La gestione dei dati è oggi tema strategico che impatta direttamente sui risultati di business. Strettamente correlato alle scelte di trasformazione e di approccio al cloud è questo un argomento che non può prescindere dalle scelte che riguardano la data analysis con l’AI, le possibilità di automazione nella gestione dei workload e l‘idea di un IT self-service e As a Service. Pure Storage si trova di fatto al crocevia di questi temi perché attraverso lo sviluppo di soluzioni storage all-flash, vantaggiose per le economie e la sostenibilità dei data center, ha marcato la sua crescita nel mercato italiano ed oggi contribuisce a modernizzare l’ambiente storage delle aziende rendendolo efficiente anche dal punto di vista energetico. Da qui parte anche il confronto con Paolo Fontana, country manager in Italia, e Umberto Galtarossa, Partner Technical manager di Pure Storage. 

Paolo Fontana. Pure Storage Country manager Italy_DEF
Paolo Fontana, Pure Storage country manager, Italia

“La salute dell’azienda si misura nei riscontri del mercato e dei clienti – esordisce Fontana. L’anno fiscale che si è chiuso a gennaio ha consentito a Pure di maturare 2,38 miliardi di fatturato (+3% anno su anno), soprattutto sono da considerare i 12.500 clienti che hanno scelto la nostra proposta con un net promoter score (misura il livello di soddisfazione clienti, Ndr.) che è di 82, quando la media del comparto è intorno a venti”. Non solo, Gartner riconosce a Pure il miglior posizionamento in alto a destra nel suo quadrante di valutazione della proposizione all-flash, da dieci anni consecutivi. Proposta che è di fatto indirizzata principalmente al mercato enterprise, per quanto apprezzata anche dal mid-market, con il 60% delle aziende Fortune 500 già clienti.
Tra queste vi sono realtà come Delta Airlines, Equinix, ed in Italia anche importanti realtà finance come Banca Intesa San Paolo e Bps. “La proposizione piace anche nel confronto con i competitor tanto che, secondo i dati Idc, Pure continua a guadagnare market share da dieci anni a scapito dei competitor”, prosegue Fontana. Ed oggi l’azienda detiene oltre il 20% del market share nel comparto all-flash (Idc, Enterprise Storage Systems, Q4 2023). “Il mercato italiano evidenzia, per l’ultimo trimestre una crescita del 12%, rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. E sono healthcare, Msp, telco, financial services e settore pubblico i verticali supportati con i migliori risultati”.

Pure Storage e l'andamento del market share
Pure Storage e l’andamento del market share (fonte: Idc, Q4 2023)

Pure Storage oggi è ancora in evoluzione, dall’introduzione del primo storage flash per il mercato enterprise “ha continuato ad ascoltare i trend di mercato con una vision a lungo termine e ha accompagnato nel tempo allo sviluppo dei prodotti quello di una data platform”. Offre quindi soluzioni – non solo prodotti – per valorizzare le ‘differenze’ dei dati. Soprattutto in questo cammino “Pure Storage ha compiuto anche il passo successivo per abbracciare l’idea di una logica orientata a farla diventare una vera e propria data service company“. E proprio Transformation è diventato il claim dell’evento corporate globale appena concluso.

La riduzione del Tco per le aziende è il mantra strategico, e la proposizione Evergreen è la declinazione pratica che consente di “guidare i clienti nell’aggiornamento infrastrutturale, in un’ottica win-win, per contenimento costi, soddisfazione delle esigenze dei business e riduzione dei rischi, non essendo di fatto mai necessario interrompere l’erogazione dei servizi nell’aggiornamento delle risorse”.
L’evoluzione ultima della proposta consente la possibilità di acquisire la data platform Pure anche in modalità As a Service, a subscription, nella logica di aiutare i clienti nei percorsi di modernizzazione continua che consenta di disporre sempre della soluzione più adeguata e pagare il giusto costo per l’infratruttura quando questa viene utilizzata. “Basata su service level agreement calibrati, contrattualizzati e garantiti da Pure oggi è questa la modalità già scelta da tanti clienti al punto da contribuire per poco meno del 43% al valore complessivo dei ricavi”, conclude Fontana.

Pure Storage, i vantaggi della proposizione tecnologica 

Si inserisce Umberto Galtarossa: L’intuizione di Pure Storage è stata quella di proporre storage all-flash con sistema operativo e software dedicati all’all-flash, con un connubio hardware e software distintivi. Tecnologie quindi richieste dai clienti in grado di indirizzare il bisogno di latenze molto basse, su due piattaforme di massa (scale-up, scale-down) per servire diversi contesti applicativi e gli use case anche in cui densità storage e scalabilità sono fattori dirimenti nella scelta”.

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Umberto Galtarossa, Pure Storage Partner Technical manager

A queste scelte si associa la filosofia cloud native (con le tecnologie Pure Storage Portworx) che supera i limiti della virtualizzazione – oggi sempre più percepiti – grazie alla scelta di ambienti containerizzati che offrono i vantaggi riconosciuti. I clienti possono beneficiarne in modalità on-prem come As a Service, con alla base il concetto di “gestione di flotta a 360 gradi possibile grazie a Pure1.
Le diverse soluzioni storage proposte offrono l’interoperabilità necessaria abilitata da Purity (il cuore che consente l’approccio software defined al tema) così da poter servire use case diversi con un’esperienza d’uso comune, un aspetto che piace anche ai partner”, prosegue Galtarossa. Il modello di “gestione a flotta”, la flessibilità nella scalabilità, il controllo dei costi sono quindi i vantaggi percepiti principali. Tanto più nella fruizione As a Service.

Approccio quindi ben diverso rispetto all’adozione di un’infrastruttura, quella proposta dai competitor, che di fatto entra in azienda con una “scadenza” e comporta una serie di difficoltà poi in fase di aggiornamento, anche solo in relazione alla riduzione di operatività. La proposta Pure è aggiornata invece a casa del cliente senza alcun pensiero riguardo alle possibili “disruption”. Aspetti importanti tanto più in relazione al tema dell’esplosione dei dati: strutturati e non. Si prevede che entro il 2025 la mole complessiva di dati toccherà i 463 exabyte (contando solo quelli generati), mentre saranno complessivamente oltre 200 zettabyte quelli da gestire a livello globale. Senza contare poi il contributo che il consumo di AI potrà dare nei prossimi anni.

Pure Data Storage Platform
Pure Data Storage Platform

“Spazio, consumi, raffreddamento devono essere quindi contenuti e questa è l’altra faccia dei benefici apportati dalla proposta Pure Storage basata sulle tecnologie Nvme che consentono densità storage importanti, con moduli singoli oggi da 75 terabyte, che saranno 300 terabyte nei prossimi anni, secondo la roadmap di sviluppo”, ci spiega Galtarossa, che sottolinea la bontà di una scelta che oggi si riverbera anche sui dati “non caldi”.

Annunciate lo scorso anno, le famiglie Pure//E sono quelle votate agli use case più densi e capacitivi, che una volta chiedevano diversi armadi di storage e dischi tradizionali. Oggi anche questa famiglia è proposta in modalità As a Service, così da evitare i problemi di over-provisioning e poter pagare solo in base all’utilizzo ed alle necessità applicative. Con risparmi importanti anche in relazione alla riduzione degli spazi da gestire nel data center e alla possibilità di aggiornare l’infrastruttura senza “affiancare” ulteriori risorse per spostare i dati. 

Pure E Family
Pure//E Family

L’esperienza di Tim con Pure Storage

Tra i casi d’uso più interessanti della proposizione tecnologica Pure, c’è anche Tim Enterprise. Ne parla Alfredo Nulli (con una lunga esperienza alle spalle in Pure) e oggi responsible for Architectures & Technological Portfolio di Tim Enterprise
Nel 2020 Nulli entra in Tim Enterprise nella ‘fabbrica cloud Noovle’ per occuparsi del portfolio, delle architetture, dei servizi cloud e DC per quanto riguarda la proposta b2b di Tim, con la responsabilità sull’offerta cloud, Tim Cloud Flex, la relazione con gli hyperscaler sia per quanto riguarda l’offerta di mercato, sia per la fornitura di co-location agli stessi hyperscaler di riferimento (vd. relazione con Google, ma non solo). Negli ultimi anni le attività si sono estese anche alle reti 5G private, ibridi ed alla connettività a valore con il cloud al centro e quindi anche alla gestione infrastrutturale dei data center.

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Alfredo Nulli, responsible for Architectures & Technological Portfolio, Tim Enterprise

Tim Enterprise si è mossa diversi anni fa con un’iniziativa di discovery verso Pure ed ha già affrontato due passaggi generazionali di refresh tecnologico, sulla base di un triplice scopo: “gestire l’IT del ‘cliente (telco) Tim’, ma anche fornire servizi cloud al mercato e proporsi come partner per dare valore a tutta la co-location di prossimità che è richiesta dagli hyperscaler”. Essi richiedono contiguità e aree dove memorizzare dati secondo i criteri di sovranità richiesti. Le sale di co-location di prossimità sono quindi un filone di business importante per Tim Enterprise così come cloud-interconnect per connettere gli ambienti applicativi dei clienti tra loro nei contesti cloud degli hyperscaler.
“L’analisi del mercato per quanto riguarda le soluzioni storage più adatte a questi contesti vedono quindi Tim puntare sulla semplicità, su soluzioni di piattaforma e su tre fattori chiave – prosegue Nulli-: la flessibilità (anche in relazione alla scarsa prevedibilità sui diversi business, 1) nella tipologia infrastrutturale, come nel modello di provisioning (sia dal punto di vista tecnologico, che di facilità di accesso/disponibilità); e  l’indipendenza dal modello di computing (storage agnostico, 2).
Tim Enterprise, facile intuirlo, deve poter inoltre avere la certezza di poter mantenere gli Sla per cui si è impegnata con gli hyperscaler (3).
L’insieme di queste esigenze porta quindi Tim a scegliere Pure come fornitore e, nel caso delle isole di prossimità, come fornitore di risorse As a Service, quindi con il modello a subscription. L’azienda è cliente Pure anche secondo il modello tradizionale per la sua infrastruttura IT.

“I vantaggi per Tim nella scelta di Pure sono legati in primis alla possibilità di interloquire con i clienti acquisitori di tecnologia presentando un modello As a Service quello proposto da Pure – chiaro, trasparente, soprattutto rispetto ai modelli ‘finanziari’ presentati dai competitor, con le informazioni necessarie anche per quanto riguarda il tema della titolarità del bene, nell’ottica Gdpr“. Molto utile si rivela inoltre l’apertura verso il mondo delle tecnologie containerizzate, ancorché in questa area il nostro Paese non li richieda ancora in modo massiccio, mentre sono ampiamente utilizzati oggi gli ambienti virtualizzati e bare-metal. “Ma la prossimità dell’ambiente containerizzato con quello virtualizzato si rivelerà utile per indirizzare in futuro i temi di sovranità del software, operativa e del dato”. Senza contare che la virtualizzazione, essa stessa, nel tempo diventerà la componente legacy del cloud.
Gli hyperscaler hanno aperto le loro region italiane di fatto negli ultimi due anni, e molti clienti italiani ad oggi sono ancora gestiti nelle altre region europee, ma sono in corso specifici programmi per “rimpatriare i workload” e riequilibrare i carichi, ed in Italia crescerà la capacità dei data center. Le sale di prossimità di Tim e le cloud interconnect saranno quindi sempre più sfruttate, ma ci sarà anche bisogno di lavorare sul risparmio delle risorse. Chiude Nulli: “L’Italia oggi poi soffre per il tema dell’energia necessaria a soddisfare i workload che sfruttano l’AI, ottimizzare l’utilizzo delle risorse e puntare sul saving è mandatorio e Pure nei suoi refresh mostra di indirizzare in modo virtuoso questo aspetto”.

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