Nonostante si parli ormai da diverso tempo di remotizzazione e virtualizzazione dell’attività lavorativa al di fuori del perimetro aziendale, la diffusione di pratiche di lavoro “agile” è a lungo rimasta circoscritta ad un nucleo ristretto di lavoratori che, in taluni casi, come la forza vendita, si è sempre trovato ad operare in mobilità.
L’emergenza sanitaria legata alla pandemia Covid-19, con la forzata estensione dello svolgimento delle attività da remoto di un numero consistente di dipendenti, da un lato ha mostrato i vantaggi in termini di mantenimento, o addirittura incremento, della produttività individuale, dall’altro ha evidenziato notevoli criticità in fase emergenziale per tutte quelle realtà organizzative in cui policy di smart working e strumenti di Digital Workspace e collaboration non erano già pratica diffusa.

Ad aggiungere complessità, sicuramente anche la necessità di estendere o aggiornare soluzioni per abilitare in sicurezza il lavoro da remoto in un contesto multi-dispositivo, quando le competenze e gli strumenti disponibili delle funzioni IT possono a volte ancora basarsi principalmente su tecnologia legate al mondo PC, molto simili a quanto era possibile fare già 20 anni fa.

Anche con il rientro graduale in ufficio della forza lavoro con il passaggio alla Fase 2 nella gestione della pandemia, abilitare il lavoro da remoto – sia esso flessibile e agile secondo i principi dello smart working, o più vicino per caratteristiche al più tradizionale telelavoro – resta una delle priorità in cima alla lista delle attività della divisione Ict. Dalla survey condotta da NetConsulting e VMware su un panel di 50 aziende enterprise italiane, cybersecurity e Digital Workpace costituiscono infatti i principali ambiti d’investimento per il 2020 e il 2021, con un notevole impatto dato ovviamente dall’emergenza Coronavirus.

Figura 1 Digital Workspace VMware
smart working e security le priorità delle aziende post Covid-19 (Fonte: NetConsulting cube, 2020)

I due ambiti sono strettamente interconnessi, se consideriamo il fatto che lavorare da casa significa anche la necessità di estendere e rafforzare la protezione di endpoint fissi e mobili – spesso e volentieri anche dispositivi personali del proprio dipendente nella fase di emergenza – così come di fornire una connessione sicura tramite Vpn e gestire gli accessi alle risorse e informazioni aziendali.

Secondo le rilevazioni del Barometro Cybersecurity, osservatorio annuale di NetConsulting cube sul livello di maturità in ambito sicurezza informatica delle principali aziende italiane, l’82% dei rispondenti individua proprio nel comportamento dei dipendenti una delle principali cause per la perdita o il furto di dati e informazioni, seguito dalla crescente proliferazione di dispositivi e relativa complessità nella loro gestione.

Proprio per queste ragioni diventa così fondamentale definire una linea chiara di azione per rendere il Digital Workspace non una soluzione emergenziale, ma un vero e proprio punto focale della strategia di digitalizzazione delle imprese, ponendo la sicurezza al centro, ma senza compromettere la user experience.

Oltre l’emergenza: un mercato in crescita

Se vogliamo avere un’idea dell’entità del mercato legato al mondo Digital Workspace in contesti antecedenti all’attuale situazione di emergenza, le stime di NetConsulting cube indicano che, a fine 2019, il mercato dei dispositivi, delle componenti software e dei servizi che abilitano il Digital Workspace ha raggiunto un valore pari a 3,3 miliardi di euro, con un crescita di circa il 15% rispetto al 2018. Lo spaccato della spesa al 2019 vede una prevalenza della componente applicativa, mobile e cloud (71%), seguita dagli investimenti in dispositivi e servizi di trasmissione dati, e dalle soluzioni software di identity & access management ed endpoint security.

Mercato Digital Workspace In Italia
Mercato Digital Workspace In Italia, 2017-2022E (Fonte: NetConsulting cube, 2020)

Dopo tassi di crescita sostanzialmente allineati nel biennio 2017-2019, le previsioni a fine 2020 vedono invece una crescita superiore al 20%, con un valore in termini assoluti che supera i 4 miliardi di euro. Un incremento giustificato dalla convergenza tra iniziative già messe in campo dalle aziende, e nuovi investimenti spinti dalle condizioni del mercato.

Digital Workspace, 5 pilastri per una strategia efficace

Come abbiamo visto, contingenze esogene e mutate esigenze dei lavoratori indicano che il paradigma del Digital Workspace è un trend in costante ascesa per aziende ed enti italiani. Quali sono quindi i punti chiave da considerare nell’implementazione di strategie e soluzioni per il lavoro da remoto? Volendo riassumere, sono cinque i pilastri chiave che devono contraddistinguere una strategia di Digital Worskpace:

  1. Mettere il dipendente al centro: rappresenta il primo requisito nel definire i requisiti in ambito Digital Workspace. Il rischio è che se le soluzioni implementate non vengono incontro alle reali esigenze della forza lavoro, potrebbero finire inutilizzate, con ulteriori rischi per la sicurezza. Per l’IT è così cruciale adottare il punto di vista dell’utente, in modo da definire funzionalità e condizioni di usabilità che saranno apprezzate dalle differenti categorie di dipendenti, differenti per tipologia di dispositivi utilizzati e luogo in cui si svolgeranno le attività di lavoro.
  2. Distribuire le applicazioni sempre e su qualunque dispositivo: o perlomeno, distribuire tutte le applicazioni di cui il dipendente ha davvero bisogno per lavorare, il che può includere anche applicazioni datate o con problemi di compatibilità.
  3. Gestire i dispositivi, con modernità: la gestione dei dispositivi costituisce un ulteriore requisito fondamentale per fornire user experience coerenti in contesti dal perimetro esteso, e corrisponde ad una gestione unificata degli endpoint per una maggiore sicurezza, così come al monitoraggio in tempo reale dei dispositivi in uso, per un migliore controllo degli accessi ai dati aziendali.
  4. Porre attenzione all’esperienza utente e alla sicurezza: non solo basandosi su quanto stabilito “a tavolino” in fase di disegno dell’esperienza, ma anche tramite l’utilizzo di strumenti di analisi che permettano di valutare lo status dei dispositivi e della sicurezza in tempo reale, nei casi più avanzati anche tramite di algoritmi di AI. Come definito dai principi della sicurezza Zero Trust: non fidarsi mai, e verificare sempre.
  5. Automatizzare dove possibile, per semplificare il lavoro dei team IT: ottenere visibilità e controllo di tutti i dispositivi e applicazioni inseriti in un contesto di Digital Workspace è decisamente complesso, e può richiedere un notevole sforzo alla funzione IT. Per questo, ricorrere all’automazione permette di contenere i costi operativi, tramite funzionalità che possono ricomprendere l’onboarding di un nuovo dipendente, la distribuzione stessa delle applicazioni o il rilascio di patch e aggiornamenti.

Ad accettare la sfida di introdurre ambienti di lavoro dinamici e flessibili ancor prima dell’emergenza sanitaria, possiamo citare anche casi di realtà appartenenti a contesti, come il settore pubblico, che tendenzialmente presentano ambienti di lavoro più tradizionali. La Città Metropolitana di Roma Capitale ha sviluppato il progetto Soft Mobility, smart working, una revisione della vita lavorativa in modalità agile, che ha coinvolto per la prima fase del progetto 200 dipendenti (previsti crescere fino 1.200 nei prossimi anni), dotati di workstation virtuali.I primi risultati delle attività svolte da remoto non si sono fatti attendere: i dipendenti coinvolti hanno da subito registrato un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata, legato anche al minor tempo speso in coda nel traffico mattutino.

Mentre l’Università di Firenze ha rivisto la propria infrastruttura IT in modo da consentire a docenti e ricercatori da lavorare più facilmente da casa, così come di abilitare la didattica online per gli studenti. Progetti che mai come negli ultimi mesi hanno rivelato la propria importanza per la continuità operativa. 

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