I numeri relativi alla spesa sulle piattaforme di e-commerce compiuta dagli italiani negli ultimi mesi sono del tutto positivi. Il periodo di emergenza, la fase di lockdown, ma anche poi la ripartenza, hanno spinto le persone a cercare i prodotti di cui avevano bisogno online, e ad affidarsi non solo alle piattaforme globali, come Amazon, ma anche a quelle predisposte dai singoli brand.

Un fenomeno che dovrà guidare anche una serie di importanti riflessioni sull’evoluzione del retail tradizionale. Akamai, che è conosciuta per le soluzioni in grado di garantire ed ottimizzare la distribuzione e la sicurezza di contenuti su Internet, gestisce anche l’e-commerce dei primi nove global retailer del mondo e propone una serie di consigli per sviluppare e poi gestire servizi di e-commerce in grado di soddisfare aspettative che si rivelano sempre più elevate (tanto più quanto più se ne diffonde l’utilizzo) e che richiedono alle aziende la capacità di disegnare e seguire poi con cura un ideale di customer journey all’altezza.

La velocità, frazioni di secondo fanno la differenza

Il primo consiglio di Akamai potrebbe sembrare scontato ma non lo è: un sito deve funzionare bene, permettere ai clienti di seguire in agilità i percorsi preferiti di navigazione con il dispositivo di navigazione preferito e ritrovarsi ad ogni passaggio perfettamente orientati. Soprattutto agli utenti importa che tutto sul sito funzioni e sia chiaro. Per quanto riguarda i tempi di risposta, spiegano gli esperti dell’azienda, un ritardo di un decimo di secondo può abbattere le performance di conversione all’acquisto, con il dato significativo per cui la soglia media di attenzione di un potenziale acquirente è di appena 2,7 secondi; dopo quest’intervallo l’utente non procede all’acquisto.

Marco Giusti, sales manager Akamai
Marco Giusti, sales manager Akamai

Dati impietosi che possono aiutare a comprendere quanto sia negativa l’impressione che un brand lascia al cliente quando, per esempio come è accaduto durante il black friday più recente, l’infrastruttura e-commerce di molte aziende è andata in crush per l’eccessiva affluenza concomitante degli acquirenti. “Anche durante la prima fase di emergenza legata a Covid-19 – spiega Marco Giusti, sales manager Akamai Italia – molti brand hanno dovuto ripensare completamente il processo di acquisto, soprattutto le aziende di beni alimentari e di arredamento; a fare la differenza il fatto che alcune di esse fossero in grado di supportare le richieste dei clienti e altre no. Con quasi il doppio del traffico sui loro siti, chi era pronto e aveva già investito in un e-commerce efficiente, ha potuto affrontare e superare la mole di traffico”.

La soddisfazione del cliente

Mentre l’atteggiamento di acquisto di una persona che esce di casa e decide di andare ad acquistare un bene nei negozi è almeno in parte focalizzato da subito al raggiungimento di quell’obiettivo, nel caso degli acquisti online il comportamento dell’utente medio è più “umorale” e a tratti istintivo, ma soprattutto più guidato dalla reale esperienza che viene vissuta nei diversi passaggi, con il rischio di aver faticato a portare l’acquirente sul sito e poi averlo perso anche per piccole inefficienze o, ancora peggio, aver generato un sentimento di frustrazione per l’esperienza negativa vissuta.

Su questo punto Akamai vanta l’esperienza di chi, ancora prima dell’e-commerce come ora è conosciuto, serviva già per esempio quelle aziende che utilizzavano il sito Web come vetrina per i prodotti ma limitavano l’esperienza all’ordine online, con la possibilità di pagare successivamente presso il negozio fisico, per esempio. Tante di queste oggi si sono evolute offrendo per esempio la possibilità di seguire entrambi i percorsi (del ritiro on-site, come della consegna a domicilio)  anche Akamai ha deciso di accompagnarle fornendo un supporto ai brand più avanzato che comprende la visualizzazione di prodotti e del catalogo online, fino al pagamento, ai processi di logistica e di reso.

Il consiglio specifico riguarda l’attenzione da rivolgere rispetto alla provenienza della visita, in modo da adattare la risposta rispetto al tipo di device utilizzato, allo schermo, alla connettività, per restituire il contenuto più adatto per quel set di informazioni specifico e così offrire all’utente la miglior esperienza, per trattenerlo durante le diverse fasi e procedure. 

E-commerce, sicurezza e privacy

Le informazioni esposte sul Web, nelle diverse fasi di acquisto online, sono interessanti anche per i criminali informatici, e non solo quelle relative alla transazione finale con i sistemi di pagamento online. Proporre, ancora oggi, un acquisto online su piattaforme che non offrono le garanzie di base attese porta giustamente al fallimento della transazione perché l’acquirente che per qualsiasi motivo “non si fida” è un acquirente perso e la sua esperienza, condivisa, non potrà che danneggiare la brand reputation di chi vende.

Spiega Giusti: “Bisogna pensare al sito come ad un commesso di un negozio fisico in cui arrivano 2.000 persone all’improvviso. Il commesso non è in grado da solo di gestire tutte le richieste e così succede online, e il sito diventa non fruibile. Possono essere attacchi massivi o attacchi nascosti ed estremamente mirati o di tipo applicativo, ma soprattutto, quando arriva un attacco nessuno ti avvisa, il cliente deve essere preparato”.

Evidente il riferimento agli attacchi Ddos, e a quegli attacchi perpetrati in modo tale da essere scambiati per una reale procedura di acquisto da parte di un utente. Si tratta quindi di riuscire a bloccare le richieste illecite dei bot, quelle per sottrarre informazioni come username e password per esempio, o le credenziali delle carte di credito. Non solo, poiché su tanti negozi oramai è possibile l’identificazione utente tramite le credenziali dei social che semplificano la vita agli utenti e la profilazione dei clienti alle aziende, i gestori diventano in questo modo responsabili del trattamento di questi dati secondo le normative vigenti e dovranno quindi dotarsi di soluzioni specifiche per la protezione dei dati del cliente.
Akamai segnala il possibile impatto dato anche dalle tecniche di scraping, o data scraping, che permettono all’attaccante di estrarre informazioni e dati dalle pagine dei siti Web tramite delle procedure automatiche che impattano però sul consumo di risorse del server, rendendolo più lento o impedendo del tutto la visualizzazione dei documenti a tutti gli altri utenti. In alcuni casi lo scraping può anche comportare la caduta del server o il blocco del sistema operativo.

E infine, Akamai richiama l’attenzione sui rischi legati agli attacchi Magecart (di questo tipo quello di cui è stata vittima British Airways nel settembre del 2018). In questi casi si tratta di sottrarre dati personali sfruttando le possibilità di esfiltrazione dei dati da terze parti embeddate nel sito. Chiude Giusti: “]…[ Fortunatamente, l’e-commerce sembra essere ora un settore all’avanguardia da questo punto di vista con un incremento di consapevolezza sulla sicurezza e la privacy rispetto a 5 anni fa, e anche aziende medio-piccole si sono attivate in tal senso. ]…[Non tutte le aziende riescono però ad affrontare la messa in sicurezza di tutti i livelli investendo su una copertura totale, sia per motivi economici che per motivi di mancata consapevolezza riguardo al fatto che una sicurezza debole significa perdita di opportunità e quindi soldi. Le aziende che oggi investono sulla copertura totale di un e-commerce sono aziende sane che stanno crescendo”.

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