Tutti gli ambienti di lavoro, dall’industria al retail, dalla logistica all’hospitality, così come anche il comparto healthcare puntano sull’ottimizzazione dei processi sfruttando le tecnologie digitali, anche se con velocità e tempi progettuali differenti, con l’obiettivo di acquisire una maggiore resilienza, di essere più reattivi agli stimoli del mercato e di ottimizzare l’impiego delle risorse a vantaggio degli economics. In verità, le industries dovrebbero sfruttare le soluzioni digitali, oltre che per finalizzare ad ottimizzare i workflow operativi, anche per  incrementare la sicurezza dei lavoratori. Mentre questo resta un punto “critico”.
Lo dice una ricerca sulla sicurezza negli ambienti di lavoro realizzata per Ascom Ums da NetConsulting cube e condotta su 551 aziende italiane dei settori industria, retail e della logistica. La ricerca – Il Potenziale della Tecnologia per Processi di Lavoro Efficaci e Sicuri – analizza in particolare l’adozione delle tecnologie per l’identificazione delle situazioni di pericolo, il rilevamento degli incidenti e la localizzazione del personale in solitaria. Noi ne parliamo con Patrich Villa, head of Channel Sales di Ascom Ums. L’azienda fornisce soluzioni Ict per colmare i gap creati dalle informazioni digitali per facilitare l’adozione delle migliori decisioni possibili, in qualsiasi momento e luogo. La mission di Ascom è quindi offrire soluzioni mission-critical in tempo reale in ambienti specifici, caratterizzati da elevata mobilità e requisiti di tempo stringenti. In particolare sono offerte soluzioni per l’integrazione e la mobilitazione che forniscono flussi di lavoro fluidi, completi ed efficienti per l’healthcare, così come per i settori industria e retail.

Si parte da un paio di dati critici. Solo 90 delle 551 aziende italiane intervistate (scelte tra i verticali industria, retail e logistica con un fatturato dai 10 milioni in su) utilizzano la tecnologia per digitalizzare e automatizzare almeno uno dei processi aziendali legati alla sicurezza sul lavoro. E l’83,7% delle imprese interpellate gestisce ancora i processi legati alla sicurezza con un approccio tradizionale.

Patrich Villa,head of Channel Sales di Ascom Ums
Patrich Villa,head of Channel Sales di Ascom Ums

“Abbiamo rilevato una particolare attenzione agli aspetti economici finanziari da parte delle aziende che, dopo l’emergenza, hanno dovuto rimappare le efficienze di processo – esordisce Villaed abbiamo rilevato una sostanziale differenza tra i tre settori intervistati evidenziando come l’industria dispone già di un orientamento per la digitalizzazione a 360 gradi, mentre logistica e retail dispongono di una forma di digitalizzazione polarizzata solo su alcuni aspetti. Con ambiti in cui gli investimenti digitali sono stati effettivamente significativi, mentre in altri si registra ancora immaturità dal punto di vista dell’adozione delle soluzioni con gap anche riguardo le competenze ancora da colmare”. Per logistica e retail, in particolare, rivedere l’organizzazione del lavoro e la tutela del lavoratore per riallineare anche il rapporto con la forza lavoro deve diventare ora prioritario, mentre complessivamente la ricerca evidenzia che le principali leve di investimento utilizzate abbiano a che fare con la ricerca di efficacia attraverso una riduzione dei tempi di svolgimento delle attività (36,7%) e di fermo (circa 35,8%). E l’incremento del livello di sicurezza sul lavoro risulta solo al quinto posto (20%) tra le priorità.   

Alcuni numeri a supporto: solo il 16,3% del campione totale di indagine ha digitalizzato e automatizzato almeno uno dei processi aziendali legati alla sicurezza sul lavoro. E l’identificazione delle situazioni di pericolo è il processo caratterizzato da un maggior livello di automazione e digitalizzazione (9,8%) con, a seguire, il rilevamento di incidenti (8,9%) e la localizzazione di personale in solitaria (3,3%). “Sembra però che la digitalizzazione non sia l’aspetto primario considerato per migliorare la situazione. C’è attenzione per la sicurezza e la sensibilità di aziende e dipendenti è alta, ma la tecnologia, da quasi due terzi del campione, non è identificata ancora come un aspetto in grado di risolvere diversi problemi, che è il core della proposizione di Ascom“, specifica Villa. 

Le normative sono ritenute rappresentare una barriera nell’implementazione di processi e procedure conformi, lo dichiara il 45,6% degli intervistati. E non sempre le iniziative da svolgere risultano chiaramente definite, “anche se questo punto è meno impattante per le aziende più grandi e strutturate”. In realtà la stessa Ascom poggia la propria proposizione sulla normativa, e vi disegna a tutto tondo processi conformi; inoltre andrebbe considerato con maggiore attenzione l’impatto che gli incidenti hanno sull’operatività di tutte le aziende in un contesto in cui “il bilancio provvisorio degli infortuni sul lavoro denunciati nel 2022 (dati Inail) evidenzia un aumento del 25,7% rispetto all’anno precedente (lato industria)”. Un punto questo che supporta la tesi secondo cui “l’adozione tecnologica per la sicurezza debba essere integrata ai processi di messa in sicurezza che significa anche ben programmare le attività manutentive (aspetto su cui insiste anche l’offerta Ascom)”, spiega Villa.
Purtroppo tra le maggiori criticità rilevate emergono la scarsa cultura della prevenzione in azienda o nell’intero settore (34,4%) – comunque assieme alla mancanza di responsabilità dei lavoratori (24,4%). E sono i settori dell’industria e del retail ad evidenziare in modo particolare questo problema, proprio perché in molti casi l’organizzazione del lavoro è improntata ad un approccio artigianale. La tecnologia, all’interno dei processi, sarebbe invece fin da subito abilitante per la soluzione semplice e veloce delle problematiche” e se pure l’entità dei costi delle iniziative volte a migliorare la sicurezza sul lavoro è ritenuto il quarto fattore importante ad essere citato quale freno agli investimenti (17,8%) – soprattutto per le aziende del mondo retail e della logistica particolarmente sensibili agli aspetti di recupero di efficienza – sarebbe importante comprendere quanto in verità i diversi aspetti/problematiche rilevati siano integrati e connessi tra loro.

“Per questo Ascom punta a definire con l’azienda processi virtuosi per poi metterli a terra”. A supporto/in grado di indirizzare anche quelle che sono considerate le tre principali fonti di pericolo dalle aziende che gestiscono in modo digitale almeno un processo di sicurezza: le modalità operative e le attrezzature di lavoro (53,3%), le caratteristiche dell’ambiente in cui viene svolta l’attività (52,2%) e la tipologia di attività caratterizzate da fattori di rischio elevato (32,2%) o in ambienti confinati (16,7%) dove gli operatori lavorano in solitaria.

Punto centrale resta che non è sufficiente acquisire “strumenti ad hoc” ma serve puntare sull’effettiva loro integrazione con i processi aziendali, in modo semplice, efficace, automatizzato. Ascom offre soluzioni a partire dal più semplice dei dispositivi che tutti hanno a disposizione per comunicare – al dipendente basta un telefono, un’app installata sul proprio, un dispositivo Dect in grado di funzionare in ambienti critici o comunque uno strumento in grado di lanciare allarmi silenti – ma anche una piattaforma completa in grado di monitorare l’interazione uomo/macchine secondo il modello Industria 5.0“. Si tratta quindi di una proposta end-to-end con efficientamento dei processi operativi e manutentivi come pilastri della piattaforma. “Ascom raccoglie dai plant tutte le segnalazioni e la piattaforma poi può gestire i flussi di lavoro/emergenze in modo organizzato dispacciando automatismi anche sulla forza lavoro mobile”. Centrale la possibilità di fornire informazioni contestualizzate con localizzazione granulare per intervenire in modo puntuale. 

La ricerca evidenzia poi come siano proprio le imprese del settore industriale a distinguersi per il maggior numero di fonti di pericolo in linea con l’eterogeneità delle attività svolte. Per gli operatori logistici, le fonti di pericolo sono legate invece prevalentemente all’ambiente di lavoro, ovvero alla guida dei veicoli, al rumore, alle vibrazioni e alla natura del materiale trasportato. Le aziende del retail, infine, indicano l’ambiente di lavoro e le modalità operative. “Emerge inoltre la tematica del rischio degli operatori esposti al pubblico, in primis si pensi al contesto sanità/ospedaliero nei casi di situazioni critiche da gestire”, specifica Villa.

Oggi le aree di azione che vedono impegnati gli intervistati prevedono la valutazione del rischio (73,3%), corsi di addestramento sulla gestione delle emergenze e di primo soccorso (68,9%), l’utilizzo di dispositivi di nuova generazione per la protezione individuale (65,6%), la nomina di figure preposte (66,7%) piani di visite e controlli medici per il personale (65,6%), lo sviluppo di corsi di formazione generica (62,2%), e infine il ricorso a consulenti per ispezioni periodiche (57,8%).

La ricerca evidenzia infine come la sola adozione di soluzioni digitali e automatizzate non sia sufficiente per gestire in modo efficace la sicurezza sul lavoro. Chiude Villa: “La sicurezza non è da porre on-top all’operatività, ma ne è parte integrante. L’azione in questa direzione può impattare sulla qualità del lavoro a tutti i livelli, a vantaggio dell’azienda. Serve quindi capire quali siano le piattaforme che permettano di integrare tutti gli aspetti analizzati in un unico applicativo, come quella che Ascom propone”. È necessario quindi favorire anche l’integrazione tra la divisione IT e le funzioni che si occupano della gestione dei processi operativi, in particolare della sicurezza sul lavoro, per colmare il divario di conoscenza dei vantaggi offerti dagli strumenti di digitalizzazione e automazione così come a supporto dei processi di produzione, manutenzione di macchinari, trasporto anche a supporto della sicurezza del personale.

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