“Viviamo nell’incertezza continua fino all’ultimo”. Vale anche per Milano, in questo momento in cui il tema del digitale è entrato più che mai nelle famiglie milanesi, lombarde e italiane, alle prese con la piattaforma online per prenotare le vaccinazioni, dalle difficoltà dei click day all’attesa dell’Sms con data e ora, per molti ancora sospeso nell’etere a distanza di settimane dall’avvio della procedura. Perché il digitale non è un di cui del momento che stiamo vivendo – rimarca la sua centralità – e infastidisce quando non fa una bella figura, non sempre all’altezza del ruolo che gli attribuiamo (il ricorso all’Sms o alla telefonata a casa per segnalare l’appuntamento al vaccino dopo la registrazione online ricorda una prassi antica, un passaggio in più che il digitale non ha saputo assolvere alla registrazione, magari inviando contestualmente una email con l’appuntamento atteso).
Un esempio molto attuale nella settimana in cui Milano apre sul digitale uno dei sui dibattiti più importanti, articolato non solo sul tema forte che dà il titolo alla 5 giorni della Milano Digital Week “Città equa e sostenibile“ ma anche su temi a corredo, dal mondo del lavoro che cambia, alla quotidianità che diventa phigital, a metà strada tra vita online e vita reale (quell‘onlife che il filosofo Luciano Floridi ha magistralmente coniato).
Anche quest’anno Inno3, per il terzo anno consecutivo, ha deciso di essere content partner della manifestazione, perché è indubbio che ci sia ancora molto da fare sul tema, disparità da sanare, digital divide da colmare per territori, formazione, competenze, genere, diversity… Tessere dei quattro pilastri che i curatori della Mdw 2021 hanno messo al centro della manifestazione: sostenibilità, uguaglianza, diritti e inclusione.
Valori sui quali ritorniamo proprio con loro – Nicola Zanardi (presidente Hublab e curatore Mdw) e Sergio Amati (direttore generale di Iab Italia) – con un auspicio, già nel cassetto. Perché quel “viviamo nell’incertezza continua fino all’ultimo” con il quale Zanardi ha iniziato la nostra chiacchierata non può prescindere da quanto successo dal marzo scorso e guardare oltre. “Mai come quest’anno crediamo che il digital sia davvero un bene essenziale come l’acqua o l’energia. E che sia necessario concentrarsi sul farlo diventare un bene comune, a disposizione di tutti” visto il suo impatto nella vita privata, lavoro, didattica, acquisti, modalità in cui viviamo le relazioni. Cambiando di fatto la nostra quotidianità.
E Milano diventa così luogo per sperimentare queste nuove forme di relazione “da sempre una città piattaforma per la sperimentazione e l’innovazione così come per l’inclusione“ argomenta Zanardi con due esempi. La nascita della prima clinica del lavoro al mondo all’inizio del secolo scorso, quando il lavoro poteva minare pesantemente la salute dei lavoratori, e la realizzazione del primo ospedale madre-bambino che cogliesse e assecondasse, già dai momenti immediatamente successivi alla nascita, la relazione materna. “Tutta la storia di Milano è orientata in queste direzioni, compresa l’inclusione, la sensibilità dell’accoglienza, l’attenzione al merito. In questo filone, la Mdw, dalla prima edizione, ha messo al centro la persona, i cittadini, chi aveva la necessità di avere più competenze digitali e chi voleva dire qualcosa in questo campo. Anche un soggetto da solo, oppure un’associazione fino ai colossi tech. Nel 2021, anche alla luce di questo ultimo anno, abbiamo ritenuto che l’equità, la mitigazione delle disuguaglianza, fosse un tema adeguato. E la sostenibilità, andasse inquadrata come un passaggio di conoscenza alle generazioni successive, che permetta di muoversi nella complessità crescente e che, a sua volta innervi, l’ambiente, l’economia, il sistema sociale. La sostenibilità intesa in questo senso è quello che noi intendiamo dentro la città ma anche sul pianeta, allargando gli orizzonti”.
Ma deve cambiare anche il modo in cui la città e i cittadini dialogano. “Si parla spesso di business of experience e non solo di customer experience – argomenta Amati -. Molte cose sono cambiate: se prima la keyword era garantire un’esperienza multicanale, ora la pandemia ha stabilito che molte attività fatte in passato non hanno più senso e devono essere ripesante in modo drastico e concreto. Quando si parlava di trasformazione digitale un anno fa si dava per scontato fosse qualcosa di importante e necessaria, ma ora a valle di quanto successo, la trasformazione digitale si fa urgente. Anche il termine stesso va ripensato: non è più solo una attività del marketing o delle operation ma riguarda tutti, non è più un’opzione è un imperativo. Le aziende devono ripensarsi in una logica sempre più rivolta al cliente ma devono essere in grado di dare risposte rapidissime. Lo stesso vale per le città nei confronti dei cittadini”.
Si riabadisce così quanto sia nevralgico il tema del digital divide, non solo in termini infrastrutturali (“dobbiamo lavorare per cablare l’Italia”) ma anche di conoscenza (“in un panel tutti gli operatori di Tlc parleranno concretamente di 5G, cosa permette di fare, cosa può rappresentare senza proclami guardando agli aspetti reali”) e culturali (“la cultura del digitale è più importante delle autostrade digitali” puntalizza Amati).
Il tema dell’alfabetizzazione digitale – a cui sono dedicate iniziative e corsi per spiegare come attivare la Spid, la videoconferenza, alcuni servizi – scoperchia il gap formativo che si riverbera a sua volta sul tema del lavoro. “Sarà nel contesto de La fabbrica del lavoro, che si porteranno avanti riflessioni sul lavoro del futuro, sui grandi temi di competenze, occupazione, reskilling, nuovi lavori, con forte presenza anche delle agenzie di lavoro che raccontano nuovi mestieri e come ripensare i vecchi. Serve gente competente perché deve sapere utilizzare al meglio i benefici che possono offrire le infrastrutture. Se si cabla l’Italia ma non si sanno utilizzare nel modo corretto servizi e infrastrutture, abbiamo un problema serio. Il reskilling è fondamentale”.
Non sarà un monologo la cinque giorni, perché darà spazio alle attività di reverse mentoring (non sarà il manager a spiegare ai giovani ma saranno i ragazzi che cattureranno la sua attenzione per incrementare fiducia e apertura mentale) e al panel delle generazioni a confronto (“Don Gino Rigoldi, ottantenne parroco del carcere Beccaria, discuterà del senso di comunità con Riccardo Camarda, diciottenne fondatore nel 2019 del movimento etico Capitale Umano Italiano, in un processo reciproco di contaminazione che porterà a scoprire quanto le regole per fare funzionare una comunità non siano poi così diverse” ).
Così la Mdw rimane di fondo un evento di condivisione (e questo ci piace), aperto senza accesso con registrazione, con eventi promossi dal basso che si allargano oltre Milano ma che mostrano anche i fallimenti del digitale ad oggi. “Manca uno standard diffuso tra tutte le città italiane su cosa significhi utilizzare il digitale al servizio dei cittadini, e per questo stiamo lavorando con più comuni d’Italia. Nulla vieta in futuro di aprire una call a chiunque voglia partecipare alla Mdw, e se Milano rimane città di partenza del progetto, sarebbe interessante portare avanti l’idea di una Italia Digital Week, già nel cassetto, per fare cultura digitale e creare opportunità in tutte le regioni” auspica Amati.
Il confronto sulle opportunità offerte dal digitale dovrebbe diventare una prassi tutto l’anno, non solo durante questa settimana. E non solo a Milano.
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