Il sistema sanitario italiano si trova a un bivio: innovare per rispondere alle esigenze di efficienza, sicurezza e accessibilità a fronte della disponibilità di poche risorse perché sebbene il settore della sanità digitale sia in crescita, l’Italia investe meno della media Ocse, ed ha bisogno di interventi strategici. Ne parla Michele Lamartina, Regional Vice President Italy, Greece, Cyprus & Malta at Palo Alto Networks. Lamartina mette a fuoco promesse e rischi dell’intelligenza artificiale in ambito sanitario – potrebbe migliorare la diagnosi precoce e la personalizzazione delle cure, ma richiede solide normative per gestire etica e privacy – quindi le sfide legate alla cybersecurity e l’importanza di investire nella formazione continua del personale e nell’alfabetizzazione digitale dei cittadini, per rendere la sanità più accessibile e inclusiva.
In Italia la spesa sanitaria pubblica pesa solo il 6,2% sul Pil del Paese. All’interno di questo mondo complesso, la sanità digitale – che quest’anno ha generato un mercato da 4,6 miliardi di euro – si sta ritagliando un ruolo sempre più cruciale per innovare il settore. Dal vostro osservatorio, quali investimenti sono necessari per dare impulso all’innovazione in sanità?
Pur avendo un settore sanitario digitale in crescita, l’Italia investe in sanità pubblica meno della media Ocse, e deve necessariamente puntare su investimenti strategici per rendere l’innovazione un vero motore di cambiamento. Servono innanzitutto infrastrutture solide: una rete unica nazionale ad alta velocità che raggiunga anche le zone più remote è fondamentale per abilitare servizi come la telemedicina e il monitoraggio a distanza. È inoltre importante garantire l’interoperabilità dei sistemi, permettendo uno scambio di dati fluido e sicuro tra ospedali e professionisti, con un Fascicolo Sanitario Elettronico pienamente operativo e omogeneo su tutto il territorio. Essenziali sono anche investimenti in ambienti di cloud computing protetti e sistemi di cybersecurity che proteggano i dati sensibili dei pazienti.
Oltre alle infrastrutture, serve investire nello sviluppo e adozione di tecnologie innovative. Le potenziali evoluzioni in questo senso non mancano: la telemedicina, ad esempio, può migliorare l’accesso alle cure a fronte di una generale riduzione dei costi, l’intelligenza artificiale può accelerare i processi diagnostici migliorando così l’efficacia delle cure, e la medicina personalizzata e i dispositivi medici connessi permettono un monitoraggio continuo dei pazienti.
Tuttavia, la tecnologia da sola non basta. È cruciale investire nella formazione del personale sanitario, affinché acquisisca le competenze necessarie per utilizzare al meglio gli strumenti digitali e promuovere l’alfabetizzazione digitale dei cittadini, rendendoli protagonisti della gestione della propria salute.
Un quadro normativo chiaro e aggiornato è essenziale per garantire sicurezza e etica nell’uso delle tecnologie digitali e incentivi economici e finanziamenti mirati possono stimolare gli investimenti in questo settore, così come il sostegno alla ricerca e sviluppo in collaborazione tra università, centri di ricerca e aziende. Solo con un approccio olistico, che consideri tutti questi aspetti, l’Italia potrà davvero sfruttare le potenzialità della sanità digitale per offrire cure più efficienti, accessibili e di qualità, ottimizzando le risorse a disposizione.
L’intelligenza artificiale (AI) abilita nuovi modelli di gestione, di cura e di benessere. Quali i benefici concreti e quali i rischi legati a normativa, etica e privacy (gestione dato) dal vostro punto di vista?
L’intelligenza artificiale sta aprendo nuove frontiere nella gestione della salute, promettendo di migliorare cure e benessere, ma presenta anche sfide importanti, soprattutto riguardo a normative, etica e privacy. Da un lato, l’AI offre enormi potenzialità, tra cui diagnosi precoci e più accurate grazie all’analisi di grandi quantità di dati, terapie personalizzate basate sul profilo genetico e lo stile di vita del paziente, monitoraggio remoto costante tramite dispositivi indossabili, automazione dei processi amministrativi e accelerazione della ricerca farmaceutica.
Dall’altro lato, richiede un’attenta valutazione dei rischi. L’Italia ha bisogno di una normativa chiara che regoli il suo utilizzo in ambito sanitario, definendo responsabilità, validazione degli algoritmi e protezione dei dati. Come emerso nel Rapporto Clusit 2024, a livello globale il settore della sanità è tra i più colpiti dal malware, con un incremento del 30% rispetto allo scorso anno e un aumento della gravità dell’impatto. Il settore è in fase di rapida modernizzazione e l’adozione di nuove tecnologie può contribuire a migliorare drasticamente i risultati, mentre innovativi modelli di erogazione delle cure rendono l’esperienza di assistenza più piacevole per i pazienti. Questi approcci introducono però un nuovo livello di rischio: una superficie di attacco che diventa sempre più ampia e complessa da proteggere. Se da un lato le innovazioni, come l’assistenza remota, ottimizzano la fornitura di cure incentrate sul paziente, dall’altro introducono nuove sfide di cybersecurity. L’assistenza remota richiede accesso a cartelle cliniche, informazioni sanitarie protette, visite virtuali e dispositivi di monitoraggio remoto dei pazienti forniti attraverso più canali: data center, fornitori cloud e SaaS. I team di sicurezza devono anche gestire infrastruttura IT e connettività tra ospedali e pazienti.
Applicazioni e servizi sono ora ospitati nei data center e nel cloud, o forniti da provider SaaS, mentre i medici assicurano assistenza da ogni luogo, utilizzando una serie di dispositivi medicali connessi, di cui molti vengono eseguiti su sistemi operativi obsoleti che spesso non possono essere patchati o protetti in modo efficace. I team di sicurezza hanno il compito di gestire questi ambienti IT sempre più complessi, che richiedono risorse tecniche significative. Questo spostamento verso modelli decentralizzati di erogazione delle cure estende la superficie di attacco e rende la protezione dell’intera rete molto più impegnativa.
Le aziende sanitarie spesso tentano di proteggere questo panorama digitale aggiungendo soluzioni puntuali che forniscono una singola funzione di sicurezza. Tuttavia, questi prodotti in generale mancano di integrazione e coesione, aumentando ulteriormente la complessità. L’erogazione continua di cure richiede un approccio unificato progettato per identificare e prevenire minacce note e sconosciute in tempo reale.
Gli analisti sostengono che l’efficientamento dei processi sanitari, grazie alla digitalizzazione, avrà un impatto anche sulla sostenibilità del settore sanitario. Che strategie la vostra azienda propone per rendere più efficiente e sostenibile la sanità italiana?
Il settore è in fase di rapida modernizzazione: l’adozione di nuove tecnologie può contribuire a migliorare drasticamente i risultati, mentre innovativi modelli di erogazione delle cure rendono l’esperienza di assistenza molto più piacevole per i pazienti.
La digitalizzazione offre un’opportunità unica per ottimizzare i processi e migliorare la qualità delle cure. Un elemento chiave è l‘interoperabilità dei sistemi: la possibilità di condividere dati sanitari in modo sicuro e fluido tra diverse strutture e professionisti permette di evitare duplicazioni di esami, ridurre i tempi di attesa e migliorare la continuità assistenziale. Questo si traduce in un risparmio di risorse e in una maggiore efficienza del sistema, è però fondamentale considerare sempre che dispositivi e infrastrutture debbano essere protetti in modo efficace da attacchi e compromissioni, per evitare furto e perdite di dati di elevato valore.
Telemedicina e monitoraggio remoto hanno un ruolo cruciale nel rendere la sanità più accessibile e sostenibile, soprattutto nelle aree remote o per pazienti con mobilità ridotta, garantendo un migliore accesso alle cure. L’analisi dei dati sanitari, resa possibile da strumenti di big data analytics e intelligenza artificiale, può contribuire a identificare trend e personalizzare le terapie, migliorando l’efficacia delle cure e riducendo i costi, mentre l’automazione dei processi amministrativi, come la gestione delle cartelle cliniche e la pianificazione degli appuntamenti, può consentire alle risorse di avere maggiore tempo per dedicarsi all’assistenza diretta dei pazienti.
Infine, è fondamentale investire nella formazione del personale sanitario e nell’alfabetizzazione digitale dei cittadini, affinché possano utilizzare al meglio gli strumenti digitali e contribuire attivamente alla trasformazione del sistema sanitario. Un approccio integrato, che consideri tutti questi aspetti, è la chiave per una sanità più efficiente, sostenibile e focalizzata sul paziente.
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