E’ riassunta in un Manifesto la strategia 2020 di Engineering a valle dei mesi difficili legati all’emergenza sanitaria. Un Manifesto, che affonda le radici nell’anima tecnologica dell’azienda ma che guarda a come mettere la tecnologia al servizio di una Fase 2, post emergenza Covid-19. “In tutto il mondo, quando nelle prime settimane dell’emergenza si è trattato di scegliere tra salvaguardare l’economia o la vita umana, è stata scelta quest’ultima, fermando fabbriche, uffici, intere città e nazioni – esordisce il Manifesto “Engineering The New Normal” -. Questo potrebbe cambiare molte cose da qui in avanti. Nuovi valori fondanti di sostenibilità, responsabilità sociale, così come i concetti di agilità e mobilità nel modo di lavorare stanno emergendo e potrebbero cambiare il modo in cui vengono prese le decisioni. Su queste premesse, quando il mondo riprenderà le proprie attività, la tecnologia sarà un forte abilitatore”.
Questo ci porta a un’altra verità svelata dalla crisi, ovvero quella legata alla nostra capacità di cambiare. Ed è su questo spunto che si innesta la chiacchierata con Paolo Pandozy, Ceo di Engineering, perché se il Manifesto parte dalla condivisione delle esperienze personali dell’azienda (come Engineering ha reagito alla pandemia) mette anche in evidenza la necessità “non solo di sistemare quanto è stato danneggiato o distrutto, ma di pensare in modo differente, provare nuove idee”. Di cambiare in futuro.
Il ruolo delle tecnologie
Nella nuova normalità sarà ancora più forte il ruolo delle tecnologie (banalmente anche il semplice smart working che ha permesso a molte aziende di continuare a lavorare anche in lockdown). “Al centro della nuova normalità troveranno un ruolo ancora più forte risorse umane, economiche, tecnologie abilitanti, oggi disponibili per rivedere il lavoro, la produzione, l’agricoltura, il commercio, le città, tra queste cloud, Rpa, intelligenza artificiale. Ma sarà importante che le aziende costruiscano la loro nuova normalità prevedendo una roadmap di trasformazione digitale più ampia, che parta dalla fotografia dell’esistente e dal ridisegno dei processi, anche grazie a servizi di Maturity Assessment, per cambiare metodi e modi di operare”. Dal cloud al digital workplace, dall’automazione dei processi ai modelli di simulazione (Digital Twin) basati su dati e intelligenza artificiale, dalla cybersecurity all’e-commerce, tutte tecnologie che trasformeranno il modo di fare business.
Smart working presente e futuro
Ma quanto Engineering è pronta a cambiare sé stessa? “E’ importante trarre da questa terribile esperienza tutto quello che di buono è possibile tirare fuori – esordisce Pandozy -. Una situazione come questa ci ha mostrato che senza digitale non si sopravvive. Le aziende che hanno potuto remotizzare il lavoro hanno mantenuto il loro business, noi come Engineering abbiamo quasi 12.000 persone in smart working e anche nella nuova normalità continueremo il lavoro da remoto”.
Non è una novità per l’azienda che già da quattro anni propone ai propri dipendenti un modello che alterna due giorni a settimana il lavoro da remoto alla presenza in ufficio. “Ma se fino ad oggi non tutti lo hanno applicato in modo perfettamente coscienzioso – precisa – in questi mesi abbiamo preso il ritmo con nuove abitudini e colto le opportunità correlate”.
La sensibilità sul tema è forte ma la lezione imparata da questi mesi di smart working è duplice.“La prima evidenza emersa è che noi lavoriamo in stretto contatto con i nostri clienti, non presso i laboratori, ma sviluppando progetti di lavoro a quattro mani, a valle di riunioni, spostamenti, meeting, trasferte di lavoro. Oggi raggiungiamo i nostri clienti, a loro volta in smart working, necessariamente attraverso call e appuntamenti virtuali e sono loro stessi a confermarci che continueranno in questa modalità per i prossimi mesi (Enel prolungherà lo smart working fino alla fine dell’anno). Ma nonostante impossibilitati dal vederci fisicamente, il legame con loro non si allenta e si dovrà avviare necessariamente una rivoluzione nel modo in cui interpreteremo il lavoro del futuro”.
La seconda evidenza è che si dovrà stabile un giusto ritmo, un vero equilibrio tra vita lavorativa e vita personale: durante questo periodo di smart working forzato si è lavorato ininterrottamente, in call anche il sabato e la domenica. “Ci dovremo così dare qualche regola in più – auspica Pandozy -. Per questo stiamo preparando il Manifesto del Manifesto che stabilisca le regole di ingaggio nello smart working, le ore in cui si lavora e quelle in cui non si mandano email, la cadenza di un tempo di qualità. Altrimenti lo smart working diventa una trappola infernale, un boomerang nei confronti della vita personale. Lo abbiamo sperimentato in questa fase in cui, tutti in casa, dovevamo gestire famiglia e figli, in situazioni spesso complesse. Nella nuova normalità si immagina la ripresa delle scuole e la gestione di un tempo a casa diverso anche per il lavoro”.
La nuova normalità lavorativa per Engineering dovrebbe continuare a prevedere due giorni di smart working e tre in ufficio, “importanti per facilitare lo scambio di idee e di progetti all’interno di uno stesso team di lavoro”, organizzando la presenza dei diversi gruppi a rotazione, la prenotazione degli spazi, le corrette modalità di distanziamento e di sicurezza. “Ma la macchinetta del caffè e i rapporti umani rimangono fondamentali, non possono essere sostituti da una chat – precisa –. Per la Fase 2 lavoreremo per dimezzare occupazione delle sedi e ottenere distanziamento naturale tra le persone”.
Dal punto di vista del supporto dato ai clienti, l’infrastruttura proprietaria e il modello multicloud ibrido hanno gestito tutti i picchi di lavoro durante l’emergenza, per garantire la business continuity, grazie ai data center e al servizio Noc e Soc, attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Business e manufacturing di prossimità
Ci si interroga anche sul modello di business delle aziende clienti, se a valle dell’esperienza vissuta dirotteranno parte dei loro investimenti sul digitale, cambiando le loro priorità. “Abbiamo fatto un salto in avanti incredibile in questi mesi come cittadini e come Paese – continua –. Non solo in Italia eravamo indietro nell’adozione delle nuove tecnologie, ma non avevamo neanche la propensione all’utilizzo di alcune piattaforme. Basti pensare al commercio elettronico: tutti hanno imparato a fare acquisti su una qualsiasi piattaforma, e anche quando si tornerà alla normalità questo comportamento sarà mantenuto. Tutto ciò ha un impatto sulla logistica, sulla catena di approvvigionamento della merce. Che l’e-commerce fosse un ambito con grandi potenzialità già lo si intuiva anche prima della crisi, tant’è che avevamo fatto un importante investimento acquisendo Digitelematica, una startup innovativa che offre Marketsuite, una piattaforma proprietaria capace di gestire i più evoluti processi di e-commerce”. Ma il boom dello shopping online, in particolare legato al settore alimentare, è risultato evidente a tutti in questi mesi. Non si tornerà indietro.
Un altro fenomeno che vedrà una accelerata importante per Pandozy sarà l’automazione dei processi produttivi, che cambia il modello di produzione rispetto agli ultimi anni. “Se fino a 5 anni fa, per essere produttive le aziende spostavano fabbriche poco automatizzate laddove il costo della manodopera era inferiore, in Cina o in India, oggi i robot e l’automazione permettono di essere competitivi nel nostro Paese. Diventa più conveniente produrre in Italia, con costi inferiori grazie a sistemi automatizzati, invece che gestire a valle costi di trasporto e logistica, valorizzando il time to delivery. La crisi ci ha insegnato che alcune cose è meglio farle in casa e questo sarà un’ulteriore spinta per l’automazione delle nostre aziende del manufacturing. Come Engineering anche in passato abbiamo investito in sistemi di progettazione di automazione della produzione e di automazione predittiva per rendere questo processo più efficiente. Uno dei limiti del nostro Paese era una scarsa produttività legata a scarsi processi. Oggi questo può cambiare”.
Vita sociale e città digitale
Come cambieranno le città? Sarà sempre la tecnologia che nella fase di unlockdown permetterà di rimettere in moto le nostre vite con strumenti che ci aiuteranno a rispettare le norme di social distancing o a usufruire online di servizi prima erogati soltanto (o quasi) in modo fisico. “Le città cambieranno senza dubbio” precisa Pandozy. Smart transportation, smart energy, smart utility, città aumentata, necessità di gestire la sicurezza sul posto di lavoro, distanziamento sociale, condivisione di risorse digitalizzate, monitoraggio dei fenomeni sociali, privacy. Tutti temi complessi. “Abbiamo dedicato la nostra società Municipia alle gestione dei servizi cittadini che vanno dalla gestione dell’energia, a parcheggi, trasporti, aree protette, controllo dell’ambiente e dell’inquinamento dell’aria. Un’azienda che opera in tutte le più grandi città di Italia e che ora può portare le competenze maturate al servizio delle municipalità che si sono mosse a seguito della pandemia. Ci siamo accorti, in due mesi di lockdown, che la qualità dell’aria dei nostri centri urbani ne ha beneficiato, arrivando a risultati inaspettati mai ottenuti da qualsiasi domenica senza traffico o dai centri chiusi. Ora è chiaro a tutti quanto il tema dell’inquinamento sia drammatico e che per avere città più vivibili dobbiamo fare ricorso alla tecnologia, per governare accessi ai centri storici, parcheggi, allarmi legati alla qualità dell’aria”.
Agricoltura e salute, di precisione
Il tema dell’inquinamento rimane legato anche al mondo dell’agricoltura “che cambierà moltissimo in futuro”, diventando agricoltura di precisione, in grado di limitare le due principali fonti di inquinamento: il consumo di risorse idriche e l’utilizzo indiscriminato di pesticidi e sostanze nocive. “Abbiamo condotto esperimenti in vigne con sensori nelle piante, incrociati con i dati delle previsione atmosferiche, e abbiamo visto come si possono ridurre i consumi di acqua e di fertilizzanti”.
Nello stesso modo le piattaforme di gestione dei dati porteranno a enormi benefici al mondo della sanità per aiutare governi e organizzazioni nei loro processi decisionali con analisi di dati in tempo reale e modelli di simulazione. “La gestione dell’emergenza medica attraverso piattaforme dati ci hanno permesso di agire in modo deciso e veloce in questi mesi – puntualizza il Ceo -. Più in generale stiamo conducendo un progetto di mappatura del genoma in Valle D’Aosta per spingere una medicina di precisione, mirata sulle singole persone. La sanità digitale, vista anche anche l’età media della popolazione italiana, deve essere oggetto di importanti investimenti. Abbiamo imparato sulla nostra pelle, in questa emergenza, come aver tagliato gli investimenti sulla salute sia stata una totale follia. Non significa solo avere ospedali e terapie intensive ma la sanità deve essere in grado di fare assistenza a casa delle persone e oggi ci sono strumenti digitali per monitore lo stato di salute delle persone presso il loro domicilio, evitando spostamenti verso gli ospedali e migliorando la qualità della vita della nostre città”. La sanità potrà beneficiare di AI, advanced analytics e big data per la biosorveglianza e la ricerca, tele-health per l’assistenza e la cura a distanza, IoT per l’acquisizione dei dati clinici dei pazienti e comportamentali della collettività, mobile health per pazienti e care-giver, nella prevenzione, sorveglianza e cura.
Prossimi passi verso l’Europa
Con un fatturato 2019 di 1 miliardo e 250 milioni di euro, di cui 40 milioni investiti in ricerca e sviluppo, Padozy ribadisce l’impegno anche sul fronte formazione (8 milioni di euro all’anno) con giornate aula per i dipendenti, in un progetto di formazione continua. “Noi abbiamo una forte componente di ricerca, in un ciclo continuo tra formazione, delivery di nuovi progetti, feedback delle risultanze dei progetti alla ricerca, per migliorare le nostre soluzioni in ciclo continuo. Migliaia di colleghi frequentano ogni anno la nostra scuola in un campus fuori Roma”.
Le 16 acquisizioni fatte negli ultimi tre anni per arricchire il portafoglio di offerta (tra cui realtà attive nella Gdo, energia, cybersecurity) vanno a rimpolpare l’offerta tecnologica. “Il 45% del nostro fatturato deriva dalle nostre soluzioni verticali sui diversi mercati, per questo lavoriamo per arricchire la nostra offerta con altre soluzioni, e nello specifico stiamo guardando per acquisire competenze nell’ambito del machine learning legato alle immagini”.
Forte la pulsione per crescere all’estero (“un’opportunità che siamo sondando”) soprattutto per potenziare la capillarità in Europa dove oggi la presenza è limitata a Belgio, Germania e Serbia (ma anche oltreoceano in Nord e Sud America).
“Quando l’emergenza finirà, sarà impensabile tornare a come lavoravamo prima, servono investimenti digitali e un cambiamento culturale per poter cogliere le opportunità che si presenteranno” chiude Pandozy. È presto per fare previsioni, ma quel che è certo è che sul fronte della digitalizzazione non si tornerà indietro e l’accelerazione a cui abbiamo assistito continuerà, permettendo al Paese di fare un gigantesco passo in avanti.
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