capirne l’impatto sebbene oggi l’AI sia ancora legata a progetti sperimentali”. Ma questo ingresso rende chiaro che il tema della gestione del dato è ormai componente strategica di ogni realtà.
“L’AI è come una fiume carsico, sotterraneo, che sta cambiando il modo di fare azienda. E rispetto al clima pessimistico che caratteristica la visione dell’innovazione in Europa e in Italia, dobbiamo pensare che siamo davanti a un’era nuova, a una disruption tecnologia guidata dalla GenAI che mette in discussione anche il patrimonio consolidato delle competenze in tutti gli ambienti aziendali, non solo nell’ambito del nostro caro Cio”.
Componenti che non sono solo tecnologiche, ma richiedono una crescente convergenza tra competenze, “una commistione di IT, business e soft skill. Laddove questa triangolazione non funziona è indice di scarsa cultura aziendale verso l’innovazione, un ostacolo”.
Il ruolo del Cio nell’azienda è crescente. Il 61% dei Cio siede a tavoli che decidono investimenti ma conta molto l’atteggiamento che il Cio decide di avere, se mettersi in gioco: può decidere di essere un co-innovatore, un advisor proattivo rispetto all’innovazione del business, un semplice abitatore di proposte già preconfezionate, o solo un gestore. “In ogni caso deve tenere presente che il vero Kpi in realtà rimane sempre sulla sua capacità di impattare sull’efficientamento degli investimenti, sulla riduzione dei costi”, sottolinea Capitani.
A che punto è l’adozione dell’AI
Lo stato di adozione dell’AI all’interno delle aziende italiane indica che la strada intrapresa verso la data strategy è matura, perché le aziende da tempo hanno pianificato gli interventi evolutivi.
“Da una parte ponendo attenzione verso la propria infrastruttura, con il superamento dei silos di dati verso data platform di livello enterprise. Dall’altro lavorando sulla data governance, propedeutica all’evoluzione dei modelli di AI, perché dati e sicurezza dei dati sono requisiti fondamentali per l’AI stessa”, precisa Rossella Macinante, BU leader di NetConsulting cube. Seguono poi il tema dell’evoluzione dei modelli di machine learning e di data science, e via via tematiche meno innovative e più tradizionali.
I Cio hanno però idee chiare riguardo all’AI che è nella loro roadmap (per il 47%), con pochi in una fase di strategia molto avanzata. Ma nessuno – a parte una piccola quota residuale del 4% – non sta ponendo interesse al tema AI, attribuendo responsabilità anche ai Cio per definire la strategia, pur consapevoli che serve coinvolgere anche le figure di business.
Se GenAI è al primo posto tra le tecnologie, segue il mondo Rpa per l’automazione dei processi, prima di approdare ad ambiti tecnologici più maturi, quali il machine learning supervisionato o le reti neurali.
“Affascinato dall’utilizzo dell’AI al primo posto troviamo il mondo del finance (sia banche che assicurazioni) soprattutto in ottica previsionale per identificare frodi o per gestire il processo di liquidazione dei sinistri, con buoni business case supportati dall’AI. Al secondo posto il settore energy e utility dove sono state sviluppate applicazioni legate alla efficienza delle reti, attività di prevenzioni di perdite, guasti e malfunzionamenti. Cosi come l’attenzione del mondo telco e media va dal lato operativo alla gestione dei clienti”.
I casi d’uso di applicazione dei GenAI vedono al primo posto l’ottimizzazione dei processi amministrativi, la ricerca intelligente di informazioni all’interno dei documenti, attività di audit e compliance, e l’interazione con i clienti seppure con una certa cautela.
“Ma le sfide da affrontare per cogliere appieno l’AI sono diverse – conclude Macinante -. In primis la carenza di competenze sia lato domande sia lato offerta, che richiede tempo per essere colmata mentre la tecnologia viaggia a ritmi elevatissimi. Questo si affianca a un tema di resistenza al cambiamento che necessariamente deve essere accompagnato anche con analisi dei costi, valutazione del Roi non sempre chiaro per capire come costruire il business case e giustificarlo agli occhi del top management”. Rimane prioritario il tema della governance dei dati e dei modelli che richiede un ulteriore investimento da parte delle aziende.
A che punto è l’attenzione alla sostenibilità
La sostenibilità si colloca sul podio degli obiettivi aziendali dopo l’esigenza di migliorare l’efficienza operativa e di ottenere informazioni utili dai dati, portando con sé anche l’attenzione alla riduzione di consumi ed emissioni. “La priorità ambientale appare particolarmente sentita dalle aziende dei settori Gdo & retail, banche, utilities – commenta Annamaria Di Ruscio, amministratrice delegata di NetConsulting cube -. Seguono il settore industria tra i più eterogenei in termini di comparti di attività, e i servizi, le cui aziende sono tra le meno energivore fatta eccezione per i trasporti. In questi settori, inoltre, si assiste ad una crescente fragilità delle infrastrutture fisiche, edifici, impianti, punti vendita a causa di come sono state progettati e della loro collocazione. Infine le utilities”.
In questo contesto, le aziende stanno iniziando a focalizzarsi su consumi e emissioni, per ridurli e governarli, sulla compliance alle normative (Corporate Sustainability Reporting Directive) che richiede spesso la nomina di figure responsabili in azienda in grado di formulare Piani strategici di sostenibilità, anche se questi ultimi sono in una fase meno avanzata.
“Ma in questo scenario la Cio Survey ci dice che le aziende, da un punto di vista generale, non riconoscono un ruolo particolarmente intenso della tecnologia a supporto degli obiettivi di sostenibilità. Assicurazioni, servizi e gdo & retail spiccano per una percezione particolarmente contenuta della tecnologia. Sono, al contrario, Tlc e media, industria, energy & utilities e banche ad aver indicato un ruolo della tecnologia superiore alla media del panel”.
I Cio hanno indicato un’ampia gamma di tecnologie per abilitare gli obiettivi di sostenibilità, da soluzioni per la gestione e analisi dei dati ritenute fondamentali per raccogliere e monitorare i dati di consumo energetico e per analizzarli in modo funzionale, all’ottimizzazione e riduzione delle emissioni, al cloud computing dal momento che il modello As a Service consente alle aziende di ridurre al minimo le dotazioni IT in premise, infrastrutturali e applicative, garantendo quindi un contenimento dei consumi energetici. “Ma attenzione, il cloud non consente di risolvere le problematiche energetiche ma permette unicamente di spostarle all’esterno delle aziende su un numero contenuto di player tecnologici”.
Seguono applicazioni e modernizzazione applicativa, l’impiego di piattaforme IoT o smart enterprise che giocano un ruolo fondamentale nella raccolta e gestione dei dati di consumo. “Rimane alta l’attenzione sull’uso corretto delle tecnologie per garantire la mobilità dei dipendenti, la cybersecurity e le piattaforma per i clienti che servono più a comunicare le iniziative delle aziende in ambito sostenibilità, non tanto ad abilitarle”.
Che l’intelligenza artificiale sia energivora – in termini di consumo per allenare i modelli, per raffreddare i data center – richiede risposte e soluzioni mirate tra cui la transizione verso le energie rinnovabili, l’adozione di tecnologie di raffreddamento innovative, l’uso di acqua riciclata o non potabile per il raffreddamento.
Le cinque sfide dei Cio
Dall’insieme dei risultati della Cio Survey 2024 si possono trarre cinque criticità e sfide per il Cio. Da gestire.
L’ingresso nella compagine aziendale di figure che rispondono direttamente al top management con poteri paralleli a quelli del Cio su tematiche di innovazione e sicurezza (chief digital officer, chief security officer, chief innovator officer).
La sperimentazione caotica dell’AI entrata in azienda da canali non ufficiali che comporta sfide di sicurezza.
La crescita di una shadow AI, che non segue la strada degli acquisti IT decisi dal Cio e impatta sulla governance dei processi.
La necessità di internalizzare competenze che negli anni i Cio hanno delegato a fornitori esterni, pur sapendo che la strada della formazione richiede tempo per coprire il gap. Infine, far fronte all’erosione del potere di acquisto dei budget IT dal momento che crescono le tariffe dei contratti di subscription, che rappresentano pesanti condizionamenti economici per l’azienda, inficiando la loro libertà decisionale e la loro capacità di spesa. Il lock-in è un tema sempre più sentito.
Nota metodologica. La survey è stata effettuata attraverso interviste dirette a un panel di 100 Cio delle più grandi aziende attive in Italia. La maggioranza delle aziende che hanno partecipato all’indagine appartengono al settore industria (42,4%), energy & utilities (12%). Seguono Gdo e retail (9,8%), telecomunicazioni & media (8,7%), assicurazioni (8,7%), banche (7,6%), trasporti (6,5%) e altri servizi (4,3%).
L’indagine è stata supportata da Capgemini, Cisco, Commvault, Dedagroup, Jakala, Palo Alto Networks, Sas, Tim, Google Cloud, che hanno contributo, insieme al team di ricerca di NetConsulting cube e ad un advisory board di Cio, alla definizione delle principali tematiche da indagare.
Leggi tutti gli approfondimenti dello Speciale CIO Survey 2024
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