Oggi il panorama in cui si muovono le aziende è ibrido, tra applicazioni e sistemi on premise e il mondo cloud che sta crescendo, anche a detta degli analisti di mercato confermandosi un trend anche per il prossimo anno.
Ma è la ricerca Cloud Protection Trends for 2023, l’ultima analisi condotta da Veeam a livello europeo, a rimarcare come la data protection in cloud sia un tema sentito dalle aziende. “Emerge che il cloud non è più una sfida, che è ibrido, che è una realtà che si sta stabilizzando” puntualizza Alessio Di Benedetto, technical sales director Southern Emea di Veeam, commentando i dati del report che fotografa un cambiamento in atto nel mercato: tutte le aziende coinvolte dichiarano di avere almeno un workload nel cloud, ma molte hanno ancora in “convivenza” mondo virtuale e mondo fisico, “un mondo che non andrà a sparire”.
I dipendenti di molte aziende lavorano in un modello ibrido, consapevoli che la protezione dei dati in cloud è oggi un elemento di business: il continuo aumento delle minacce cyber richiede di guardare oltre ai tradizionali servizi di backup e di costruire un approccio allargato che metta in sicurezza i dati aziendali. “Le aziende conoscono questa criticità: la ricerca sottolinea la necessità di proteggere i propri dati anche con misure supplementari” precisa Di Benedetto, riportando il dato della ricerca secondo il quale 9 clienti su 10 di Microsoft 365 non si accontentano di adottare le sole funzionalità di ripristino integrate nella soluzione per evitare attacchi ransomware, garantire un riprestino veloce dei dati ed essere compliante alle normative. Ma si dotano di strumenti aggiuntivi.
“I dati delle aziende sono riposti per il 50% in applicazioni in cloud, per il 25% virtualizzati e per il restante 25% archiviati su server fisici dove rimarranno anche in futuro. Per questa ragione, sembra quasi un paradosso, la tecnologia tape è tornata ad essere di moda per la protezione dei dati, poiché disconnessa dal mondo non può essere attaccato dai ransomware“. Ma lo sviluppo delle tecnologie di oggi, la riduzione di costi, le performance e le capacità avanzate di disaster recovery sono elementi che spostano l’attenzione delle aziende verso modelli a servizio.
Partner per un approccio ibrido
Il percorso di Veeam, che nasce nel mondo virtuale, e che offre soluzioni di backup, ripristino e gestione dei dati per la modern data protection, è quello di una azienda che ha cambiato la propria offerta in base a dove il mercato va: dal mondo virtuale ha allargato lo spettro di azione al mondo fisico e successivamente ha spostato l’attenzione al mondo cloud. “La logica è quella di portare sul mercato un’unica soluzione di modern data protection ma di lasciare ai clienti la scelta dell’infrastruttura sulla quale adottarla” precisa Di Benedetto.
La ragione di questo approccio ibrido sta nel comportamento altalenante degli utenti: l’88% delle aziende a livello mondiale sta valutando un passo indietro rispetto alla scelta del cloud e questa percentuale si attesta al 67% in Europa. “I costi di upload in cloud sono evidenti e chiari. I costi di retrieve non sono invece così noti” puntualizza Di Benedetto, confermando un timore legato al lock-in del cloud che in molte aziende è oggetto di dibattito. Anche in Italia.
Un dato preoccupante è l’errata convinzione di alcuni amministratori che il backup in cloud non sia necessario proprio per la fiducia riposta nel cloud: il 34% delle aziende non esegue ancora il backup delle condivisioni di file ospitate in cloud e il 15% non fa il backup dei database in cloud. “Senza tenere conto del pericolo cyber e dell’incidenza dei ransomware che minacciano la continuità operativa in caso di attacco” puntualizza.
Nasce per rispondere a questa esigenza la modalità di licensing di Veeam che permette di seguire il carico di lavoro: “il cliente può preservare così gli investimenti fatti in passato e la licenza segue il dato” precisa Di Benedetto. Non vendendo direttamente né il software né il servizio ma appoggiandosi al canale indiretto (“un modello 100% via partner” precisa Elena Bonvicino, channel manager in Italia), Veeam si avvale di system integrator e partner in grado di valutare “dove” le aziende conservano i propri dati e dialogare con loro sulla modalità di licensing migliore per far fronte alla loro esigenza. “Il nostro programma di canale è poliedrico – spiega Bonvicino -: comprende alleanze di rivendita e strategiche. Re-selling o co-selling. E’ semplice non solo il prodotto che offriamo ma anche il go to market. La nostra strategia si basa sulla semplicità sia tecnologica sia di delivery”.
“Affidiamo ai partner la vendita della nostra soluzione ribadendo che Veeam non è un fornitore di servizi cloud, ma un’azienda software senza lockin, perché non vogliamo bloccare il cliente sul servizio”, precisa Di Benedetto. Per cui i service provider erogano il servizio con la tecnologia Veeam ma permettono ai clienti di lavorare con gli hypersclaer che preferiscono, valutando anche l’opzione dei cloud provider locali. “L’adozione dei cloud si sposa molto bene con il backup dei dati: prima si spostano e si mettono in sicurezza i dati poi i carichi di lavoro che continuano a spostarsi in modo fluido, dai data center al cloud e viceversa, così come da un cloud all’altro, creando complessità nella strategia di protezione dei dati. C’è ancora del lavoro da fare nella consapevolezza”.
Lavoro sulle competenze
Il cloud è stato per i partner un driver importante per cambiare pelle, ma ha richiesto un affinamento delle loro competenze per affiancare la parte as a service alla tradizionale modalità di vendita del software. “C’è chi ha continuato a fare reselling tradizionale di licenze e chi ha più pesantemente abbracciato la parte di servizi – osserva Bonvicino –. Ma dall’on premises al cloud, i partner hanno dovuto trasformare la propria proposizione sul cliente senza volere essere tuttologi: ci sono partner che hanno ampliato le competenze sui servizi, altri che si è focalizzato sulla vendita tradizionale. Ma per aiutare la migrazione abbiamo creato una nuova categoria di partner – i Vasp, Veeam accredited service partner -, che si sono messi a disposizione degli altri partner per dare risposte sempre più complesse ai clienti. E’ un programma on demand, aperto solo ai partner determinati, perché vogliamo mantenere un alto livello di competenze, per fare progetti customizzati sui singoli clienti”. Competenze, specializzazione e “partner per partner” sono i tre tasselli definiti a livello mondiale, ma governati a livello Emea e italiano tenendo conto delle specificità locali.
Il backup è l’unico processo aziendale che tutti i giorni deve girare sui processi aziendali, per capire quali i più importanti e proteggerli. “Tecnicamente rimane una sfida complessa, anche se logicamente è molto semplice – conclude Di Benedetto -. Uno degli elementi distintivi è la semplicità di installazione e di gestione della soluzione Veeam, che non è una priorità di business ma un enabler del business. Idc stima che abbiamo il 20% del market share nel backup in Europa e Gartner ci include da sei anni nel quadrante del backup per visione e capacità di erogare nuove soluzioni”.
I dati di fine anno, non ancora disponibili, dovrebbero confermare il trend del secondo trimestre (+22% anno su anno) dopo un 2021 chiuso in crescita a 1.1 miliardi di dollari di fatturato (+27% rispetto al 2022) e un Net Promoter Score pari a 82, su una scala che va da -100 a +100 (“Siamo più alti di Apple e di Netflix – precisa Di Benedetto – contro un punteggio medio di 30 delle aziende del settore”).
Nella strategia del 2023 il tema della protezione del backup dai ransomware rimane strategico, confermando anche lo sviluppo tecnologico mirato per i software vendor. Ultima novità il rilascio della soluzione Veeam Backup for Salesforce su Salesforce AppExchange, una soluzione Salesforce nativa che dà la possibilità di eseguire il backup, il ripristino di dati e metadati di Salesforce nel cloud e on premises, per mettere in sicurezza gli utenti Salesforce dal rischio di perdita e compromissione di dati.
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