A fronte di tante iniziative e di buone idee, si sa come le startup, in particolare quelle europee (e ancora di più quelle italiane) soffrano di un’elevata percentuale di fallimenti. Sono poche in percentuale quelle che riescono ad affermarsi velocemente. Ancora meno quelle che raggiungono valutazioni da “unicorno“. Un dato: tra il 2010 ed il 2017 appena 850 startup in Europa sono state valutate più di 100 milioni di dollari. E non sempre questo è un motivo sufficiente per “festeggiare”, perché i venture capital che investono si aspettano il salto ad una  valutazione di almeno un miliardo di dollari in tempi rapidi e meno di una su dieci ce la fa in meno di quattro anni.
Per questo McKinsey ha deciso di studiare quali sono le decisioni strategiche dei founder delle migliori startup che effettivamente riescono a garantirsi ritmi di crescita elevati, con il 39% di essi (su circa 100 top-executive di startup in fase di sviluppo) che non ha dubbi nel legare i più importanti errori nella gestione al fatto di aver focalizzato attenzione e risorse su punti e aspetti che non si sono rivelati strategici. E negli ultimi anni, l’eccesso di liquidita ha in parte consentito di rimandare alcune decisioni, mentre oggi il bisogno di generare valore sollecita ad individuare in modo puntuale ed in tempi rapidi dove indirizzare gli sforzi.

La rapidità caratterizza la crescita delle scaleup che compiono il salto di valutazione dai 100 milioni al miliardo (fonte: McKinsey)

Equilibrio tra efficienza e crescita

Lo studio McKinsey Hard choices, How Europe’s fastest-growing Start-ups Become Unicorns indica come il 40% delle aziende fatichi a trovare un equilibrio tra efficienza e crescita (primo elemento dirimente tra chi ha successo e chi no, 1) perché decidere i focus dipende dai business driver core che dividono di fatto le scaleup in tre gruppi: quelle che puntano sull’effetto rete (ridesharing, social media, le piattaforme di comunicazione e altre attività basate sull’advertising) e si concentrano sulla crescita degli utenti e dell’utilizzo per accrescere la value proposition (un esempio nel passato sono Airbnb e Linkedin); quelle che puntano su soluzioni e prodotti (e lavorano quindi sull’offerta per evidenziare la loro specificità/valore, come Revolut); ed infine quelle che lavorano su scala (come le scaleup in ambito e-commerce) che con costi infrastrutturali marginali puntano sull’efficienza operativa delle piattaforme (per esempio Zalando).

Un altro elemento nella scelta dell’allocazione delle risorse si lega ai contesti macro, ovvero alla disponibilità effettiva di capitali, considerato come molte startup sono di fatto ‘sensibili’ ai flussi di cassa. Nessun problema quando il capitale è abbondante, ma in diversi contesti non essere abbastanza aggressivi può essere un errore fatale ed infatti redditività, efficienza e flusso di cassa sono citati come le tre priorità principali da appena il 12% delle scaleup che hanno raggiunto il miliardo di dollari in quattro anni nel periodo tra il 2010 e il 2021. Chi “apprende” questa lezione, invece, a fronte di mancanza di capitali sa concentrarsi maggiormente sull’efficienza.

Espansione portafoglio prodotti vs espansione geografica

Dirimente è il rapporto tra capacità di espansione del portafoglio prodotti/servizi ed espansione geografica (2) che è la priorità strategica più comune tra le scaleup (il 61% delle aziende intervistate la inserisce tra le prime tre), mentre va specificato che le scaleup a più rapida crescita hanno iniziato l’espansione geografica più di due anni dopo rispetto ai loro colleghi a crescita più lenta, e per il 20% del campione proprio questo si è rivelato l’errore maggiore. Lavorare al prodotto/servizio offre invece un percorso più chiaro per la creazione di valore, perché nuovi prodotti possono aprire a segmenti di clientela inaspettati o aumentare la spesa dei clienti esistenti e l’ampliamento dei punti di contatto dei prodotti con i clienti aumenta i costi di transizione.

I vantaggi degli ampliamenti di prodotto sono rilevanti ancora di più per le scaleup che perseguono due strategie, quella basata sulla scalabilità e quella delle realtà che puntano al prodotto. Nel primo caso perché aumentare i ricavi per cliente può aiutare a superare alti costi fissi o bassi margini; e nel secondo perché l’estensione dell’offerta può aumentare la differenziazione rispetto ai concorrenti. Sono invece le aziende che puntano sull’effetto rete – spiega McKinsey – a poter guadagnare da una più rapida espansione geografica, sfruttando la posizione di vantaggio dei first-mover.

Espansione geografica vs espansione di portafoglio
Quando l’espansione geografica è funzionale alla crescita rispetto all’espansione del portafoglio prodotti, a seconda della tipologia di scaleup (fonte: McKinsey)

Mercati accessibili o grandi mercati?

Un terzo punto chiave di differenziazione riguarda la capacità di guardare all’espansione geografica più in chiave di effettiva accessibilità che di mere dimensioni di mercato (3). Per questo può avere senso avviarsi indirizzando un mercato conosciuto, accessibile, familiare e vicino prima di uno più “promettente/ampio” per ridurre il livello di difficoltà da affrontare, con le scaleup che puntano sulla scalabilità che dovrebbero concentrarsi su costi e facilità d’ingresso in fase di selezione di nuovi mercati, visto l’alto costo di creazione dell’infrastruttura e della logistica locali. Esattamente opposto il discorso per chi punta sui prodotti che possono puntare a mercati più ampi, anche se distanti perché costi e complessità tendono a essere inferiori.

Il valore delle persone e delle competenze

L’ultimo punto di differenziazione da valutare per fare bene riguarda la capacità di riconoscere ed espandersi tramite acquisizioni di altre aziende per i loro prodotti, le persone e la proprietà intellettuale – quindi le competenze – mettendo in secondo piano invece il valore che si pensa abbia la loro presenza su altri mercati.
Tre i punti su cui concentrarsi al riguardo. Acquisire per lanciarsi in un nuovo mercato porta a fallire cinque volte di più rispetto alle acquisizioni mirate e pensate in base al valore dei prodotti, delle persone e delle proprietà intellettuali. Queste operazioni sono sempre complesse, lo diventano ancora di più se si aggiungono differenze culturali, distanza tra i management, e quando l’integrazione tecnica e tecnologica è complessa o vi sono proposizioni ridondanti, mentre le  acquisizioni di prodotti “bolt-on” sono considerate un successo dal 94% delle aziende che le hanno perseguite.

McKinsey Indagine Startup Unicorni
Quale strategia paga nelle acquisizioni? (fonte: McKinsey, 2022)

Per quanto riguarda invece lo specifico delle scaleup che puntano sull’effetto di rete è quasi amletico il dubbio tra attrarre utenti da un lato del mercato (come acquirenti, rider) prima di assicurarsi una massa critica di utenti dall’altro lato (come i venditori). In questi casi l’acquisizione di una società con una base utenti solida e verificata rappresenta una scorciatoia che può rivelarsi intelligente per raggiungere la massa critica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi l'articolo: