Il vortice di emergenza, incertezze e paure degli ultimi due mesi ci ha richiesto risposte veloci, scelte anche azzardate, ma il coraggio di adeguarsi rapidamente ha avuto un ruolo determinante nella svolta delle nostre vite e soprattutto nelle organizzazioni aziendali.

Lo smart working è stata la parola chiave di questi mesi, e siamo certi che lo sarà anche negli anni a venire…
Prima dell’ emergenza, in Italia il 2% dei dipendenti lavorava da casa, contro il 20,2% del Regno Unito, il 16,6% della Francia e l’8,6% della Germania.
In emergenza Covid-19 l’incremento ha raggiunto il 50%…

Siamo consapevoli che il dislivello culturale dell’istruzione digitale in Italia sia l’elemento cruciale su cui saremo chiamati a rielaborare una vera strategia a livello governativo.

Su questo fronte, il Piemonte, proprio per la caratteristica del tessuto imprenditoriale (quasi 300.000 addetti nelle circa 11.000 Pmi) ha visto molte realtà più pronte di altre perché avevano già intrapreso un percorso verso il lavoro da remoto, altre che invece si sono dovute adeguare con risultati improntati al principio della rapidità, ma talvolta impreparate soprattutto in termini di sicurezza dell’infrastruttura e formazione del personale.
Problemi legati al dimensionamento dell’hardware centrale, dimensionamento delle linee sicure di connessione (VPN), banalmente risolvere il problema di scegliere tra utilizzare hardware di proprietà del dipendente (con tutte le conseguenze del caso su sicurezza e privacy) oppure reperire, preparare e distribuire hardware di proprietà aziendale (dopo la prima settimana trovare laptop disponibili era abbastanza problematico).

Dal lato della PA invece il Piemonte è stato fortunatamente agevolato dall’esistenza di infrastrutture  consolidate, gestite dal CSI-Piemonte, che hanno reso possibile in pochissimo tempo di rendere attive da remoto centinaia di stazioni di lavoro oltre al supporto alle prestazioni necessarie per affrontare l’emergenza sanitaria, confidando sul principio che un buon Paese democratico debba garantire il corretto uso di dati e soprattutto il mantenimento degli stessi in banche controllate centralmente.
L’emergenza ha altresì agevolato la quasi completa dematerializzazione di processi amministrativi, forzando in taluni casi il superamento dell’ultimo miglio che richiedeva uno step cartaceo.

CDI, nuova veste del Club

Il CDI Torino, come voce ICT del territorio, si è interrogato subito sul proprio ruolo e responsabilità verso i soci, ma soprattutto verso la comunità.
Le energie solitamente impegnate per realizzare l’ITDAY (che vede ogni anno circa 400 presenze), hanno trovato nuovi modi per una serie di azioni che hanno dato una vera e propria nuova veste al nostro Club.

Sostegno alla comunità torinese con donazione di parte delle quote associative

Adesione a campagne di donazione di device dismessi a favore di famiglie bisognose di “aiuti tecnologici” per figli

Webinar gratuiti aperti a tutti (soci e non soci) in collaborazione con Club ed associazioni di altri settori, puntando sul paradigma della conoscenza condivisa

Indicazione puntuale sui social di webinar altrui, anche a tematica allargata, #CDInforma

Non ultimo, con l’intento di capire da vicino ed adeguare le proprie azioni sul territorio, l’ideazione (insieme all’agenzia Dlite) di una Survey sullo stato delle nostre aziende in termini di smart working.
I risultati dell’Indagine saranno utili per disegnare un percorso dal “prima dell’emergenza” al “presente” per arrivare a costruire insieme alle aziende del territorio non solo piemontese, ma del Nord Italia, a livello sociale ed imprenditoriale, il futuro che è già alle porte!

A maggio, sul sito del CDI, i risultati dell’Indagine e un webinar moderato da Annamaria Di Ruscio, Ceo di NetConsulting cube.

A cura di Enrica Valle – Presidente CDI Torino e Consiglio Direttivo

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