Sono sempre le incertezze della situazione economica, politica e sanitaria ad animare le discussioni del Forum Ambrosetti che nello scorso fine settimana ha tenuto banco a Cernobbio, cercando di fare chiarezza sulla situazione attuale. Poteva essere un anno più sereno, a valle di due anni di gestione della crisi pandemica e del piano vaccinale e dell’arrivo delle prime trance di fondi del Pnrr, invece la situazione degli ultimi mesi (guerra, elezioni, crisi energetica) alza fattori di rischio che hanno drasticamente cambiato lo scenario di riferimento.
Sintetizza le incognite della crisi attuale in cinque fattori Valerio De Molli, managing partner & Ceo di The European House – Ambrosetti, per illustrare una situazione urgente sulla quale si sono confrontati durante il Forum anche esponenti di aziende tecnologiche, partner importanti per la trasformazione digitale di aziende e pubblica amministrazione (dedicheremo loro un articolo a parte).
La fotografia del momento
Partiamo dall’esistente, dalle cinque incognite che in questo momento pesano sulla situazione italiana e internazionale. Si parte dalla pandemia da Covid, con un tasso di vaccinazione ancora sotto il livello di sicurezza in 118 paesi (70% della popolazione) che espone a nuovi rischi di varianti ed epidemie (1) alla quale si aggiungono i fattori geopolitici contingenti (2). In primis la guerra in Ucraina che innesca crisi umanitarie (9 milioni di rifugiati di cui 160.000 in Italia, contro una media di 5.000 persone degli anni precedenti), crisi alimentari in paesi già colpiti da carestie e guerre (in Nord Africa ma anche in Sudan, Somalia, Nigeria), affiancando altre situazioni internazionali di instabilità (Syria, Iran, Yemen, Afghanistan, il triangolo Hong Kong-Taiwan-Cina, Sri Lanka, Myanmar…).
Uno scenario in cui è esplosa l’inflazione (3) che ha toccato il livello più alto negli ultimi 40 anni (Eurozona +9,1%, Usa +8,5%, Italia +8,4%), con il conseguente calo dei consumi (-3,8% in Italia, 120.000 aziende a rischio, fonte Confcommercio) al quale si aggiunge l’esplosione dei costi dell’energia (4) con impennate di prezzi in arrivo che stimano un rincaro del gas di 28,5 volte l’attuale, mettendo in discussione la sicurezza energetica dell’Italia e dei paesi dell’eurozona. La messa in crisi della catena di approvvigionamenti e della supply chain di materie prime e cereali (5) si ripercuote, infine, su intere economie essendo Ucraina e Russia fornitrici di materie prime indispensabili per la produzione dei chip (il 70% del Neon arriva da li) e dei semilavorati dell’acciaio (il 50%).
Le sfide globali
Le attuali criticità si intrecciano a doppio filo con quattro sfide globali che da anni logorano il pianeta, continua De Molli, dall’emergenza climatica accompagnata dalla carenza di acqua (1) causa di guerre ed emigrazione (i primi sei mesi del 2022 sono stati i più caldi della storia con una media di +2,7 gradi e precipitazioni ridotte del 48%) alla decrescita della popolazione nelle economie mature (2). Questo significa che mentre la popolazione mondiale crescerà di 2 miliardi di persone entro il 2050, nelle economie mature la popolazione invecchierà e decrescerà, come in Italia, dove si stima che si passerà dai 59,6 milioni di abitanti del 2020 a 51 milioni nel 2050, una decrescita che impone il ripensamento di politiche sociali e dei flussi migratori. Si rimarcherà il divario alimentare (3) che porterà a un nuovo paradosso: mentre ogni anno nel mondo moriranno 35 milioni di persone per fame, un numero analogo (poco più di 30 milioni di persone) sarà affetto da malattie dovute a un eccesso di alimentazione (diabete, colesterolo, malattie cardiovascolari), innescando tensioni sociali (4) dovute all’aumentare delle diseguaglianze soprattutto nella gestione della sanità.
Le criticità italiane
Ma l’analisi di De Molli non risparmia nello specifico la situazione italiana che ha dal suo punto di vista 8 importanti problemi strutturali a cui far fronte: la produttività stagnante (1) con una crescita dello 0,2% negli ultimi vent’anni (sei volte più lenta di Francia e sette volte di Germania, con un gap di produttività del 30%). La bassa propensione agli investimenti privati (2) accompagnata dal il basso livello salariale (3) con stipendi che si attestano al 70% di quelli tedeschi, all’80% di quelli Uk e all’83% di quelli francesi. La carenza di infrastrutture logistiche soprattutto al Sud (4), la disparità nell’impiego tra uomini e donne (5), la carenza di competenze e di formazione di alto livello (6), un alto livello di disoccupazione (7) rispetto al resto d’Europa (9,4% contro il 7,2% della media europea) e un basso livello di utilizzo dei servizi digitali (8) come dimostra l’indice Desi 2022 che posiziona l’Italia al 18esimo posto nel ranking europeo per utilizzo del digitale come strumento di dialogo con la PA: solo il 40% degli italiani utilizza servizi digitali contro il 93% dei danesi, primi in classifica.
Da questo dato, che rileva tutta la lentezza del processo di transizione tecnologica del nostro Paese, parte l’inchiesta con i vendor di tecnologia presenti a Cernobbio. Ne parleremo con Microsoft, Hpe, Ntt Data, Ibm,Vmware in articoli dedicati.
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