La comunicazione è estremamente cambiata negli ultimi venti anni, ed ancor più negli ultimi dieci , con l’arrivo di social e smartphone. Le grandi aziende hanno investito pesantemente nelle nuove forme di comunicazione, diventando protagoniste dei social e delle nuove tecnologie che utilizzano le potenzialità della connessione mobile, e già guardano al metaverso. Ha quindi senso chiedersi se la rivoluzione tecnologica nel marketing e nella comunicazione abbia ampliato o ridotto la distanza tra corporation e Pmi. E se e come sia cambiato il modo di comunicare delle Pmi negli ultimi venti anni, quando il millennio era agli inizi, l’euro appena arrivato, e la ferita delle torri gemelle ancora viva. Chiederselo in Italia è molto importante, storicamente carente di “big corp” riesce a mantenere la propria posizione nell’industria e nel commercio mondiale grazie ad una elevata capacità competitiva della propria economia, di cui le Pmi sono l’ossatura portante.

Il Criet, con la collaborazione di Ipsos, ha indagato questa evoluzione riproponendo, dopo venti anni, lo studio Come Comunicano le Pmi, realizzato a suo tempo da Unicom, associazione di agenzie pubblicitarie, ora confluita in Una (Azienda delle Comunicazioni Unite). Sono state quindi ascoltate 207 Pmi, con un campione strutturato per dimensione, territorio, settore merceologico.

In questi venti anni è incrementato molto il desiderio, o la necessità di comunicare: nel 2002 il 29% delle aziende erano poco propenso alla comunicazione, oggi sono il 10%, mentre quelle molto propense sono passate dal 13% al 38%. Inoltre, oggi per il 55% delle imprese la comunicazione è molto importante, mentre lo era solo per il 13% nel 2002.

Non è solo una questione di rilevanza, cambia anche l’obiettivo della comunicazione (cfr. Lomaestro): ci si sta muovendo da una logica più commerciale (lo scopo di comunicare per ampliare la clientela scende dal 45% al 34%) ad una maggiormente incentrata sul brand (l’obiettivo di brand awareness passa dal 12% al 24%), il che ci fa intuire come le tecnologie attuali inducano le Pmi – seppur ancora marginalmente – verso la ‘reputation economy’ trainata dalla digitalizzazione. Infatti, sale la volontà di sostenere brand e prodotti, piuttosto che concentrare la comunicazione sui soli prodotti. (cfr. Fertik M.; Thompson D.C., Comin G.).

Cambiando gli obiettivi, ed evolvendo il modo di comunicare, si rompono antiche tradizioni che per decenni avevano dominato. Venti anni fa il principale strumento di comunicazione per le Pmi erano le fiere (oggi scese al V posto), ma si conferma al II posto il sito aziendale, il direct marketing dal III scende al VI, cataloghi e listini dal V passano all’VIII, e perde tante posizioni l’adv su riviste specializzate, che passa dal IV posto al XIII. Oggi il dominatore assoluto è l’attività sui social media, e dopo il sito internet troviamo l’adv on-line e le attività di PR. Questa rivoluzione è anche legata alla maggiore consapevolezza di potere e voler targetizzare, che passa dal 16% al 44%.

Una grande spinta a questo cambiamento è stata data dalla managerializzazione della comunicazione nelle Pmi: infatti una struttura che si occupasse di marketing e comunicazione era presente anche venti anni fa, ma con un ridotto ruolo decisionale e molto operativo. Oggi la comunicazione delle Pmi è ancora diffusamente un’espressione del titolare/ fondatore/ imprenditore ma, rispetto a venti anni fa, notiamo oggi una maggiore presenza di direttori marketing o comunicazione, che passano dal 4% al 35%. Come racconta un imprenditore: “Abbiamo comunque una responsabile marketing, un ufficio marketing dove ci sono due persone e un grafico: facciamo comunicazione su tutta la parte dei canali social, abbiamo tutti i siti web del gruppo e utilizziamo newsletter …”.

Passato e Futuro della Comunicazione
Passato e futuro della comunicazione per le Pmi (fonte: Criet, Ipsos)

Questa maggiore strutturazione delle attività di marketing e comunicazione determina la presenza di un budget definito (70%), collegato agli obiettivi di marketing (53%) e, di conseguenza, scende molto il numero di aziende che affronta quindi i problemi di comunicazione senza una preventiva comunicazione, passando dal 78% del 2002 al 29% di oggi. Aumenta inoltre, l’ambizione di avere uno stile riconoscibile e caratterizzante (dal 51% del 2002 al 63% del 2022). La presenza in molte aziende – seppur in meno della metà – di una struttura interna più solida si lega anche al maggior ricorso a professionalità esterne (dal 36% del 2002 al 71% del 2022).

Una via per il futuro

Per il futuro c’è ancora molta strada da fare: aumentare le aziende che coinvolgano nelle decisioni specialisti della comunicazione, una più matura gestione delle collaborazioni esterne che spesso non sono soddisfacenti, perché le specifiche competenze di tali professionisti non sono del tutto ben comprese (per esempio, capita che un’azienda chieda alla società di grafica di dare spunti strategici), la costruzione di una struttura di feedback più scientifica e articolata. Un più maturo approccio ai feedback e ai Kpi di comunicazione sarà sempre più rilevante. Ad oggi pare che agli indicatori di efficacia sia attribuito più l’obiettivo di rassicurare che ‘qualcosa sia stato fatto’, piuttosto che monitorare l’effettivo raggiungimento degli obiettivi di comunicazione, e questo potrebbe spiegare in parte il grande successo dei social presso molti piccoli e medi imprenditori, in quanto è facile avere dei riscontri – per quanto approssimativi – sull’efficacia. Un direttore marketing ammette che: “l’imprenditore preferisce i social in quanto apprezza la dinamicità e la possibilità di ottenere feedback immediati quali i commenti, gli apprezzamenti”.

La comunicazione cambierà, questo sembra assodato, e vedremo un’evoluzione passando dalla focalizzazione sulla brand awareness a quella sul posizionamento, con una attenzione molto forte sui temi della sostenibilità. Il social media marketing giocherà sempre un ruolo di primo piano (65%), ma crescerà in modo ampio il content marketing (43%) che è oggetto di una crescente attenzione da parte di Pmi che hanno forti conoscenze del proprio mercato e del proprio prodotto, e cercheranno di sviluppare contenuti per sostenere awareness e posizionamento, perfezionando lo story telling (si veda il metodo dei ‘5 vasi’ di Julita). Non verrà tralasciata l’attività di Seo (32%), mentre fatica la crescita del Web analitycs (20%), nonostante questi siano vitali (cfr. Chieffi).

Tornando al tema iniziale, possiamo affermare che la digitalizzazione ha dato una grande spinta alla trasformazione delle Pmi (cfr. Crupi e a.), che si sono avvicinate al modo di comunicare delle grandi imprese, abbattendo il livello minimo di costo per iniziare una attività di comunicazione efficace, offrendo strumenti potenti e accessibili. Molte Pmi ne sono consapevoli: il 45% ritiene che la comunicazione delle Pmi sarà sempre più simile a quella delle grandi aziende, mentre il 29% ritiene che sarà sempre più diversa (il 26% non si sbilancia). Questo è dovuto alla convergenza delle esigenze di targettizzare in modo sempre più raffinato e personale che accomuna piccole e grandi aziende: se per tanti anni la comunicazione di massa – o massiva – ha dominato la scena, rendendo impossibile il confronto tra Pmi e grandi aziende, ora grandi e piccole aziende avvertono sempre più la convenienza di veicolare in modo preciso i messaggi ai destinatari della comunicazione, ed è proprio questa possibilità offerta dalla tecnologia e dall’evoluzione del Crm, che genererà una sempre maggiore convergenza tra grandi e piccole imprese.
Anche le comunicazioni delle Pmi saranno sempre più targettizzate per incrementare relazione e ‘advocacy’ (cfr. Kotler 2017): questa è una buona notizia per le aziende italiane che vorranno e riusciranno a sfruttare l’opportunità.

* Autore: Andrea Alemanno, Partner, Ipsos Strategy 3 e Professore a contratto di Economia e Tecnica della Comunicazione Aziendale, Università degli Studi di Milano-Bicocca

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Bibliografia

AA VV rapporto Symbola – Cna: Le PMI e la sfida della qualità. Un’economia a misura d’Italia – Roma, 2015
CHIEFFI D.; La Reputazione ai tempi dell’Infosfera, F. Angeli, Milano, 2020
COMIN G. & A.; Comunicazione Integrata e Reputation Management; LUISS UNIVERSITY PRESS, Roma 2019
CRUPI A.; DEL SARTO N.; MAROZZO V.; Trasformazione digitale nella Pmi: Raccontare l’innovazione, Tecniche Nuove, Milano 2022
FERTIK M.; THOMPSON D.C.; Reputation Economy: Come ottimizzare il capitale delle nostre impronte digitali, EGEA editore, Milano 2015
JULITA F. Raccontarsi Online: Dal freelance alle piccole e medie imprese: storytelling per il marketing digitale, Hoepli, Milano 2021
KOTLER P.; Marketing 4.0. Hoepli, Milano, 2017
LOMAESTRO G.; Strategia digitale per le Pmi: Come potenziare la presenza online con scelte strategiche, strumenti semplici e attività mirate, Maggioli Editore, Rimini, 2022
MAURI C.; Marketing per le Pmi – II edizione: Strategie e casi, EGEA, Milano 2017

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