Rieccoci qui, dopo un mese di stacco dal lavoro e dal pc. Bello risentirci seppure ancora a distanza e trovare le fila dei discorsi interrotti facili da riprendere con nuova linfa che la pausa estiva porta con sé. Sono successe cose tremende nel mondo (che hanno agitato sonni estivi) e si è osservato con un po’ di distacco quella tecnologia che anima le nostre giornate, pilastro di aziende, social network, piattaforme vaccinali, Green Pass, sostenibilità Quel distacco sano che ci ha permesso di fermarci, ponendo attenzione altrove, pur curiosi di osservare a distanza il digitale che ci pervade e circonda, che non ha mancato di fare parlare di sé, di scivolare e rialzarsi. Ne sono successe di cose, che valgono una carrellata nel primo editoriale del rientro, in ordine sparso (ma non troppo).

Primo tema ricorrente: sicurezza e PA

E’ trascorso un mese dall’attacco hacker alla regione Lazio, un attacco ransomware con richiesta di riscatto che ha scoperchiato la fragilità della gestione dei nostri dati sulle infrastrutture regionali. Non è stata l’unica falla seria estiva sul fronte della PA (inaccessibile per giorni, a cavallo del ferragosto, anche il fascicolo sanitario della regione Lombardia) che ha spinto il ministro dell’innovazione Vittorio Colao a ritornare sul tema dell’importanza di un cloud nazionale dove far migrare in sicurezza i dati delle pubbliche amministrazioni (a rinforzare la sua dichiarazione di mesi fa, che sottolineava come il 95% dei server della PA non fosse in condizioni di sicurezza).
Così la corsa per aggiudicarsi la gestione del Polo strategico nazionale (Psn), che nascerà grazie al finanziamento di 900 milioni previsti dal Pnrr, è partita e ha visto questa estate scendere in campo due schieramenti di aziende candidate a gestirlo: da una parte l’asse Aruba-Almaviva, dall’altra la cordata Cdp, Sogei, Tim, Leonardo. A questi si è aggiunto il Consorzio Italia Cloud che, il 5 agosto, ha manifestato l’interesse di Seeweb, Sourcesense, Infordata, Babylon Cloud, Consorzio Eht e Netalia. Tutte aziende italiane (ma si potranno davvero tagliare fuori i grandi cloud provider stranieri?). 

Non a caso la riunione del G20 dei ministri responsabili delle strategie digitali dei diversi Paesi (svoltasi a Trieste il 5 agosto, a ridosso dell’attacco alla regione Lazio e presieduta dai ministri Giorgetti e Colao) ha messo la questione della cybersecurity al centro del dibattito.
Lo stesso è accaduto alla Casa Bianca, nella riunione di fine agosto, prima che l’emergenza Afghanistan travolgesse Joe Biden: l’incontro tra il presidente americano e le big tech ha sortito annunci di investimenti per potenziare la cybersicurezza nazionale e proteggere infrastrutture critiche pubbliche e private contro gli attacchi informatici. Nei prossimi 5 anni Google investirà 10 miliardi di dollari, mentre Microsoft 20 miliardi per fornire soluzioni di sicurezza avanzate con subito 150 milioni di dollari per servizi tecnici destinati alle amministrazioni locali, statali e federali. Confermati gli impegni di Apple (per sistemi di autenticazione multifattoriali tra fornitori), Amazon (per corsi ai dipendenti e autenticazione multifattoriale con i clienti), Ibm (per lezioni di cybersicurezza a 150.000 persone).

L’impegno dell’Italia sulla questione cyber trova nella nomina di metà agosto del primo direttore della neonata Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) una ulteriore spinta: sarà Andrea Baldoni, già numero due del Dis (come vicedirettore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza con delega cyber) a rendere operativa l’agenzia entro l’autunno, partendo dalla ricerca di 300 talenti da assumere che dovrebbero diventare 800 entro il 2027.

Secondo tema ricorrente: smart working

E’ continuato per tutta l’estate il dibattito sui benefici e sui rischi dello smart working, alla ricerca di un equilibro che alcune aziende hanno trovato (con contratti firmati da grandi gruppi) e altre non ancora (le medie e piccole soprattutto), con dubbi sulla validità del modello e sul ritorno in ufficio. Non ultimi i ripensamenti messi sul tavolo dal ministro Brunetta che si appresta a inserire nel decreto Green Pass anche il rientro in ufficio per i dipendenti della PA. Discorsi in itinere anche nelle aziende private (fino al 31 dicembre 2021 rimane la possibilità di ricorrere allo smart working agevolato), in gioco la competitività delle imprese, la loro capacità di attrarre talenti, il rischio di vanificare l’opportunità di una trasformazione profonda del lavoro che potrebbe accelerare lo svecchiamento di aziende e PA, spingendo una migliore allocazione delle risorse. Tema ricorrente: la responsabilità verso modelli di sviluppo più sostenibili e competitivi. (Mi è piaciuto il post di Marta Basso, Linkedin Top Voice 2020, del 25 agosto che sfatava i 4 miti sullo smart working a suon di dati: i dipendenti contribuiscono meno, i dipendenti collaborano meno, la cultura aziendale ne soffre, tanto si tornerà come prima).

Nel frattempo, a proposito di dipendenti della PA, è online il portale inPA voluto dal Dipartimento della Funzione pubblica per il reclutamento di candidati da assumere nella pubblica amministrazione, progetto cofinanziato dal Fondo sociale europeo. Ha alcuni difetti di usabilità (non accetta curriculum in formato europeo ad esempio) ma è operativo con tutti i profili aperti.

Terzo tema ricorrente: curiosità

E come notizia curiosa, l’uscita del libro di Michael Dell, “Play nice but win”, con tanto di benedizione da parte di Satya Nadella (“This is a book for enterpreneurs, leaders and dreamers”) di buon auspicio per chi si cimenta con nuovi progetti, perché il mito del garage sta bene nelle letture dell’estate. Come le Birkenstock, sdoganate (“E se anche Sarah Jessica Parker dice sì alle Birkenstock, chi siamo noi per non farlo?, titolava Cosmopolitan il 28 agosto) che han dato al rientro in smart working quella giusta sensazione di ripartenza leggera pur se a ritmi già sostenuti. Un po’ di agosto scivola in un settembre con l’agenda già fitta che, parafrasando un mio caro collega, “ci porta quasi a Natale”.
Buona ripresa a tutti.

Post scriptum: emergenza

Non ho toccato il tema vero di questa estate. Noi che parliamo di diversity e inclusione legate in particolare al mondo digitale, non potevamo non portare alla luce questo progetto cresciuto grazie alla capillarità della rete che un’amica del mondo IT mi ha fatto conoscere. È nata Le donne X le donne, una rete solidale a supporto del piano di accoglienza dei rifugiati provenienti dall’Afghanistan, messo in atto dal governo italiano e dal terzo settore. Una iniziativa di un gruppo eterogeneo – nato in rete e cresciuto in pochissimo tempo – di persone della societa civile che vogliono mettere a disposizione le proprie competenze per collaborare in modo attivo con istituzioni, associazioni e organizzazioni e fornire un aiuto pratico agli operatori in questa tragedia umanitaria. Nella rete ci sono già imprenditrici, giornaliste, avvocati, medici, esperte in comunicazione, architetti, designer, professioniste attive nel mondo dell’associazionismo, artiste e fotografe ma anche donne che rappresentano, a vario titolo, le istituzioni. Una rete che punta ad allargarsi per dare supporto concreto a chi è costretto a ricostruirsi una vita dignitosa (per chi fosse interessato, la rete fa anche questo: [email protected]).

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi l'articolo: