L’esperienza delle aziende negli ultimi tre anni ha lasciato intravedere in modo chiaro la reale possibilità di collaborare in modo “diverso“. Quella del lavoro remoto, che è stata un’esperienza dettata dalle necessità, si sta trasformando in una modalità dinamica, più fluida, dove a prevalere sono i concetti di flessibilità, con al centro le persone e la possibilità di coniugare lavoro in presenza e a distanza.
E’ l’idea di lavoro ibrido che richiede alle organizzazioni però di ripensare modelli operativi e spazi fisici, affinché sia possibile beneficiare di un’esperienza continuativa “potenziata” ma non legata tanto al luogo da cui si sceglie di lavorare, quanto piuttosto agli ambienti e agli strumenti digitali ivi disponibili; i primi da ripensare, i secondi da integrare realmente nei processi, per esempio per favorire l’effettiva collaborazione. Sono i temi che Cisco inquadra nell’idea Future of Work. Se ne parla con Michele Dalmazzoni, director Collaboration South Europe di Cisco, presso il Cybersecurity Co-Innovation Center al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.
Secondo McKinsey, “il 68% delle organizzazioni non ha ancora pensato cosa fare e come indirizzare il lavoro ibrido – esordisce Dalmazzoni -. Si tratta di organizzare “come lavorare da remoto, ma pensare alla sicurezza del lavoro anche da casa, fuori dal perimetro aziendale, ed al tema dell’inclusività. Quindi fare in modo che la collaborazione tra chi è a casa e tra chi è in ufficio sia efficace ed inclusiva, perché quasi la totalità dei meeting vede oggi almeno un partecipante da remoto. Per catturare i talenti poi, la disponibilità di strumenti digitali all’altezza sarà elemento distintivo”.
Elementi tutti che richiedono di ripensare anche gli spazi fisici. “La visione di Cisco, è quella quindi di un ufficio concepito come realtà fisica con un’estensione digitale, un ufficio “aumentato”, in questo senso, per favorire anche l’esperienza del lavoratore remoto”. Nei prossimi quattro anni la trasformazione del lavoro ibrido, degli spazi e degli strumenti digitali potrà impattare anche sull’effettiva sostenibilità e sul risparmio delle risorse, grazie a consumi ridotti di energia, possibili sia sfruttando la diffusione negli ambienti di sensori intelligenti – “quindi il tema Iot applicato in ufficio con tutti i device Cisco, anche quelli di videoconferenza che diventano i sensori per la gestione di quello che viene chiamato Cisco Space” – sia le tecnologie come Power over Ethernet, portando quindi l’energia direttamente sulla rete”.
Un’applicazione, quest’ultima, su cui Cisco ha già esperienza proprio nei suoi uffici, come quello di New York dove è già “in campo a tutto tondo” l’esperienza dell’azienda negli apparati di networking, di cybersecurity, le soluzioni di collaboration audio e video.
L’esperienza di Cisco a New York
Proprio da New York interviene Mark Miller, director Cisco Collaboration Center of Excellence: “68mila dipendenti, 1,67 milioni di metri quadri di uffici gestiti, per oltre un miliardo di spesa ogni anno, sono i numeri di Cisco che gestisce circa 360 edifici, un patrimonio per certi aspetti anche ‘sotto stress’ perché oggi è necessario ripensare gli spazi con il lavoro che non è più il posto in cui vai ma l’attività che effettivamente fai”. Lo spazio di lavoro deve riconquistare la fiducia dei dipendenti.
Bisogna letteralmente “ricostruire l‘hybrid workplace“. A New York quindi Cisco già nel 2019 ha deciso di “rivedere” l’ufficio che dal 2005 non subiva interventi sostanziali, vi ha avviato i lavori nel 2020, in primavera, estesi da pochi mesi a due anni, per la pandemia certo, ma anche ma pure sulla scorta di quanto i nuovi scenari suggerivano di fare.
“Sono stati ribilanciati gli spazi quindi per indirizzare il tema dell’hybrid work, con focus sulla collaboration (1), abbandonando l’idea della scrivania fissa e abbracciando quella dell’indirizzo d’uso degli spazi”. Così da assicurare esperienze senza frizioni perché oggi “l’ufficio deve diventare una calamita per la collaborazione, l’apprendimento e la socializzazione“. Servono quindi spazi per concentrarsi, collaborare (e per poterlo fare anche in sole due/tre persone), imparare e socializzare. Soprattutto mentre “nel vecchio ufficio, il 70% dello spazio era dedicato ai singoli ed il 30% alla collaborazione, nel nuovo ambiente è esattamente l’opposto ed il 70% dello spazio è dedicato alla collaborazione, alla socializzazione, all’apprendimento, alle attività di gruppo”. Serve disporre di “tecnologie designed-in, con l’adeguato allineamento tra digitale e spazio, non di tecnologie ‘aggiunte'”.
Per quanto riguarda l’approccio ai temi della sostenibilità (2) la sede ha sfruttato proprio le tecnologie PoE low voltage per ridurre il proprio impatto ed eliminare l’“embodied carbon“, risparmiando anche sull’impiego di rame e acciaio per i cavi. Oltre a questo, terzo pilatro ad indirizzare le scelte, è rappresentato dal tema salute e benessere dei dipendenti (3). Grazie all’utilizzo pervasivo dei sensori è infatti “possibile ottimizzare l’utilizzo della luce naturale, monitorare la qualità dell’aria, minimizzare i rumori ma anche incrementare la “visibilità” sulle risorse di spazio disponibili” senza impattare sulla privacy. Nell’ufficio di New York oggi sono attivi oltre 5mila “punti dati” che possono essere elaborati per offrire insights preziosi su come ottimizzare esperienze e risorse.
E Cisco Smart Worspaces, che comprende tecnologie Catalyst, Meraki, Webex, Cisco Dna Spaces – integrabili comunque con quelle di terze parti – offre all’IT, alle risorse umane e ai team esecutivi gli strumenti per monitorare l’utilizzo degli immobili e prendere decisioni migliorate basate sui dati così da promuovere l’adozione intelligente e l’ottimizzazione degli spazi. Oggi Cisco ha il 70% dei manager in prima linea con almeno un dipendente remoto. Camere Meraki, access point, device Webex nelle room e i sistemi di controllo delle sale, insieme i sensori della qualità dell’aria, quelli sull’occupazione degli spazi e per l’illuminazione, possono essere utilizzati in modo “concertato” per offrire un’esperienza migliore. Ma… Miller conclude, deve essere tutto funzionale a fare in modo che sia possibile “trasferire tra le diverse generazioni l’esperienza e generare un ambiente che le riunisca perché il futuro si giocherà più sulla capacità di collaborare che non di ‘fare'”. Gli uffici Cisco di Parigi sono ora nella roadmap europea di riorganizzazione di “spazi e tecnologie”, per questa primavera.
I vantaggi di una strategia di piattaforma “agnostica”
Torna sul focus tecnologico Enrico Miolo, Collaboration leader di Cisco Italia: “Cisco Spaces (più precisamente Cisco Dna Spaces, Ndr.), di fatto rappresenta il link vivo tra tutti i dati visibili relativi agli spazi fisici e la persona che visita un building che può navigarli per controllare, abilitare e generare un’esperienza nel workplace che sia sicura, smart ed all’altezza”, con funzionalità sia a disposizione dell’utente, sia dell’IT che può analizzare gli insight per la corretta pianificazione degli spazi.
“E’ possibile navigare la mappa dell’edificio per trovare facilities, bloccare sale per l’uso, controllarne i parametri”. Ma un secondo importante tema tecnologico è legato al fatto che oggi la maggior parte delle aziende utilizza più di un’applicazione per i meeting virtuali. Addirittura, secondo uno studio Cisco, ben l’85% delle organizzazioni utilizza due o più sistemi. “Per questo Cisco punta allo sviluppo di soluzioni agnostiche rispetto alla piattaforma di meeting per consentire effettivamente di interoperare”.
Con Webex Panorama inoltre Cisco offre per i meeting degli executives la possibilità di una “visione panoramica” (interessante l’esperienza in diretta tra Milano e Cisco a Oslo) per offrire un’esperienza di continuità effettiva tra il tavolo di lavoro e gli interlocutori.
Cisco, l’esperienza in Italia verso Venywhere 2.0
Fare business, ma cercando di migliorare la società entro cui si opera, sono i temi invece del confronto con Gianpaolo Barozzi, director Purpose Innovation di Cisco Italia, che sottolinea l’importanza dell’inclusione nell’ambito HR anche della gestione degli spazi, delle policies etc. e offre un update relativo a Venywhere già presentato nella scorsa primavera come progetto promosso dalla Fondazione di Venezia in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari che mira a trasformare Venezia in un laboratorio per il futuro del lavoro “e ripopolare Venezia con i nomadi digitali – spiega Barozzi – estendendo le possibilità di lavoro nella laguna”.
Il laboratorio vivente permette “di gestire la convergenza tra città e lavoro ibrido in collaborazione con le associazioni della città”. Con Cisco impegnata a migliorare le componenti di social impact, sustainability e di relazione con il territorio. Sedici dipendenti hanno lavorato tre mesi a Venezia, per “capire i segnali del lavoro ibrido in modo profondo ed immersivo”, in quattro spazi predisposti in modo specifico, come da casa, lavorando su tre progetti speciali e due innovation challenges dedicate alla città per approfondire il legame con il territorio.
Quattro i trend che si è individuati e studiati: “Il primo relativo a come la città di 15 minuti trasforma il lavoro ibrido ed il lavoro ibrido trasforma la città di 15 minuti”. Hybrid work – tema corporate – convive perfettamente con il concetto di smart working city. Sono stati effettuati anche meeting lungo i canali, utilizzando la città come “messaggio”, ma soprattutto è dimostrato come sia possibile trasformare il “commuting in mobility”.
Il secondo trend è rappresentato di fatto da un’analisi sul posto di lavoro. Barozzi: “Siamo passati dall’idea di un unico ufficio all’idea di quattro location raggiungibili in 15 minuti e vivibili come uffici aperti, con l’utilizzo di spazi adibiti all’interno di altre attività per consentire alle persone di immergersi in realtà anche diverse ed arricchirsi”.
Un terzo aspetto frutto dell’esperienza, è la lettura del potenziale del lavoro ibrido nell’aiutare le persone a crescere a patto di “gestire in modo nuovo gli spazi, con la tecnologia che supporta la distanza, nuova cultura ma soprattutto una diversa leadership”. Ultimo punto è proprio il management style. “Oggi è il team la molecola fondamentale delle organizzazioni ed è all’interno del team che gli individui possono dare il meglio. Le persone di Venywhere hanno sviluppato una nuova modalità di rapportarsi con il proprio manager leggendo nella sua figura più un mentore che un controllore”.
Da “cittadini globali” stiamo passando all’idea di “organizational citizen”, un cittadino parte di un’organizzazione consapevole delle sue responsabilità ma anche parte di un tessuto locale con cui può interagire.
Cisco ha studiato gli elementi che hanno consentito al progetto Venywhere di funzionare e ora lavora ai Purpose Labs, intesi come laboratori all’interno dei quali “Cisco vuole sviluppare e rendere tangibili per persone e comunità il purpose incluso, dal punto di vista della sostenibilità economica, green e sociale, con la tecnologia”. L’azienda pensa quindi a Venywhere 2.0 sempre a Venezia ma con altre aziende – anche clienti pubblici e privati – che come Cisco vogliono offrire la stessa opportunità alle loro persone. Nel corso del 2023 attività simili saranno previste anche a Rodi, negli Usa e nel prossimo futuro con progetti specifici Cisco interverrà per il Sud Italia ed in Africa.
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