Ottobre da sempre concentra per noi eventi strategici, che ogni anno ritornano e che cambiano pelle. Perché cambia inevitabilmente il contorno.
Se lo scorso anno era la pandemia, i suoi impatti sul mondo della sanità, della città e delle imprese pubbliche e private, con la sveglia data alla trasformazione digitale della modalità di lavoro e al ripensamento di nuovi processi aziendali, oggi è il Pnrr. Centrale sia nel Digital Health Summit (on air dal 12 al 15 ottobre), sia nella Cio Survey di fine mese.

Al Digital Heath Summit il dibattito coinvolgerà aziende della domanda e dell’offerta per capire quanto davvero siano impegnate e “committate” sul Pnrr, quanto sapranno davvero coglierne le opportunità per spingere quelle quattro trasformazioni che la sanità deve affrontare entro il 2026 imposte dal Piano: definire gli standard strutturali, organizzativi e tecnologici omogenei per l’assistenza sanitaria territoriale (2021); definire un disegno di legge su un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, in linea con l’approccio One-Health (H1 2022); riorganizzare la rete degli istituti di ricerca e cura a carattere scientifico, gli Irccs (2021); riformare in modo organico il sistema degli interventi in favore degli anziani non autosufficienti (Q1 2023).

La preoccupazione (da più parti percepita parlando con i relatori dell’evento) di non riuscire a far fruttare tutti i fondi messi a disposizione del Pnrr per la sanità c’è: si parla di investimenti per un valore di 15,6 miliardi di cui 5,84 miliardi per il digitale (si arriva a 20,22 miliardi se si conteggiano anche i fondi del React-Eu). Da fare ce n’è, cito solo alcune delle criticità attuali sollevate da chi osserva la Sanità partendo dalla tecnologia: interoperabilità dei dati assente, protezione informatica carente, frammentazione eccessiva di software e sistemi informativi tra ospedali, enti e regioni, carenza di competenze digitali, privacy e tutela, sistemi di procurement da svecchiare. Ma anche in questo caso la pandemia ha spinto la definizione di nuove modalità per operare: si parlerà domani di co-creare, spingere le digital platform, investire in partenariati pubblici-privati (che funzionano solo con la condivisione del rischio), puntare su modelli tecnologici ibridi, dove il cloud rimane piattaforma abilitante (in tutti i contesti, rivelandosi il mercato a maggiore crescita anche nel prossimo anno, dove la partita del cloud nazionale si sta facendo più accesa tra gli operatori).

Non si va lontano da queste osservazioni anche se si parla con i Cio che animeranno la nostra Cio Survey, a fine mese.
Sono consapevoli che il mercato digitale mostrerà una accelerazione dove il baricentro dei nuovi progetti si sposterà inevitabilmente verso il digitale: cloud computing (smart working, digital workplace, cloud optimization, Saas, business continuity), cybersecurity (reti, dispositivi, identità, processi, applicazioni, servizi), clienti al centro di nuovi servizi digitali (strategie omnichannel, customer care, profilazione avanza, ecommerce), digitalizzazione e ottimizzazione dei processi (robotica, Rpa, intelligent automation). Questa accelerazione rende più complessa l’agenda dei Cio, che – come nel mondo della sanità – rivelano spesso culture aziendali non orientate alla trasformazione, il persistere di resistenze, la mancanza di competenze.
Ma, nonostante i timori di non riuscire ad utilizzare tutti gli investimenti previsti (i fondi non risolvono il problema se non è presente una visione organizzativa efficace per il 56% del campione indagato per il Digital Health Summit) Cio e direttori generali concordano sul fatto che il Pnrr sarà un acceleratore di innovazione.
Lato PA un esempio fresco: dal primo ottobre, serve Spid o la carta d’identità elettronica per accedere ai servizi online della PA, sprone per raggiungere l’obiettivo fissato del Pnrr di portare il 70% della popolazione ad avere l’identità unica digitale entro il 2026.

Il lavoro di squadra dietro al Digital Health Summit e alla Cio Survey vede tutti i colleghi sempre in prima fila. A loro questo editoriale.

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