Scade il 13 luglio, alle ore 12.00, il termine per candidarsi al ruolo di direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale, dopo che Antonio Samaritani ha lasciato la poltrona, a tre anni di mandato istituzionale “e 45 giorni di proroga previsti dalla legge”.
Toccherà ora a Giulia Bongiorno, ministro per la Pubblica Amministrazione con deleghe per il digitale, scegliere il prossimo direttore generale di AgID. Non da sola. Con un triumvirato di esperti, nominati con decreto dopo la chiusura del bando il 13 luglio, che dovrà sfoltire la lista dei curriculum, selezionare una short list di 10 nomi da sentire in colloquio, dai quali ridurre a 3 la rosa dei candidati che avranno audizione con il ministro. Procedura chiara.
Il bando (scaricabile dal sito del ministero) è per un profilo alto: servono competenze nel settore Ict e digitale, con comprovata capacità di sapere gestire l’innovazione tecnologica, con un’esperienza di almeno 5 anni, capacità di coordinare gruppi di lavoro eterogenei, per progettazione e realizzazione di piattaforme digitali, oltre alla conoscenza del Codice dell’amministrazione digitale stessa e ottima dell’inglese (non pensavo servisse scriverlo!).

Un profilo che combacia con molti degli innovatori o dei manager che incontriamo nel nostro lavoro di confronto sulla innovazione, ma che in questo caso richiede la capacità di governance e il consenso politico, previsto dal ruolo. Non facile.

Ma sarebbe eclatante se al bando rispondessero in tanti, in troppi, volti sconosciuti anche ai politici, con una partecipazione corale che dimostrasse la voglia di spingere sul digitale nel nostro paese (cronicamente in ritardo per professori, Cio, analisi di mercato, osservatori europei). E che la scelta del triumvirato e del ministro fosse guidata davvero dalle competenze, dalle capacità dei candidati, dai loro programmi.
Sulle candidature circolano rumors, ma solo a chiusura del bando, quando i nomi dei candidati saranno pubblicati sul sito del Dipartimento della Funzione Pubblica, cercheremo di valutarne i profili, non prima.

Solo un desiderata: che chi sarà a capo di AgID non abbia conflitti di interesse faticosi da gestire, brutta consuetudine che in Italia sembra difficile da arginare. Un esempio sempre attuale, nonostante il suo mandato di commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale sia in scadenza il 16 settembre 2018, è quello di Diego Piacentini in aspettativa da Amazon (dove è Senior Vice President mondiale). Se Piacentini dovesse essere riconfermato a commissario dopo l’estate, rimarrebbe il conflitto etico ma la nomina tecnicamente sarebbe ineccepibile, cosa inammissibile se volesse candidarsi ai vertici di AgID, essendo AgID un ente pubblico. Non un piede in due scarpe.

Perché, se il commissario straordinario e il Team Digitale sono scelti per competenze,  curriculum, relazioni, è fondamentale ricordare che il direttore generale di AgID è un dipendente pubblico, assunto con bando, con il compito di vigilare sul Team di trasformazione digitale del paese.

Sarebbe auspicabile trovare un equilibrio in partenza tra i nuovi profili che nei prossimi mesi ricopriranno questi due incarichi delicati, anche alla cieca, motivati entrambi dalla necessità di fare crescere il digitale, colmare il divario tra regioni, Europa, cittadini e PA.
Monitorare sullo sviluppo del digitale con autorevolezza è necessario. Questo ci auguriamo per il nuovo direttore di AgID, chiunque alla fine sia. Il termine previsto per la sua nomina è il 31 luglio. Ne riparleremo.

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