In smart working da 23 febbraio ad oggi, l’intera Dell Technologies continua a lavorare sulla cultura aziendale. Non è un dettaglio, ma un elemento di “energia” da trasmettere ai vari team, per mantenere alto il senso della squadra.
Il tema della coesione portato avanti da Filippo Ligresti, vice president e general manager di Dell Technologies Italia, si sviluppa su due fronti: internamente, verso i dipendenti (“cerchiamo di fare squadra per modellarci sulle esigenze indotte dal contesto di mercato”) esternamente verso i clienti (“la vicinanza virtuale in questi mesi di assenza di contatto fisico è stata fondamentale per affiancare i clienti nel definire le loro nuove strategie”).
Nella fase iniziale della pandemia, partita la caccia al portatile nelle aziende, il contributo di Dell Tecnologies è stato quello di definire con i clienti le priorità di acquisto e proporre prodotti anche alternativi per garantire la messa in sicurezza di dati e business. Una strategia di continuità che, a livello mondiale, ha portato l’azienda a chiudere il primo semestre al 31 agosto con 44,6 miliardi di dollari, in leggera flessione (-1%) rispetto ai 45,2 miliardi del 2019.
In Italia, “buoni i risultati nel primo semestre dell’anno”, periodo di avvio della nuova organizzazione di go-to-market, che ha riclassificato l’azienda in tre unità commerciali – PA, Medium business e Corporate – alle quali si affianca un quarto team che opera sui clienti di fascia alta enterprise con competenze per vertical di mercato (industria e servizi, banche e finanza, tlc).
Un’evoluzione rispetto al modello degli anni precedenti, costituito a valle dell’acquisizione di Emc da parte di Dell Technologies, e che prevedeva due macro organizzazioni commerciali, una dedicata alla parte commercial, l’altra alla parte enterprise. “Di fondo le due macro aree facevano già parte di un unico team – precisa in una interivista al Ceo Cafè Ligresti, che da gennaio 2020 gestisce l’organizzazione così definita – ma oggi siamo in grado di rispondere con maggiore determinazione alle esigenze di trasformazione digitale delle aziende italiane”.
Un trend fotografato dal Digital Transformation Index (alla sua terza edizione, pubblicato ogni due anni), una ricerca condotta da Vanson Bourne durante i mesi di luglio e agosto del 2020 su un campione di 4.300 medie aziende e enterprise (da 250 dipendenti in su) in 12 industry e 18 paesi. Con uno spaccato anche per l’Italia.
“L’accelerazione digitale di questi mesi, indotta dagli eventi legati alla pandemia, ha messo il digitale in alto tra le priorità delle aziende: l’85% delle aziende italiane mette oggi piani di revisione tecnologia al primo posto nelle proprie strategie. E noi per indirizzarle stiamo lavorando per cambiare il nostro profilo: integrare la nostra anima tecnologica con una anima consulenziale, per parlare degli effetti delle tecnologie sulla trasformazione digitale”.
L’approccio parte dal set di soluzioni proposte che indirizzano sei ambiti: hybrid cloud (“sistema nervoso della trasformazione”), edge (“punto principale di creazione e di raccolta dati”), infrastruttura 5G (“paghiamo il ritardo di anni nel mondo Tlc”), AI e machine learning (“serve concretizzare la strategia con esperti in grado di gestire e analizzare i dati”) e sicurezza (“centrale in una era in cui tutto è collegato in modo intelligente e serve proteggere i dati critici”).
Sei ambiti in cui le diverse anime di Dell, cresciuta negli anni con acquisizioni, hanno costruito competenze mirate e oggi, anche senza Rsa ritornata a inizio anno indipendente, rimane saldo l’impegno sulla sicurezza, “e attiva la collaborazione su tutti i contratti in essere che legano Dell Technologies e Rsa per i prossimi anni. Nulla cambia nella nostra capacità di collaborare”.
Se da una parte sono confermate le partnership tecnologiche (“come quella con Microsoft o Vmware”) dall’altra l’attenzione sul mondo delle startup innovative si avvale di un fondo di investimento dedicato, che gestisce 100 milioni di dollari all’anno in startup. Imprescindibile il legame con i partner di canale “che si sono dimostrati fondamentali anche in questi mesi di emergenza sanitaria con un approccio aperto all’innovazione”.
La foto dell’Italia ha luce e ombre. “Nelle fasi di difficoltà recuperiamo terreno e gli imprenditori italiani dimostrano di volere uscire dalla turbolenza anche se è difficile fare dei piani – sostiene Ligresti –. Certo, alcune filiere sono più in difficoltà (trasporti, turismo, servizi) ma ci sono alcune industry che devono necessariamente accelerare la loro propensione al digitale: le Tlc e la sanità digitale in particolar modo. Il dato che emerge dal Digital Transformation Index è importante: quell’85% delle aziende italiane che sta reinventando il proprio modello di business dimostra più energia rispetto alla media dei Paesi europei”.
La ricerca
Guardiamo ai numeri raccolti nell’Index, che quest’anno premiano le aziende italiane. Mentre l’85% delle aziende del nostro Paese ha accelerato i progetti di digitalizzazione nel corso del 2020, in Europa la media rimane del 75,3% così come in Paesi storicamente tecnologicamente più maturi, come Germania (71,7%), Francia (70,7%) e UK (72,3%).
Ma questo dato non smorza la preoccupazione per la sopravvivenza della propria azienda per il 23% dei manager italiani intervistati (contro una media europea del 28,5%), mentre il 41% teme la perdita di posti di lavoro e stima che ci vorranno anni per tornare alla redditività. Un timore che si evidenza soprattutto nelle imprese manifatturiere: il numero di imprese che sta accelerando sulla tecnologia Industria 4.0 è pari al solo 4,7%. La Francia è più ottimista (22,3%) la Spagna decisamente più pessimista (43%). E se guardiamo la forza lavoro, più del 30% degli addetti di ogni azienda sta operando a distanza.
“Non dobbiamo perdere di vista i tre principali ostacoli alla trasformazione digitale evidenziate dall’Index – precisa Ligresti -: le aziende temono rischi legati alla cybersecurity e alla privacy dei dati, la mancanza di risorse finanziarie per imbastire nuovi progetti, l’impossibilità di ricavare informazioni valide dai dati in loro possesso. Ambiti da indirizzare con le tecnologie”.
Una visione più ampia
Il Dell Technologies World, virtuale in questi giorni, mette in campo due iniziative che cercano di dare risposte concrete alle incertezze. Un programma di Flexible Payment di 9 miliardi di dollari, a supporto delle dilazioni di pagamento dei clienti fino a 36 mesi senza interessi, e il programma Project Apex per spingere la modalità a consumo, as a service, che verrà estesa a tutta l’offerta Dell Technologies entro il 2021. “La strategia di Michael Dell è quella di avanzare per geografia e soluzioni, e di potenziare l’impegno sui clienti proponendo una tecnologia che consideriamo innovativa, flessibile, scalabile e aggiornata – puntualizza Ligresti –. In Italia continueremo il percorso iniziato, un percorso che ci porta a cambiare il nostro profilo. Dobbiamo trasformarci per trasformare, aggiungendo capacità consulenziali, formando le nostre persone con competenze di business per comprendere gli effetti economici indotti dalle tecnologie”.
A livello mondiale l’investimento in Ricerca e Sviluppo è pari al 5% del fatturato (circa 4,5 miliardi di dollari all’anno, su un giro d’affari complessivo di 92,2 miliardi di dollari, anno fiscale 2019 chiusosi a febbraio 2020) con pratiche sostenibili per la progettazione e la produzione dei prodotti.
Michael Dell stesso aveva aderito all’Alliance of Ceo Climate, l’iniziativa del Web Economic Forum per il clima, focalizzata sulla riduzione delle emissioni della supply chain e sulla priorità delle pratiche sostenibili nella realizzazione dei prodotti. E aveva riallineato, lo scorso settembre, il piano dell’azienda Progress Made Real per sostenere entro il 2030 gli 11 Sustainable Development Goals dell’Onu (a 5 anni dalla loro pubblicazione) focalizzandosi in modo particolare sugli ambiti relativi a Qualità dell’Educazione, Sostenibilità delle città e delle comunità, Riduzione delle diseguaglianze. “Temi sui quali stiamo lavorando anche in Italia, riconoscendo la centralità del digitale nel processo di ripresa della società” conclude Ligresti.
L’auspicio è che si acceleri ulteriormente sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione e sulla dematerializzazione dei processi, sulla definizione di agevolazioni fiscali e finanziamenti per investimenti in tecnologia, formazione e progetti di trasformazione digitale. “Il Governo ha stanziato buona parte dei fondi del Recovery fund, per ridefinire le basi per una scuola nuova, più moderna, digitalizzata e inclusiva”, un altro ambito da presidiare.
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