Nel dibattito sulla sanità digitale l’evento romano Philips Healthcare Informatics Connect, organizzato con la collaborazione di AIIC, AISIS e HIMSS Italian Community, è stato un momento di confronto su un tema che oggi raccoglie attorno al tavolo attori pubblici e privati attenti a comprendere come integrazione dei dati, AI e cloud possano modificare i flussi clinici del futuro.

Una sfida strategica per l’intero sistema sanitario, che richiede non solo tecnologie, ma anche risorse economiche e competenze, sulla scia di investimenti in sanità digitale significativi in questi ultimi anni. Basti vedere che nel 2023, la spesa complessiva per il digitale in sanità ha raggiunto i 4,6 miliardi di euro, con una crescita del 9,3% rispetto all’anno precedente (fonte: NetConsulting cube). Un’accelerazione dovuta anche ai progetti Pnrr, che ha permesso con la Missione 6 di passare dalla pianificazione alla realizzazione concreta sul territorio. “Abbiamo una grande opportunità dovuta all’incremento di circa il 10% di investimenti per innovazione in sanità negli ultimi tre anni, in particolar modo per la digitalizzazione e l’informatizzazione delle strutture sanitarie – precisa Andrea Celli, managing director Philips Italia, Israele e Grecia davanti alla platea -. Ma restano sfide legate alla connettività e all’interconnessione tra sistemi, per garantire un servizio continuo e integrato al cittadino. Oltre all’integrazione tecnologica, spesso complessa, e alla sfida della gestione del dato, ossia della sua trasformazione in informazione utile, fruibile e sicura dal sistema sanitario”.

Dal punto di vista economico, il mercato della sanità digitale continuerà a crescere anche nei prossimi anni. “Nel 2024 si è registrato un ulteriore  aumento del 8%, portando il mercato a 5,1 miliardi di euro – precisa Annamaria Di Ruscio, Ceo di NetConsulting cube mostrando i dati del mercato italiano -. Entro il 2027, si stima che il settore raggiungerà i 6 miliardi di euro, trainato dagli investimenti in AI, interoperabilità e cybersecurity. Il mercato Ict rappresenta la fetta principale della spesa, seguito dai dispositivi medici digitali e dal Bpo (Business Process Outsourcing)”.

Un comparto che gode in questi anni della spinta del Pnrr dove pubblico, privato e cittadini cooperano per cogliere appieno le opportunità della trasformazione digitale in sanità. Ma è schietto Andrea Costa, esperto Pnrr sulla Missione 6, già Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute: “Il Pnrr pur non essendo la soluzione a tutti i problemi, è un’occasione fondamentale di investimento, soprattutto ora che si passa dalla pianificazione alla realizzazione concreta sul territorio. Ma si deve superare la frammentazione territoriale, per raggiungere aree interne e piccole comunità, dove il digitale può colmare le distanze”. 

Il tema della condivisione dei dati rimane centrale nel dibattito pubblico e privato, fonte primaria per migliorare le cure, prevenire e anticipare scenari futuri. “In questo senso – precisa Costa – auspico più coraggio politico anche nel bilanciamento tra privacy e salute pubblica, vista l’importanza dell’interoperabilità dei dati e del Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, che richiede una progettazione attenta e flessibile per rispondere alla varietà dei casi d’uso, per consentire al cittadino di gestire consapevolmente i consensi e i dati condivisi. Ma anche per potenziare le cure dal momento che dati aggregati e anonimizzati, utilizzati in ambito di ricerca, possono portare ad analisi epidemiologiche, prevenzione e comprensione di nuove tendenze patologiche a beneficio della popolazione”.

I nodi cruciali da sciogliere

Primo tema di dominio pubblico è il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 (FSE 2.0) che, seppure implementato in modo disomogeneo tra le varie regioni, è punto di partenza per misurare il grado di sanità digitale di ogni singolo territorio. “In questo contesto è necessario integrare il fascicolo all’interno di un ecosistema più ampio di dati sanitari – precisa Roberto Soj, Dipartimento per la Transizione Digitale -, che arricchisca la storia clinica dell’assistito e offra informazioni utili sia ai cittadini sia ai professionisti sanitari. Anche se molte regioni continueranno a gestire autonomamente una parte del fascicolo, dovranno comunque garantire la piena interoperabilità con il sistema nazionale, in modo da assicurare servizi uniformi su tutto il territorio, indipendentemente dalla regione di assistenza”. Questo consentirà di far fronte in modo più efficiente a situazioni dinamiche come i picchi stagionali di popolazione che si sposta da una regione all’altra.

Philips Healthcare Informatics Connect
Philips Healthcare Informatics Connect – Andrea Costa, Esperto Pnrr – Missione 6 per il Ministero della Salute, già Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute – Roberto Soj, Dipartimento per la Trasformazione Digitale

Ma c’è un altro nodo cruciale da gestire attorno al Fse. Il bilanciamento tra privacy e funzionalità, che determina la fiducia del cittadino nel sistema. “Il concetto di delega dinamica è centrale nel FSE 2.0: ogni cittadino può decidere quali dati rendere visibili, a quali professionisti e in quali momenti, anche in base a eventi e contesti diversi (es. telemedicina, infermieri, farmacisti)”, puntualizza Soj. Serve un approccio integrato per gestire anche la mole di dati, enorme ed eterogenea, che rappresenta una risorsa strategica soprattutto per trasformare la ricerca con un impatto sulla salute dei pazienti.

E’ la questione sollevata da Evis Sala, Direttore Dipartimento Diagnostica per Immagini e Radioterapia Oncologica del Policlinico Agostino Gemelli. Già oggi i referti non si limitano a descrivere, ma suggeriscono azioni concrete da prendere dagli altri specialisti. Questo richiede un approccio integrato tra diversi tipi di dati – dalle immagini diagnostiche ai risultati di laboratorio, dalla patologia digitale ai biomarcatori molecolari – per rendere il processo davvero utile e mirato”.

Ma integrare i dati non è banale: non basta una semplice aggregazione, serve una strategia di raccolta, gestione e analisi dei dati affinché siano standardizzati, interoperabili e clinicamente rilevanti. “Solo così sarà possibile sviluppare biomarcatori integrati che abbiano un’utilità clinica concreta – dettaglia Sala -. L’uso di biomarcatori d’immagine e l’approccio “teranostico” (diagnosi e trattamento combinati) aprono scenari promettenti, ma servono dati di alta qualità, ben annotati e conservati nel tempo”. La governance, la sicurezza e la qualità del dato avranno sicuramente un impatto sempre più forte legato al dato imaging, non solo nella radiologia ma in tutta la medicina.

Casi reali, l’impegno del Cio

Se guardiamo alle priorità della digitalizzazione nell’ingegneria clinica i dati di NetConsulting cube ci dicono che il 59% degli ingegneri clinici ha avviato progetti di digitalizzazione, mentre il 50% dei direttori generali ha dichiarato che la trasformazione digitale è tra le priorità strategiche. Spiega Annamaria Di Ruscio“Il 37% dei Cio ha già implementato strategie avanzate di gestione del dato, con un incremento del 14% rispetto all’anno precedente. Sono passi importanti, ma ciò che guiderà il cambiamento nei prossimi anni è l’adozione di intelligenza artificiale e tecnologie data-driven. Nel 2024-2025, il 100% delle Regioni del Nord Italia ha previsto l’adozione di AI per la gestione della popolazione sanitaria e il miglioramento dei processi decisionali. Inoltre, il 60% delle Regioni ha già avviato strategie avanzate di data governance”.

La sfida è chiara per i Cio e i direttori generali: costruire un ecosistema sanitario intelligente, sicuro e sostenibile, attraverso una completa gestione e integrazione dei dati, che devono essere valorizzati e resi parte integrante dei data lake aziendali.

“Mi sono ritrovata pienamente nell’intervento della professoressa Sala, soprattutto nella visione di passare da una semplice raccolta di dati (more data) a una loro gestione intelligente e strategica (smart data) – interviene Elena Sini, Cio Gruppo Villa Maria e Chair of HIMSS Board of Directors -. È proprio il percorso che il mio gruppo sanitario sta seguendo, valorizzando in particolare i dati legati all’imaging grazie a un lavoro congiunto tra direzione, radiologi e cardiologi”.

Il Gruppo opera in 12 regioni italiane e anche all’estero – in Paesi come Francia, Polonia, Albania, Kosovo e Ucraina – con una forte presenza nella cardiologia interventistica, spesso in collaborazione con sistemi sanitari pubblici. “Da questa rete è nato un progetto internazionale di Enterprise Imaging, con l’obiettivo di standardizzare e condividere immagini e dati clinici tra le varie sedi, superando le differenze locali. L’idea è quella di creare una rete di data lake nazionali federati, per valorizzare davvero i dati, sia a livello clinico che gestionale” precisa Sini.

Un elemento chiave è l’introduzione della refertazione strutturata, che permette di trasformare le immagini in informazioni omogenee e condivisibili. In questo contesto è stato adottato un unico strumento per tutto il gruppo – Smart Reporting, sviluppato da una startup fondata da un radiologo – già in uso in Italia e Polonia, con l’obiettivo di estenderlo a tutte le sedi.
“Questo approccio ha favorito una nuova cultura della collaborazione e dell’innovazione clinica. Sul fronte dell’intelligenza artificiale, stiamo affrontando la sfida tra l’uso di soluzioni “off the shelf” (già pronte e mature, ad esempio in radiologia e digital pathology) e lo sviluppo interno di strumenti personalizzati. In entrambi i casi, il ruolo dell’IT e del Cio è cruciale: non più solo erogatori di servizi, ma veri protagonisti dell’innovazione, grazie alla loro conoscenza dei processi e delle normative”.

Anche il caso dell’Azienda Sanitaria di Reggio Emilia rappresenta un esempio valido nella gestione dei dati clinici, grazie ad una strategia Ict avviata a inizio 2000 che ha portato alla creazione di un Clinical Data Repository (CDR) e alla valorizzazione di dati non strutturati o poco valorizzati, come immagini non radiologiche, fotografie cliniche e dati genomici. Con lungimiranza, dettaglia Marco Foracchia, Cio Azienda USL, Reggio Emilia e Vice Presidente AISIS“Pur senza un’utilità immediata evidente, si è scelto di investire comunque in queste informazioni, riconoscendone il potenziale futuro. Il risultato è stato lo sviluppo di due pilastri fondamentali: il CDR e le piattaforme di enterprise imaging, che oggi permettono una visione unificata e integrata di tutti i dati del paziente, abilitando soluzioni avanzate come la cartella clinica elettronica unica”.

Perché il percorso da seguire è simile in tutte le strutture sanitarie e richiede un passaggio fondamentale: preparare le strutture sanitarie a raccogliere e gestire i dati in modo strutturato, poiché il sistema sanitario nazionale richiederà presto una condivisione efficiente delle informazioni. “Il Pnrr ha promosso un approccio che combina iniziative top-down (progetti nazionali) e bottom-up (finanziamenti per la digitalizzazione locale), introducendo il modello di maturità Imss per incentivare l’adozione di soluzioni di enterprise imaging – precisa Foracchia riprendendo gli spunti di Andrea Costa -. La centralizzazione dei dati e la standardizzazione sono essenziali per la futura integrazione, come dimostra l’esperienza di Reggio Emilia che ha reso facile alimentare il fascicolo sanitario elettronico con contenuti di imaging già standardizzati”.

È altresì importante rendere interoperabili le piattaforme, in modo che i dati (ad esempio, quelli genomici o di imaging) possano essere caricati automaticamente e utilizzati senza interventi manuali, migliorando l’efficienza del sistema sanitario. “La convergenza del dato, la definizione dei workflow e l’integrazione con intelligenza artificiale o analisi di terze parti rendono possibile un sistema sanitario più efficiente e facile da utilizzare per i professionisti” conclude.

Un breve cenno all’AI

Non poteva mancare un affondo sull’AI (al quale dedicheremo un secondo articolo dagli interventi emersi durante il convegno) che nell’ambito della sanità è un tema ancora più delicato. Ma serve un approccio simile a quello sulla interoperabilità dei dati. “Come ingegnere e membro AIIC, voglio proporre un approccio pratico e chiaro al tema dell’intelligenza artificiale, distinguendo due ambiti – precisa Gianluca Giaconia, Direttore UOC Ingegneria Clinica e ICT, Ospedale dei Colli, Napoli – Vice Presidente AIIC -. L’AI certificata come dispositivo medico e l’AI non certificata. La prima è già una realtà concreta, efficace e sicura. Sebbene si basi su machine learning supervisionato, raggiunge spesso risultati superiori a quelli umani, grazie alla potenza di calcolo e a dataset ampi e selezionati”. Il vero valore è nel fatto che rientra in un sistema regolato: la certificazione implica responsabilità del produttore, monitoraggio post-marketing e miglioramento continuo. Ma un aspetto fondamentale rimane la gestione e l’integrazione dei dati, con particolare attenzione alla qualità e completezza delle informazioni. In questo contesto, i dati provenienti dall’imaging non devono andare persi, ma essere valorizzati e resi parte integrante dei data lake aziendali. “Accanto a questa AI certificata, guardo con interesse all’AI non certificata, ancora sperimentale ma ricca di potenziale. Penso in particolare all’AI generativa, che già oggi migliora flussi di lavoro – come la gestione delle sale operatorie – ma che richiede supervisione continua”.

Perché rimane un aspetto imprescindibile in “qualsiasi AI”  la protezione e la riservatezza dei dati, con particolare attenzione alla privacy e alla proprietà intellettuale. L’adozione di soluzioni tecnologiche avanzate deve sempre garantire la sicurezza delle informazioni sanitarie, rispettando i più elevati standard normativi ed etici. Ma torneremo sull’impatto dell’AI in sanità in un prossimo approfondimento.

Leggi l’intervista a Roberta Ranzo, Sales Leader Enterprise Informatics di Philips Italia, Israele e Grecia 

Scarica il white paper: 10 domande che gli IT Manager si pongono sulla migrazione dei dati sanitari 

Leggi tutti gli approfondimenti della room Healthcare Informatics Connect by Philips

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